L'horror è uno dei generi cinematografici più commerciali, pertanto subisce la regola di mercato che porta a realizzare uno o più sequel qualora la prima pellicola abbia avuto successo al botteghino. Quasi mai questi capitoli successivi sono ben riusciti come il primo, questo prevalentemente perché viene meno l’originalità del soggetto che in film di questo genere è l’elemento che spesso fa la differenza.
Queste valutazioni si adattano perfettamente a questa pellicola, seguito del riuscitissimo "Il presagio" di Richard Donner. La forza principale del primo film risiedeva nella capacità di turbare lo spettatore e di coinvolgerlo nell'angosciante percorso che gradualmente portava il protagonista alla scoperta di una verità terrificante e difficile da credere; la stessa operazione non è ovviamente replicabile in questo sequel che sconta il venir meno dell'incertezza circa la reale identità di Damien, impedendo così il crearsi di quell'atmosfera inquietante e carica di suspense che aveva fatto le fortune della prima pellicola, atterrendo e catturando il pubblico.
Non potendo contare su tale straordinaria prerogativa, Don Taylor, che sostituisce Donner alla regia, punta su una sequenza assai nutrita di scene truci, con i classici morti ammazzati, realizzando così un film ben poco originale. Inoltre bisogna dire che gli effetti scenici non sono neppure all’altezza di quelli del film di due anni prima, dove viceversa erano presenti almeno tre spettacolari uccisioni, rimaste memorabili.
Solo il finale ad effetto riesce a salvare in parte la pellicola.
Rispetto al primo film, questo è penalizzato anche dal personaggio chiave di Damien, che non è più un piccolo bambino ma un adolescente, che risulta molto meno inquietante proprio a causa della sua età: non sembra azzeccata neppure la scelta del giovane attore, che ha un aspetto troppo ordinario e insignificante.
Pr il resto il cast ricalca abbastanza lo schema del primo film: il protagonista è anche stavolta affidato ad una vecchia gloria di Hollywood, stavolta il bravissimo William Holden; accanto a lui l’altrettanto brava Lee Grant nella parte della giovane consorte. Merita infine di essere citata l’indimenticabile Sylvia Sidney, che sembra ancora più anziana di quanto lo fosse realmente all’epoca.
Ottime musiche di Jerry Goldsmith che aveva già curato quelle ancora superiori del primo film, per le quali era stato meritatamente premiato con l’Oscar.
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