Un dichiarato omaggio al cinema dei primordi, quello di Cabiria e di Intolerance, sul set del quale si trovano ad operare, dopo varie traversie, due artigiani toscani: in un connubio simbolico tra la bottega rinascimentale e la nascente industria hollywoodiana.
Un omaggio, quindi, non solo ai grandi registi del passato, ma anche ai per lo più oscuri artisti che hanno contribuito e tuttora contribuiscono alla realizzazione di un’opera filmica, in un voluto disvelamento del dietro le quinte e della macchina della finzione.
Al pari di quanto fatto da Federico Fellini, per coincidenza nello stesso anno, con il suo film “Intervista” dedicato a Cinecittà.
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Un dichiarato omaggio al cinema dei primordi, quello di Cabiria e di Intolerance, sul set del quale si trovano ad operare, dopo varie traversie, due artigiani toscani: in un connubio simbolico tra la bottega rinascimentale e la nascente industria hollywoodiana.
Un omaggio, quindi, non solo ai grandi registi del passato, ma anche ai per lo più oscuri artisti che hanno contribuito e tuttora contribuiscono alla realizzazione di un’opera filmica, in un voluto disvelamento del dietro le quinte e della macchina della finzione.
Al pari di quanto fatto da Federico Fellini, per coincidenza nello stesso anno, con il suo film “Intervista” dedicato a Cinecittà. Dove il tramvetto che dalla Stazione Termini fa arrivare l’ansioso e giovane alter ego del regista agli studi dell’allora periferia romana, fa il perfetto paio di quello che nel film dei Taviani porta, con la scritta Hollywood, comparse e tecnici sui set. Con un rispecchiamento che sa molto di effetto cinematografico.
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