Mosquito Coast

   
   
   

Quando l'ideologia è portata all'ossessione... Valutazione 3 stelle su cinque

di laurence316


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venerdì 24 agosto 2018

Probabilmente il più misconosciuto dei film con protagonista Ford, andato incontro ad un immeritato insuccesso, Mosquito Coast è invece da recuperare.
Un film intrigante, capace di evocare emozioni profonde e di coinvolgere appieno lo spettatore nella vicenda dei protagonisti (o meglio, della famiglia costretta a subire le conseguenze delle azioni del padre).

E' la storia di un'idea spinta fino all'ossessione, che parla dell'arroganza dell'uomo occidentale (sicuro della propria superiorità rispetto alle popolazioni locali [discorso che, nel film, vale tanto per il protagonista, quanto per il reverendo]); del delirio d’onnipotenza dell’essere umano che crede di poter stravolgere gli equilibri naturali senza subirne le conseguenze, o di poter piegare la natura al proprio volere e governarla (Fox non presta ascolto agli avvertimenti che gli giungono da Haddy circa la troppa vicinanza alla linea dell’acqua); in ultima analisi della scontro tra volontà, ideologia e realtà (Fox vorrebbe cambiare il luogo dove vive, migliorarlo, senza tuttavia tener in alcun conto le opinioni degli altri né le particolarità del luogo stesso, senza dimostrare alcun rispetto per la cultura locale né per i comprensibili timori degli abitanti, senza prestare attenzione alle prevedibili superstizioni, indotte o meno, che il predicatore avrà gioco facile nel sfruttare per portarli dalla sua parte). E l’eccessiva presunzione lo porta a voler ostentare la propria opera, e sarà ciò che lo condurrà alla rovina.

Mosquito Coast non appare per nulla datato, anzi probabilmente attualissimo in alcune sue tematiche, evita ogni pesante didascalismo, e si configura come un film d’avventura privo di alcun compiacimento, esotismo, divertimento, un film intenso ed emozionante, nel quale Ford interpreta una sorta di “Anti-Indiana Jones”.

Visivamente mozzafiato (bella la fotografia di John Seale), molto ben recitato, è raccontato dalla voce fuori campo del figlio più grande del protagonista (Phoenix), il che conferisce al film una sorta di aura da racconto di formazione, e gli permette di mantenere una certa distanza dal punto di vista del Fox di Ford, esaltandone la crescente megalomania.
Da vedere.

Curiosa e difficile da inquadrare la sferzata satirica contro il culto e la religione (con i fedeli raffigurati come imbambolati di fronte allo schermo di un televisore dal quale gli parla il predicatore). Difficile da inquadrare data la nota fede del sceneggiatore Schrader, che è un po’ ciò che l’ho ha, in qualche modo, posto in sintonia con Scorsese e che attraversa in filigrana tutto il suo cinema, a cominciare proprio da Taxi Driver.

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