Il film capostipite sul ladro gentiluomo lega le iperboli delle serie anime all'erotismo del manga. E trova nel medium-cinema la chiave ideale con cui traghettare il mito di Lupin verso l'immortalità
di Daniele D'Orsi Sentieri Selvaggi
La prima incursione cinematografica del ladro gentiluomo è da intendere come una potente dichiarazione d'intenti: sull'universo creato da Monkey Punch, sui linguaggi delle prime due serie anime prodotte dalla TMS e, soprattutto, sulla necessità di equiparare il medium-cinema ad una macchina di sublimazione di quei processi che hanno reso il più celebre fuorilegge dei manga un'icona immortale. Perché questo Lupin III - La pietra della saggezza - diretto nel '78 da Soji Yoshikawa ed ora ri-edito nelle sale italiane in versione 4K - è nelle intenzioni dei produttori l'opera della legittimazione assoluta dell'iconico ladro, da far passare sia attraverso il superamento della censura televisiva che aveva (in parte) disinnescato le matrici erotizzanti della traduzione animata, sia mediante una proiezione della storia e dei suoi personaggi verso orizzonti inesplorati: che solo una produzione filmica (con i suoi finanziamenti) poteva al tempo consentire. [...]
di Daniele D'Orsi, articolo completo (4407 caratteri spazi inclusi) su Sentieri Selvaggi 24 giugno 2024