rmarci 05
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martedì 13 agosto 2019
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un film corale e poetico, formalmente perfetto
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Reduci del successo di Padre Padrone, i fratelli Taviani tornano ad occuparsi del rapporto tra gli individui e la Storia. Il risultato è “una favola poetica dalle mille bellezze” (M. Morandini), caratterizzata da una struttura narrativa corale, la cui perfezione formale della fotografia, in perfetta armonia con la soave colonna sonora, cattura perfettamente la recitazione intensa degli attori e il tono drammatico della storia, dando vita a momenti profondamente poetici di grande potenza espressiva ma anche a scene eccessivamente enfatiche, in cui i registi indugiano troppo sulla messa in scena, finendo, quindi, per rallentare considerevolmente l’andatura dell’opera.
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Reduci del successo di Padre Padrone, i fratelli Taviani tornano ad occuparsi del rapporto tra gli individui e la Storia. Il risultato è “una favola poetica dalle mille bellezze” (M. Morandini), caratterizzata da una struttura narrativa corale, la cui perfezione formale della fotografia, in perfetta armonia con la soave colonna sonora, cattura perfettamente la recitazione intensa degli attori e il tono drammatico della storia, dando vita a momenti profondamente poetici di grande potenza espressiva ma anche a scene eccessivamente enfatiche, in cui i registi indugiano troppo sulla messa in scena, finendo, quindi, per rallentare considerevolmente l’andatura dell’opera. Senza soffermarsi troppo sul contesto storico, i due autori toscani preferiscono illustrare, con ammirevole sensibilità, lo stato d’animo dei personaggi/abitanti e, soprattutto, i rapporti che intercorrono tra loro, persone comuni alle prese con una degli eventi più tragici della storia dell’uomo, e motivati unicamente dalla solidarietà, dalla speranza e dall’amore, sentimenti puramente umani che neanche i devastanti bombardamenti dei fascisti riescono a scalfire. In questo modo i Taviani restituiscono alle nuove generazioni un affresco dei duri anni della Resistenza, oscillando continuamente tra memoria collettiva e ricordi (auto)biografici, senza mai risultare autoreferenziali. 3 stelle e mezzo.
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great steven
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domenica 15 novembre 2020
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l''estate toscana del ''44 rivisitata poeticamente
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LA NOTTE DI SAN LORENZO (IT, 1982) diretto da PAOLO & VITTORIO TAVIANI. Interpretato da OMERO ANTONUTTI, MARGARITA LOZANO, CLAUDIO BIGAGLI, MASSIMO BONETTI, NORMA MARTELLI, ENRICA MARIA MODUGNO, SABINA VANNUCCHI, DARIO CANTARELLI, PAOLO HENDEL, GIUSEPPE FURIA, LAURA MANNUCCHI ● Nell’agosto 1944, la popolazione del paese toscano di San Martino (nome che richiama San Miniato, città d’origine dei due registi) è costretta dai nazisti a rinchiudersi nel duomo della città. Un gruppo di uomini, donne e bambini, sospettando l’esistenza di una trappola, decide di propria volontà di abbandonare il paese per raggiungere un territorio limitrofo già occupato dall’esercito americano e mettersi sotto la protezione di un influente vescovo.
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LA NOTTE DI SAN LORENZO (IT, 1982) diretto da PAOLO & VITTORIO TAVIANI. Interpretato da OMERO ANTONUTTI, MARGARITA LOZANO, CLAUDIO BIGAGLI, MASSIMO BONETTI, NORMA MARTELLI, ENRICA MARIA MODUGNO, SABINA VANNUCCHI, DARIO CANTARELLI, PAOLO HENDEL, GIUSEPPE FURIA, LAURA MANNUCCHI ● Nell’agosto 1944, la popolazione del paese toscano di San Martino (nome che richiama San Miniato, città d’origine dei due registi) è costretta dai nazisti a rinchiudersi nel duomo della città. Un gruppo di uomini, donne e bambini, sospettando l’esistenza di una trappola, decide di propria volontà di abbandonare il paese per raggiungere un territorio limitrofo già occupato dall’esercito americano e mettersi sotto la protezione di un influente vescovo. Dopo essere scampati ad un’esplosione provocata involontariamente da un battaglione Alleato, vengono sorpresi dai fascisti mentre aiutano dei contadini in un campo di grano: usciti dalla strage con molte perdite, arrivano ad un cascinale che li ospita per la notte. Ivi Galvano, in qualche modo capo spirituale della comitiva, da sempre innamorato in gran segreto della cugina Concetta, corona il suo sogno d’amore. La mattina dopo, grazie alla notizia della sopraggiunta Liberazione, tutti ripartono per rientrare a casa, escluso Galvano che, sotto la pioggerella battente appena prodottasi, rimane pensieroso a riflettere. Il nono film dei Taviani è una poetica discesa nell’inferno della guerra civile italiana 1943-45 con l’occhio beato eppure lucidissimo di due contemplatori colti nell’attimo di fotografare un mondo di cui riproducono, come in una rappresentazione onirica, la fantasia, l’elegia, l’epica e la cronaca. Il linguaggio adoperato, pur non richiamando in specie nessuna influenza stilistica specifica, dona pathos alla narrazione giocando con la luce e l’ombra e affidando ai dialoghi scarni il compito di riepilogare il pensiero della "povera gente" che si ingegna per la sopravvivenza, senza dimenticare le motivazioni morali che sono al centro dei loro cuori. L’apparente buonismo di superficie è ampiamente riscattato dalla ricchezza di temi, sensazioni, meraviglia e poesia che le immagini sprigionano, con la colonna sonora di Nicola Piovani (qui alla prima delle sue quattro collaborazioni artistiche coi Taviani) che emerge a rompere la quiete nei momenti in cui si intensifica la tensione drammatica. La sceneggiatura, scritta con Tonino Guerra, è in perenne oscillazione fra ricordi personali e memoria collettiva, e la naturalezza con cui accompagna la dolce fotografia di Franco Di Giacomo e il sapiente montaggio di Roberto Perpignani è un autentico gioiello. Tenuto a briglia stretta, Antonutti costruisce un personaggio di assai sofferta potenza emotiva e dunque molto lodevole se lo si guarda da una prospettiva teatrale, con la Lozano che lo affianca in un sottofinale bello in quanto scevro da sentimentalismi. Fra gli interpreti non professionisti, spicca su tutti la piccola, adorabile N. Martelli, la cui voce da adulta racconta la storia con un lungo flashback che costituisce poi il film stesso. Gran premio della giuria a Cannes. 5 David di Donatello (film, regia, produttore – Giuliani G. De Negri –, fotografia, montaggio). Quasi certamente la più serena e meno inquisitoria (ma in senso positivo) opera cinematografica italiana sui fatti bellici dell’ultima guerra mondiale dopo l’armistizio.
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