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Alle 22.30 del 4 febbraio 1981 su Rai Uno gli italiani assistono per la prima volta a “Dallas”, una serie di telefilm che negli Stati Uniti viene diffusa dalla CBS a partire dal 1978. Il responsabile della scelta è un dirigente curioso e innovativo come Claudio G. Fava, arrivato alla Rai dopo essere stato per lunghi anni critico cinematografico del “Corriere Mercantile”. È lui che ha insistito perché l’azienda acquistasse un primo gruppo di tredici episodi infischiandosene dello scetticismo di gran parte dei suoi colleghi convinti che il pubblico italiano sia poco interessato a questo tipo di prodotto. Ambientata nel Texas la serie racconta storie di petrolieri alla ricerca del potere tra intrighi, tradimenti e amori. Tecnicamente, nonostante quanto sostenuto dalla “vulgata” ufficiale, i primi telefilm di “Dallas” non possono essere considerati una “soap opera”. Ciascun episodio vive di vita propria pur se legato ai precedenti e ai successivi da una minima logica consequenziale. La Rai trova comunque modo di maltrattarli mandandoli in onda in una sequenza del tutto casuale con la sola eccezione del primo. Nonostante le previsioni degli “esperti” il pubblico italiano resta affascinato dalle vicende di “Dallas” e dalla personalità del cattivissimo J.R. Ewing, interpretato da Larry Hagman. Proprio il mitico “Gei Ar” è destinato a diventare una sorta di simbolo e interprete del “rampantismo” che caratterizza la società italiana di quel periodo. Nonostante gli eccellenti risultati in Rai nessuno si preoccupa di “mettere al sicuro” i diritti su quella che si sta rivelando come una possibile gallina dalle uova d’oro. Anzi, il 29 aprile 1981, dopo la messa in onda dell’ultimo dei tredici episodi, ne annunciato l’arrivo nella stessa fascia oraria di una serie poliziesca intitolata “Squadra most wanted”. “Dallas” viene così acquistato da Canale 5 uno dei network televisivi privati che in quel momento operano in Italia. L’attenzione di quella parte del pubblico italiano che ha seguito le vicende della prima serie si sposta così sull’emittente privata di proprietà di Silvio Berlusconi. I network privati concorrenti, Retequattro della Mondadori e Italia 1 della Rusconi, cercano di correre ai ripari. Anche la Rai cercherà poi di uniformarsi alla tendenza. Da quel momento tutte le reti televisive verranno invase da un gran numero di produzioni con gli stessi ingredienti di “Dallas”: affari, ambizione, denaro, sesso, amore e vendette con eroi in negativo, perfidi e intriganti. Oggi in molti scrivono che nel successo di questa serie si colgono i segni dei mutamenti nella cultura del nostro paese con l’affermarsi dello yuppismo e dell’individualismo degli anni Ottanta. In realtà “Dallas” non è il fiore (malvagio) che inquina un giardino di piante preziose, ma parte di un cambiamento della televisione e della società come dimostra il fatto che in quello stesso 1981 la RAI inaugura la stagione del sensazionalismo cinico portando nelle case la morte in diretta del piccolo Alfredino Rampi a Vermicino. L’importanza di “Dallas” nella storia della nostra tv sta nel fatto che, come scrive Carlo Freccero nel 2004 su “Link” la serie è, nei fatti «...il prodotto che fonda la tv commerciale (in Italia)».
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