Interiors |
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Un film di Woody Allen.
Con Diane Keaton, Richard Jordan, Geraldine Page, Mary Beth Hurt, Kristin Griffith.
continua»
Drammatico,
durata 93 min.
- USA 1978.
MYMONETRO
Interiors
valutazione media:
3,19
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Bergman sulla East coastdi HowlingfantodFeedback: 7986 | altri commenti e recensioni di Howlingfantod |
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giovedì 7 maggio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Gli “interni “del titolo” sono non solo gli spazi borghesi e in perfezione, misurati, algidi e senza sentimento come denunciato dalla figlia Joey alla madre presto suicida nel colloquio fantasmatico quasi alla fine del film, ma sono soprattutto gli stati di animo interni ai personaggi, madri, figlie, padri, la microcellula ancora la famiglia a simbolo di quello che accade forse in tutta una società malata ed anaffettiva e assunta a crisma di emozioni mai date, tragedie umane frutto delle parole mancate e frutto di tanti rancori più o meno vicini. In questo film del più Bergmaniano Allen, se si può stilare una classifica dei film più Bergmaniani di Woody Allen, questi interni accompagnano una narrazione elegantemente asciutta, nitida e perfettamente lineare senza barocchismo alcuno ed addirittura senza colonna sonora se si eccettuano i due passaggi di un gioioso jazz che da una giusta nota di colore all’unico evento lieto (il ricevimento per le nuove nozze del padre quale spiraglio alla speranza (come in tutti i film più seriosi di Allen, mi viene in mente Crimini e misfatti). Questa tragedia moderna si avvale degli sfondi sontuosi e pure dimessi e trattenuti delle ville dei ricchi Americani della East coast, sia Cape Cod o Martha’s Vineyard, sfondo dello sfondo il mare e i suo ruolo sempre catarchico e immenso come nell’epilogo, una tragedia pur Shakesperiana pur senza sangue e lame, più trattenuta appunto e Bergmaniana, dal quale del resto trae diversi stilemi: La malattia mentale, malattia dello spirito si dice per bocca sempre di Joey, una delle figlie, ma anche lei agita e non fonte e portatrice di una verità o di una redenzione che non può esserci giustamente; la famiglia, i sentimenti, i gesti trattenuti, i drammi interiori ed Il silenzio (ancora Bergman), meditativo e risolutore come nella scena finale che chiude il sipario. Altro dato in un giudizio generale, ma che può inficiare solo una stella mancante, è che forse molti di noi, me compreso, amano più Woody Allen quando ci graffia e fa ridere.
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