La rosa purpurea del Cairo |
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Un film di Woody Allen.
Con Jeff Daniels, Mia Farrow, Danny Aiello, Paul Herman, Edward Herrmann.
continua»
Titolo originale The Purple Rose of Cairo.
Commedia,
durata 82 min.
- USA 1985.
MYMONETRO
La rosa purpurea del Cairo
valutazione media:
3,67
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Splendido humour da racconto metacinematografico.di Great StevenFeedback: 70018 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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venerdì 29 maggio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
LA ROSA PURPUREA DEL CAIRO (USA, 1985) diretto da WOODY ALLEN. Interpretato da JEFF DANIELS, MIA FARROW, DANNY AIELLO, DIANNE WIEST, IRVING METZMAN, PAUL HERMAN, EDWARD HERRMANN, VAN JOHNSON
Negli anni della Grande Depressione Cecilia, un’imbranata cameriera appassionata di cinema va a vedere per ben cinque volte un romantico film d’avventure incentrato su una fantasmagorica rosa purpurea sita in Egitto, e alla quinta proiezione il protagonista della pellicola, l’attraente e impavido poeta-avventuriero-esploratore Tom Baxter, esce dallo schermo e dichiara all’accanita spettatrice il suo amore per lei. Cecilia vorrebbe ricambiare quest’immenso affetto, visto che anche lei s’invaghisce del personaggio, ma non vuole tradire il marito col quale tuttavia vive con molta infelicità. Quando poi si fa vivo Gilbert Sheppard, l’attore di Hollywood che interpreta Tom Baxter, la faccenda si complica ulteriormente, dato che pure l’interprete finisce per innamorarsi della giovane inserviente. Mentre i gestori del cinema e gli stessi personaggi del film strepitano e fanno il diavolo a quattro affinché Tom ritorni nella storia immaginaria e non crei altri problemi per la continuazione della vicenda, Cecilia deve decidere se le conviene lasciare il burbero e violento marito per ricominciare una nuova vita sentimentale con Tom, non appartenente al mondo reale, o con Gilbert, che invece non è immaginario. La scelta non è certo delle più semplici, ma Cecilia finirà comunque per rimanere irrimediabilmente insoddisfatta, malgrado propenda infine per la decisione più giusta. Il quattordicesimo film del maestro Allan Königsberg (questo il suo nome di battesimo, e risultano chiare la sua origine e formazione ebraiche) è un omaggio al cinema fantasy che però non rientra a pieno titolo in un genere sapientemente non esplorato a fondo per rimanere nei dettami stilistici di una commedia agrodolce che sa divertire e al tempo stesso innescare riflessioni più profonde di quanto sembrano sul mestiere di attore e sul combattimento insistente fra realtà e fantasia, da tempo immemorabile fulcro di un determinato cantone della vita umana. La superba fotografia di Gordon Willis divide l’opera fra il bianco e nero del film che Cecilia (una M. Farrow straordinaria per delicatezza, inibizione e sincerità) guarda senza mai stancarsene, e il colore dell’esistenza reale che dona agli spettatori uno spaccato narrativo costituente un godibilissimo scenario di passioni vissute e viscerali. Uno dei rari casi cinematografici in cui Allen risulta migliore quando è solo regista e non anche attore: la sua presenza esclusivamente dietro la macchina da presa aggiunge un punto considerevole alla compattezza della storia e gli impedisce di divagare con digressioni inutili o poeticismi manierati, ed entrambe le cose avrebbero rovinato l’esito conclusivo. Almeno un terzetto di scene riuscitissime: la scazzottata fra Monk e Tom Baxter nella chiesa; l’arrivo dell’intrepido e sbarazzino esploratore nella casa di tolleranza; il piccolo concerto canoro improvvisato con ukulele e pianoforte nel bazar. Uno strepitoso J. Daniels (con la voce italiana dell’attore televisivo Paolo Maria Scalondro), abilissimo in un favoloso sdoppiamento che gli permette di operare su due fronti totalizzando un successo recitativo davvero impressionante, soprattutto per la carica inesauribile di buffoneria e simpatia che sa mettere dentro la sua meravigliosa interpretazione. Ma anche D. Aniello non scherza, col suo marito buzzurro appassionato solo di bevute e giochi a bocce nella periferia del quartiere in cui abita con la consorte che l’ha sposato senza amarlo. Golden Globe 1986 a W. Allen per la sceneggiatura.
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