Stalker |
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Un film di Andrei Tarkovsky.
Con Anatoliy Solonitsyn, Nikolaj Grinko, Aleksandr Kaydanovskiy, Alisa Frejndlikh.
continua»
Fantascienza,
durata 161 min.
- URSS, Russia, Germania 1979.
MYMONETRO
Stalker
valutazione media:
4,03
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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E che diventino indifesi come bambini.di stefano giasone da-fréFeedback: 106 | altri commenti e recensioni di stefano giasone da-fré |
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mercoledì 19 dicembre 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Nei nidi altrui la femmina del cuculo depone la sua prole. Un uovo per volta, a giorni alterni, confezionato e maculato su misura poiché ciascun individuo è parassita di una specie sola. Allo schiudersi il neonato si sbarazza dei gusci più legittimi rimanendo adottivo l’unico, per congedarsi poi ad età matura. Tra i Veda metafora dell’anima, provvisoria dall’involucro. Una porta seppiata è spiraglio tra i dormienti al dramma fatiscente di un esserci in rovina, traballato e sopito da quei suoi stessi meccanici fragori. Il risveglio è inevitabilità d’ impulso al ridestare ed introdurre a. Maestra si palesa possibilità d’accompagnamento tra quei sentieri naturali di cui ne è impalpabile il movimento, flebile la via, incerta ed atona la meta, là dove fallace la speme si rigetta nel sordo abisso di un tonfo che risuona. Un carrello su un vagoncino da miniera è vascello che scampa la paura e traghetta dal poco saturo al colore, soggettiva del silenzio di volti attoniti da un guidare al seme trascurato dell’inconscio più profondo. Nel presagio l’incontro s’avvicina su percorsi senza regola ed acque che purificano, elementi che paiono condurre a plausibile catarsi. Ma se di un viaggio la mente s’impone a giudice e scappatoia, vano esito è l’indicarne direzione, poichè la stessa è già lì presente, reincarnata nelle cellule di una discendenza muta ed immobile, così vicina, così addossata da non accorgersene, fino a che quel vetro che separa non s’infranga psicocinetico tra i cocci di un bicchiere, sul fondo del visibile. Colui che ha conoscenza non può azzardare possibilità o scelta: quella stanza a nessuno serve, ogni sforzo è inutile, ed il bivio si contende tra la polvere e il deserto. Monito all’ostinarne azione è il ritorno ad un labirintico mono-tinta imbevuto da quel monologo preincartato che rivolto in camera si liquefa travolto dalla fine. La debolezza è potenza e la forza è niente. Quando l’uomo nasce è debole e duttile, quando muore è forte e rigido così come l’albero: mentre cresce è tenero e flessibile, e quando è duro e secco muore. Rigidità e forza sono compagne della morte, debolezza e flessibilità esprimono la freschezza dell’esistenza. Stefano Giasone Da-Fré
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