Il grande freddo

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Un film di Lawrence Kasdan. Con Tom Berenger, Glenn Close, William Hurt, Jeff Goldblum, Kevin Kline.
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Titolo originale The Big Chill. Commedia, durata 103 min. - USA 1983. MYMONETRO Il grande freddo * * * * - valutazione media: 4,04 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Reunion difficile e dolorosa di sette ex studenti. Valutazione 3 stelle su cinque

di Great Steven


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venerdì 30 gennaio 2015

IL GRANDE FREDDO (USA, 1983) diretto da LAWRENCE KASDAN. Interpretato da KEVIN KLINE, GLENN CLOSE, WILLIAM HURT, JEFF GOLDBLUM, TOM BERENGER, JOBETH WILLIAMS, MARY KAY PLACE, MEG TILLY

Sette ex studenti contestatori, che vissero con ferocia appassionata gli anni della rivoluzione giovanile in pieno Sessantotto, si riuniscono in occasione dei funerali di un loro amico, suicida senza motivo apparente. Dopo aver condiviso sogni e aspirazioni, gli amici si sono perduti di vista per quindici anni e si ritrovano negli anni ottanta, molto cambiati nelle ambizioni e nelle aspettative. L’incontro rappresenta l’occasione ideale per ricordare i sogni della gioventù e confrontarli con il presente, ristabilire i rapporti e crearne di nuovi. Karen, delusa dal proprio matrimonio, ravviva una vecchia e latente fiamma con Sam, attore televisivo fresco di divorzio divenuto famoso per aver interpretato un atletico agente di polizia. Il logorroico giornalista di scandali Michael cerca con ossessione di offrirsi a tutte le donne possibili, ma senza successo. La giovane Chloe, fidanzata dello studente morto suicida, forse troverà un nuovo amore in Nick, psicologo introverso profondamente segnato dall’esperienza militare in Vietnam e dalla droga. L’avvocatessa rampante Meg, che desidera un figlio pur senza avere un compagno, probabilmente lo avrà da Harold (che ospita tutti gli amici nella sua villa campestre), con la complicità della di lui moglie Sarah, che si sente in colpa per aver tradito il marito cinque anni prima con lo studente che s’è tolto la vita. Autentico trampolino di lancio per attori del calibro di Kline, Close, Hurt e Goldblum,
è uno spaccato della generazione che visse l’illusione di un cambiamento del mondo in positivo e su una protesta ormai trascorsa che lascia nelle menti e nelle anime un drammatico senso di vuoto che nulla riesce a colmare, nemmeno a distanza di numerosi anni. Il settetto protagonista risulta ben affiatato, tutti gli attori hanno la faccia giusta per il rispettivo ruolo e la recitazione corale appare efficace specialmente nelle sequenze di gruppo, in cui ognuno esprime il proprio pensiero sui tempi andati, sui desideri mai appagati e le rosee previsioni puntualmente disattese. Kasdan, che si è fatto affiancare nella stesura del copione da Barbara Benedek, conosce a fondo l’argomento di cui parla, e trae una sceneggiatura originale (candidata all’Oscar) densa di significati amari, graffi sardonici, riflessioni ponderate e destini beffardi, che sta in piedi sia grazie all’apporto collettivo degli attori sia per merito dei contributi tecnici fortemente qualitativi (fotografia: John Bailey) che tingono di fosco la pellicola e contribuiscono ad accentuare il suo carattere intimista, indagatorio, introspettivo e terribilmente pessimistico. La negatività di fondo è però parzialmente riscattata dall’amicizia fra i personaggi che, nonostante alcuni pericolosi scossoni e l’inesorabilità tentatrice e distruttiva del tempo che passa, rimane salda e non subisce cambiamenti disfattistici. Una delle commedie drammatiche statunitensi degli anni 1980 che, più delle altre, ha saputo scavare a fondo nelle caratteristiche costitutive di una generazione estremamente delusa e sconfitta e che è riuscita a rimuovere, per calcare maggiormente sulla tensione narrativa e dipingere come si deve la teatralità, tutti gli eventuali sentimentalismi e le smancerie sdolcinate per consegnare al pubblico una confezione che aiuta a riflettere sul passato, dissipa i dubbi sui propositi onirici di ogni essere umano e ribadisce il dolore come fulcro ineliminabile dell’esistenza umana o, per citare Milan Kundera, dell’insostenibile leggerezza dell’essere. Presenza virtuale di Kevin Costner come l’amico scomparso. Presenziava in alcuni flashback durante la scena della veglia funebre, poi tagliati dal regista in sede di montaggio. Colonna sonora alquanto variegata e suggestiva che comprende brani di Marvin Gaye, Aretha Franklin e dei Rolling Stones.

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