blackredblues
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martedì 3 gennaio 2012
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dalla vita di un cinefilo
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Inizio della polemica: perché la pervicace e perversa abitudine di modificare il titolo del film nella traduzione da lingua estera a italiano? Prendete delle filmografie e confrontate i titoli di grandi registi come Bergman, Truffaut, Hitchcock e potrete verificare lo scempio che è stato fatto in questo senso (domanda da porre ai produttori forse?). Gli anglosassoni non lo fanno e si limitano a tradire (traducono insomma). Noi italiani, col nostro asfittico cinema terzomondista fatto di "figli di", cabarettisti che diventano attori e bellezze attoriali esportate all'estero, oltre a tradire, amiamo mutilare, infierendo con autocompiacimento sul cadavere. Fine della polemica.
Il titolo quindi non è "Un Mondo di Marionette" ma "Dalla Vita delle Marionette".
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Inizio della polemica: perché la pervicace e perversa abitudine di modificare il titolo del film nella traduzione da lingua estera a italiano? Prendete delle filmografie e confrontate i titoli di grandi registi come Bergman, Truffaut, Hitchcock e potrete verificare lo scempio che è stato fatto in questo senso (domanda da porre ai produttori forse?). Gli anglosassoni non lo fanno e si limitano a tradire (traducono insomma). Noi italiani, col nostro asfittico cinema terzomondista fatto di "figli di", cabarettisti che diventano attori e bellezze attoriali esportate all'estero, oltre a tradire, amiamo mutilare, infierendo con autocompiacimento sul cadavere. Fine della polemica.
Il titolo quindi non è "Un Mondo di Marionette" ma "Dalla Vita delle Marionette". In questo caso la "variazione" è minima ma in ogni caso c'è (avete presente qual è la modalità adottata dai lupi per demarcare il territorio vero?!).
La storia è quella di un uomo che ammazza una prostituta. Da questo incipit la telecamera opera una esistenzial-radiografia della vita dell'assassino (Peter) e di tutte le persone che compongono il suo ambiente affettivo ovvero la sua compagna Katarina, la madre, lo psichiatra che lo segue, gli amici, ecc.
Il film è tecnicamente approssimativo nella realizzazione (nell'inquadratura dell'interrogatorio che l'ispettore compie nei confronti del socio di Katarina ad esempio, si può intravedere più volte il microfono di ripresa). Non dico nulla di nuovo, infatti lo stesso Bergman ammise ciò. Ma in fondo chi se ne frega?!
Non credo che vi siano parole per descrivere la capacità del regista nell'entrare nelle ombre degli esseri umani di cui racconta le storie, monologhi da iscriversi a caratteri cubitali nella mente perché in essi, ainoi, è racchiuso il nostro destino. In questo senso la tecnica scompare, si dissolve (pur essendoci, non fraintendiamo). Bergman dà una prova di genio, capacità registiche e umane senza pari, dimostrando di poter massaggiare a dovere le nostre menti di marionette anche con le mani legate dietro la schiena.
Vi sono forze così profonde e così viscerali a cui non è possibile opporsi e che ci controllano. La grandezza dell'uomo non sta nella quotidiana battaglia mossa a colpi di regolarità, millantato amore, e buoni propositi ma nella lucida, dolorosa e ineluttabile accettazione del caos che ci pervade e muove con i suoi sottili ma potentissimi fili.
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august robert fogelbergrota
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domenica 28 marzo 2010
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uun capolavoro
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Nel 1980 durante il suo esilio in Germania Ovest a Monaco di Baviera Ingmar Bergman diresse un 'opera molto bella e molto intensa, un thriller anomalo: un mondo di marionette. Il protagonista Peter Egerman (magnificamente intepretato da Robert Atzorn ) è, sotto la facciata dell'uomo d'affari di successo, un uomo debole ed insicuro con una sessualità molto difficile da comprendere. Non è una varaiante della personalità stessa di Bergman ma di altri"eroi" o meglio "antieroei " del cinema e della letteratura scandinava ( vedi i personaggi maschili di Stridnberg o i deboli protagonisti dei lavori di Carl Theodor Dreyer -prima della passione di Giovanna d’Arco e Benjamin Christiansen autore di pregevoli thriller prima della grande guerra).
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Nel 1980 durante il suo esilio in Germania Ovest a Monaco di Baviera Ingmar Bergman diresse un 'opera molto bella e molto intensa, un thriller anomalo: un mondo di marionette. Il protagonista Peter Egerman (magnificamente intepretato da Robert Atzorn ) è, sotto la facciata dell'uomo d'affari di successo, un uomo debole ed insicuro con una sessualità molto difficile da comprendere. Non è una varaiante della personalità stessa di Bergman ma di altri"eroi" o meglio "antieroei " del cinema e della letteratura scandinava ( vedi i personaggi maschili di Stridnberg o i deboli protagonisti dei lavori di Carl Theodor Dreyer -prima della passione di Giovanna d’Arco e Benjamin Christiansen autore di pregevoli thriller prima della grande guerra). Nel film di Bergman, il protagonista è oppresso da una moglie volitiva, la famosa stilista Katarina Egerman (molto bene intepretata da Christine Bucjegger un 'icona simile alle donne vampiro della bella epoque ) e succube della madre l’ex attrice Cordelia Ekerman (Lola Muethel ). A complicare le cose ci si mette anche Tim un designer omosessuale (Walter Schmidinger ) innamorato di Peter che turba un po' per gioco e un po’ per gelosia il fragile equilibrio del giovane presentandogli una prostituta d'origine danese ma che parla nel dialetto bavarese (i personaggi altolocati parlano il dialetto della Bassa Sassonia)affabile e gentile interpretata daChristine Buchegger che si chiama anche lei Katerina. Simile alla moglie e diversissima come carattere. in questo film diviso, come Pulpe fiction di Tarantino, in diversi episodi entriamo
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mungiguerra vincenzo
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giovedì 28 settembre 2023
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spirito del tempo
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Il film si apre con l’assassinio di una prostituta da parte del protagonista, un ricco borghese. Segue la successione temporale, in ordine non cronologico, delle varie fasi che precedono il delitto.
Le scene, caratterizzate da ambientazioni interne, danno maggiore consistenza all’elemento introspettivo e dialogico dei personaggi, i quali pubblicamente si rappresentano dotati di una personalità autorevole, salvo poi, privatamente, dare prova di grande instabilità emotiva e di un groviglio inesplicabile di bisogni.
Su tale registro si muovono il protagonista e la moglie, una coppia aperta ai tradimenti e a reciproche confessioni inconfessabili, con un legame solido sul piano sensuale, ma inconsistente e vuoto in una relazione volta ad un piano più alto, intimo e coinvolgente.
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Il film si apre con l’assassinio di una prostituta da parte del protagonista, un ricco borghese. Segue la successione temporale, in ordine non cronologico, delle varie fasi che precedono il delitto.
Le scene, caratterizzate da ambientazioni interne, danno maggiore consistenza all’elemento introspettivo e dialogico dei personaggi, i quali pubblicamente si rappresentano dotati di una personalità autorevole, salvo poi, privatamente, dare prova di grande instabilità emotiva e di un groviglio inesplicabile di bisogni.
Su tale registro si muovono il protagonista e la moglie, una coppia aperta ai tradimenti e a reciproche confessioni inconfessabili, con un legame solido sul piano sensuale, ma inconsistente e vuoto in una relazione volta ad un piano più alto, intimo e coinvolgente.
Il protagonista manifesta al suo psicoterapeuta, amante della moglie, il desiderio di ucciderla, ma in modo abbastanza vago, in quanto ne subisce il fascino e la volontà, così come avviene nei confronti della madre, attrice teatrale e donna di potere. La sua vita, soddisfacente solo sul piano lavorativo, nel proseguo del film a tratti regredisce verso uno stadio infantile, di cui la stessa madre, in un colloquio con la moglie, (le due donne si detestano) ne è testimonianza, accennando che da bambino amava giocare con le bambole della sorella più piccola.
L’incontro con la prostituta, unico personaggio che connota tratti spontanei non farraginosi e affatto chiari, sembra coinvolgerlo per un frangente in uno stato di esuberanza e ricchezza vitale, ma l’energia che riesce a estrinsecare in modo liberatorio, alla fine, è solo una sgradevole e recondita pulsione di morte.
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