Stati Uniti, anni 30. In un’ epoca dominata dall’incertezza economica e da gang di varie etnie che spopolano nelle metropoli, Noodles e Max si ritagliano il loro spazio criminoso partendo dal nulla. Cominciano, infatti, dalle minacce a un poliziotto italiano avvezzo alla prostituzione minorile, passando per gli incendi provocati ai commercianti che non vogliono pagare il pizzo.
Nasce così l’ epopea di una banda atipica, fatta di ragazzi ebrei che incorporano il modello giovanile del tempo, ovvero l’essere amanti della buona musica, delle feste di alto borgo, delle fumerie di oppio, penetrati da una sana e lucida follia e dalla forte attrazione erotica per l’altro sesso.
Ma è proprio una donna l’ago della bilancia tra i due protagonisti, colei che avrà nella storia la delicata parte di chi sceglie la stabilità a discapito all’ amore. Solo che per stabilità s’intende l’essersi sposata con la falsa identità di Max che diventerà il senatore Bailey, mentre per amore s’ intende l’ affetto che ha sempre provato per Noodles, il quale però non ha mai saputo tenere a bada la sua indole, il suo essere, una rabbia incontrollata che lo porterà allo stupro vero e proprio della sua amata dopo l’ennesimo rifiuto.
Una storia fatta di flashback, tant’ evvero che il film parte con un Noodles ormai invecchiato, con gli occhi tristi di un uomo che si vede scorrere una vita intera davanti e che non si capacita al cospetto degli innumerevoli fallimenti che ha dovuto affrontare, compresi perdere glia amici e non poter vivere a fianco della donna della sua (alternativa) vita che avrebbe potuto svolgere.
Sergio Leone ci lascia artisticamente con uno dei capolavori assoluti della storia del Cinema, quel Cinema con la C dannatamente maiuscola, quel Cinema romantico fatto di particolari, di scenografie studiate, di arredi, costumi ed auto d’epoca, ambientazioni fedeli al decennio di riferimento, insomma Cinema puro. Il Maestro italiano lascia il genere western per far capire al mondo come si gira un colossal in carne e ossa, insegnandoci come il ponte di Brooklin possa essere fedelmente “gigantografato” a Cinecittà e ripreso con una sensibilità talmente unica da farci stentare a credere che quello non sia il vero mitico ponte newyorkese.
Alla bellezza di questa opera contribuisce in modo determinante Robert De Niro. L’ attore italo-americano in quel periodo della sua carriera non sbaglia una sceneggiatura, ed in questo film ci regala una delle più belle interpretazioni di sempre, fatta di rara intensità, soprattutto nelle scene in cui Noodles è anziano. De Niro conferma la sua maniacale discesa nel profondo del personaggio, stavolta con la sfida della difficile contrapposizione a quella faccia da schiaffi che si ritrova James Woods, ottima spalla.
In una ipotetica classifica dei migliori 10 film della Storia, “C’ era una volta in America” (USA, 1984) non può non essere presente. De Niro e Leone non avrebbero potuto concludere le rispettive carriere senza incontrarsi, senza fondere la loro bravura.
Grazie Cinema, una volta c’eri per davvero
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