stefano
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domenica 15 gennaio 2006
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il lato oscuro della televisione
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“Quinto potere”, diretto nel 1976 dal regista Sidney Lumet, è sicuramente uno dei massimi esempi del grande cinema d’autore americano degli Anni ’70 (e, personalmente, il mio film favorito in assoluto). Ironico, caustico, cinico, agghiacciante, “Quinto potere” è un incredibile capolavoro a metà strada fra il dramma satirico e la commedia nera, un ritratto feroce e spietato non tanto del mondo della televisione, quanto piuttosto della società dell’apparenza e dello spettacolo, una società che si lascia dettar legge dal piccolo schermo e che costruisce e abbatte i propri idoli con un semplice tasto del telecomando. Per chi non l’avesse mai visto, il film racconta le vicende di Howard Beale, cronista di un notiziario televisivo: disperato per il suo imminente licenziamento, una sera Beale dichiara in diretta di fronte a milioni di spettatori la propria intenzione di uccidersi.
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“Quinto potere”, diretto nel 1976 dal regista Sidney Lumet, è sicuramente uno dei massimi esempi del grande cinema d’autore americano degli Anni ’70 (e, personalmente, il mio film favorito in assoluto). Ironico, caustico, cinico, agghiacciante, “Quinto potere” è un incredibile capolavoro a metà strada fra il dramma satirico e la commedia nera, un ritratto feroce e spietato non tanto del mondo della televisione, quanto piuttosto della società dell’apparenza e dello spettacolo, una società che si lascia dettar legge dal piccolo schermo e che costruisce e abbatte i propri idoli con un semplice tasto del telecomando. Per chi non l’avesse mai visto, il film racconta le vicende di Howard Beale, cronista di un notiziario televisivo: disperato per il suo imminente licenziamento, una sera Beale dichiara in diretta di fronte a milioni di spettatori la propria intenzione di uccidersi. Il suo gesto attira immediatamente l’attenzione del pubblico, e i dirigenti del network decidono di sfruttare la sua popolarità (e la sua pazzia) per far alzare gli ascolti: così in un batter d’occhio Beale si ritrova a essere un vero e proprio idolo delle folle, un profeta dell’etere che attraverso lo schermo diffonde le proprie dottrine a milioni di ascoltatori adoranti. Amaro, crudele ma al tempo stesso terribilmente divertente, “Quinto potere” è un memorabile film i cui punti di forza sono la grandiosa regia di Sidney Lumet, la formidabile sceneggiatura di Paddy Chayefsky, brillante e geniale, e soprattutto un cast strepitoso. Peter Finch interpreta con totale immedesimazione il folle Howard Beale, mentre William Holden è il suo fedele collega Max Schumacher, che osserva con sguardo impotente e disincantato la crisi del proprio amico. Straordinaria anche la splendida Faye Dunaway, vincitrice dell’Oscar per il ruolo di Diane Christensen, executive del network spietata e senza scrupoli, ossessionata dagli ascolti, alla quale il copione riserva alcune delle battute più esilaranti del film (“Sembra che io abbia un temperamento mascolino: mi eccito subito e godo prematuramente”). In conclusione, “Quinto potere” è un classico che non ci si stanca mai di rivedere, meritatamente premiato con 4 Oscar (attore, attrice, attrice supporter, sceneggiatura): un vero e proprio film cult per ogni appassionato di cinema!
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g. romagna
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mercoledì 10 febbraio 2010
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network
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Un celebre personaggio televisivo, ormai in collasso verticale di popolarità, viene licenziato e, ormai mentalmente instabile, annuncia il suo suicidio in diretta TV. L'ultimo sfogo che gli viene concesso via etere riscuote un enorme successo, e la rete per cui lavora corre ai ripari sfruttando la sua immagine per una nuova rubrica da lui condotta in cui i toni populisti sfociano spesso nel delirante. Un suo amico e collega, da poco licenziato, cerca di liberarlo da questo sfruttamento della propria fragilità cui è incosapevolmente soggetto, e finisce persino per lasciare moglie e figli dopo essersi innamorato di una delle più ciniche manager dell'azienda.
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Un celebre personaggio televisivo, ormai in collasso verticale di popolarità, viene licenziato e, ormai mentalmente instabile, annuncia il suo suicidio in diretta TV. L'ultimo sfogo che gli viene concesso via etere riscuote un enorme successo, e la rete per cui lavora corre ai ripari sfruttando la sua immagine per una nuova rubrica da lui condotta in cui i toni populisti sfociano spesso nel delirante. Un suo amico e collega, da poco licenziato, cerca di liberarlo da questo sfruttamento della propria fragilità cui è incosapevolmente soggetto, e finisce persino per lasciare moglie e figli dopo essersi innamorato di una delle più ciniche manager dell'azienda. Nel frattempo i vertici della rete televisiva si accorgono che la nuova rubrica televisiva non è più redditizia, e devono escogitare un modo per levarsi di mezzo il suo conduttore... Feroce e cinico ritratto della televisione, dell'influenza mediatica e del dominio del consumismo capitalista sulla società, Quinto Potere è un film intelligente, che brilla per efficacia, attualità (i citati telegiornali fatti quasi esclusivamente di cronaca nera, gossip e cuccioli abbandonati sono un breve squarcio illuminante sulla realtà odierna) ed incisività, pur andando a toccare un tema certo non nuovo ed a facile rischio di stereotipizzazione (rischio che il regista corre assai ma che riesce, seppur camminando sempre sul filo del rasoio, ad evitare). Cast di grande qualità. La sottolineatura dell'effetto alienante esercitato dal potere mediatico è acuito dalla scelta delle principali vittime: non i singoli spettatori, la cui resa supina ai meccanismi televisivi è come data per assodata, ma i manager frustrati, i conduttori sull'orlo della follia e, infine, coloro che sono disposti a barattare grandi fette della loro coerenza pur di essere ospitati sull'etere (il gruppo di comunisti ingaggiato per una trasmissione). Il finale è poi tutto da scoprire: sconvolgente, sì, ma nemmeno poi tanto, ammesso che si sia riusciti ad entrare nell'ottica in cui tale realtà viene mostrata.
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samuel langhorne
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mercoledì 31 agosto 2016
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lo spettacolo deve continuare
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Tempo fa avevo visto citizen kane (quarto potere) e anche se non aveva nulla in comune con quella pellicola in termini di attori , regia , o trama , c'era come legame la manipolazione di massa percepibile ancor meglio in questo film.
Il film mette in risalto il controllo che la tv soprattutto nei suoi albori esercitava volutamente sugli spettatori, è forse proprio questa la differenza più significativa tra il potere dei giornali e della televisione.
Un articolo ti può influenzare ma sei tu dall'inizio alla fine che tieni le redini del controllo,scegliendo il giornale il giornalista l'articolo.Si dirà che abbiamo il telecomando è vero ma ormai accendiamo il televisore quasi come fosse un riflesso incondizionato , un pò come quei muscoliche continuanosemrpe a fare il loro lavoro , come il cuore che continua incessantemente a pompare sangue nelle vene , cosi i nostri pollici quando captano un telecomando drizzano le antenne e fanno il loro dovere e noi restiamo catatonici davanti al tubo catodico.
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Tempo fa avevo visto citizen kane (quarto potere) e anche se non aveva nulla in comune con quella pellicola in termini di attori , regia , o trama , c'era come legame la manipolazione di massa percepibile ancor meglio in questo film.
Il film mette in risalto il controllo che la tv soprattutto nei suoi albori esercitava volutamente sugli spettatori, è forse proprio questa la differenza più significativa tra il potere dei giornali e della televisione.
Un articolo ti può influenzare ma sei tu dall'inizio alla fine che tieni le redini del controllo,scegliendo il giornale il giornalista l'articolo.Si dirà che abbiamo il telecomando è vero ma ormai accendiamo il televisore quasi come fosse un riflesso incondizionato , un pò come quei muscoliche continuanosemrpe a fare il loro lavoro , come il cuore che continua incessantemente a pompare sangue nelle vene , cosi i nostri pollici quando captano un telecomando drizzano le antenne e fanno il loro dovere e noi restiamo catatonici davanti al tubo catodico.
Accendiamo la televisione ma stacchiamo la mente.Il film poi mette in risalto la generazione di quel tempo anestetizzata dalla finzione dello schermo e non evoluta per la realtà , quando nella quotidianetà in cabina di regia c'è la vita , che ti può dare gioie e dolori.
E con questi spettatori i personaggi dietro le quinte non possono essere da meno , sempre a caccia dell'audience e del gradimento i grandi signori in giacca e cravatta , tra questi il capo dei capi che si confronta con il nuovo profeta televisivo dove non si capisce chi è plagiato e chi è il manipolatore.Finisce col botto di pubblico e non solo un film che merita la visione e che personalmente trovo a metà tra quarto potere e un film di un paio di anni fa Live anche qui da protagonista fa lo spettatore
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samanta
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martedì 17 ottobre 2023
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sono ... non ce la faccio più!
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Il titolo originale è Network nella versione italiana Quinto potere con evidente riferimento a Quarto potere di Orson Welles considerato il più bel film della storia del cinema. Il film che recensiamo uscito nel 1976, pur non potendosi collocare livello di Quarto potere (la stampa) affronta un quinto potere: la tv, condividendo la critica al potere e agli abusi del mass media, è da considerarsi di un ottimo livello, la regia è di Sidney Lumet bravo regista di Hollywood che al suo esordio cinematografico ottenne una candidatura all'Oscar con quel capolavoro che è La parola ai giurati, Lumet non ebbe mai riconoscimenti da Hollywood solo 4 nomination pur avendo realizzati molti film ottimi e di successo (Serpico, A prova d'amore, Il verdetto, Prova a incastrarmi).
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Il titolo originale è Network nella versione italiana Quinto potere con evidente riferimento a Quarto potere di Orson Welles considerato il più bel film della storia del cinema. Il film che recensiamo uscito nel 1976, pur non potendosi collocare livello di Quarto potere (la stampa) affronta un quinto potere: la tv, condividendo la critica al potere e agli abusi del mass media, è da considerarsi di un ottimo livello, la regia è di Sidney Lumet bravo regista di Hollywood che al suo esordio cinematografico ottenne una candidatura all'Oscar con quel capolavoro che è La parola ai giurati, Lumet non ebbe mai riconoscimenti da Hollywood solo 4 nomination pur avendo realizzati molti film ottimi e di successo (Serpico, A prova d'amore, Il verdetto, Prova a incastrarmi). Lo sceneggiatore è Paddy Chayefscki che conseguì ben 3 Oscar con questo film nonché con Marty e Anche i dottori ce l'hanno.
La trama si svolge all'interno di un Network televisivo, protagonisti principali sono: Max Schumacher (William Holden) direttore della divisione notizie, l'amico Howard Beale(Peter Finch) alcolizzato depresso conduttore del notiziario quotidiano, Diana Christensen (Faye Dunaway) dirigenge di un talk show donna cinica e carrierista e infine Frank Hackett (Robert Duvall) CEO della società. Howard viene licenziato da Max su ordine del CEO a causa del calo d'ascolti, nel suo ultimo intervento Howard rivela il motivo del licenziamento e annuncia il prossimo suicidio. I dirigenti sono infuriati ma l'intervento di Howard ha un successo incredibile nell'audience e da qui si sviluppa la vicenda con Howard che per intervento dell'ambiziosa Diana viene collocato in un Talk Show "trash" in cui ci sono l'indovina, il legale per i casi giudiziari, l'ora di Mao Tse Tung in cui sono filmate in diretta le rapine di terroristi del "Fronte popolare eucumenico", Howard attacca il sistema politico e il capitalismo con un successo enorme ma calano dopo un pò gli ascolti e per toglierlo di mezzo dato che si era opposto al licenziamento l'effettivo padrone del Network che aveva convinto Howard di cambiare registro e di sostenere il sistema capitalistico con ulteriore calo di ascolti, Frank e Diana utilizzano i terroristi del F.P.E a ucciderlo in diretta.
Il film dimostra innanzitutto in chiave parossistica, il cinismo della comunicazione televisiva ossessionata dagli ascolti (e dalla pubblicità), cinismo che ha assunto dopo quasi mezzo secolo connotati ancora più aggressivi e volgari. I caratteri dei protagonisti sono quasi tagliati con l'accetta come quello di Diana interpretato da un'eccellente Faye Dunaway istruita da Lumet a non far trasparire alcun accenno di umanità o empatia; certamente la parte del leone l'ha fatta Peter Finch (meritatamente conseguì l'Oscar), alcune scene sono memorabili come quando apre una finestra e si mette a gridare "sono incazzato nero non ce la faccio più" convincendo poi milioni di telespettatori a fare lo stesso, Finch riesce ben guidato dal regista e dall'ottima sceneggiatura a creare un personaggio che rimarrà nella storia del cinema. Molti bravi anche William Holden invecchiato precocemente per l'alcolismo e il quasi esordiente Robert Duvall. Il film ha forse ha qualche criticità in certe sottolineature grottesche come quando il vero padrone del Network interpretato da Arthur Jensen convince con un monologo assurdo Howard a cambiare opinione sul sitema politico, però possiede una perfetta linearità partendo dai toni di commedia finisce in un drammatico epilogo, mostrando nella loro miseria umana i padroni della comunicazione, realizzando uno spettacolo che avvince fino all'ultimo .
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luca scialò
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lunedì 11 aprile 2011
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la dura legge dell'audience
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Il colosso televisivo Ubs non riesce a scalare la vetta in termini di share e battere la concorrenza. Il cda rivede così i palinsesti ed è intenzionato a far fuori il presentatore del Tg Howard Beale nonché il responsabile Max Schumacher, entrambi veterani, per spettacolarizzare le notizie, dando altresì pieni poteri alla giovane rampante ossessionata dal successo, Diana Christensen. Ma il presentatore Howard Beale non ci sta e finisce col perdere la testa, issandosi perfino a profeta in Tv. I suoi deliri fanno però grandi numeri, superando il 40 per cento di share, al punto da diventare il programma punta della rete.
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Il colosso televisivo Ubs non riesce a scalare la vetta in termini di share e battere la concorrenza. Il cda rivede così i palinsesti ed è intenzionato a far fuori il presentatore del Tg Howard Beale nonché il responsabile Max Schumacher, entrambi veterani, per spettacolarizzare le notizie, dando altresì pieni poteri alla giovane rampante ossessionata dal successo, Diana Christensen. Ma il presentatore Howard Beale non ci sta e finisce col perdere la testa, issandosi perfino a profeta in Tv. I suoi deliri fanno però grandi numeri, superando il 40 per cento di share, al punto da diventare il programma punta della rete. Ma quell'assurdo affare commerciale ben presto svelerà i suoi volti più nefasti e diabolici.
Sidney Lumet presenta una spietata fotografia di ciò che era diventata la Tv. Siamo nel 1976, e la degenerazione era solo agli inizi. Ma fotografa anche un'America in crisi di valori, affarista e materialista.
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dounia
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martedì 3 aprile 2012
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film attuale
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Un uomo che lavora da anni nella UBS di Los Angeles ha in calo il suo indice di ascolto e gli viene dichiarato il suo licenziamento, così dice, in una sua trasmissione, che si suicida. I suoi dirigenti vogliono che si scusi pubblicamente. Fra loro si mette in evidenza una donna che lavora nella TV e vive "solo per essa" che, avendo notato un alto indice di ascolto, propone un programma un po' strano, così il giornalista diventa il "pazzo profeta dell'etere", all'inizio con un alto indice di ascolto, che poi diventa basso. Un suo amico e superiore non accetta un accordo di questo tipo e viene licenziato, ma riesce ad ottenere l'amore dalla donna che si è messa in vista. Riescono a vivere insieme e nota che lei vive solo per la TV anche nel rapporto affettivo, così il suo amore si spegne quando si accorge che per la donna è più importante il rapporto con la TV.
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Un uomo che lavora da anni nella UBS di Los Angeles ha in calo il suo indice di ascolto e gli viene dichiarato il suo licenziamento, così dice, in una sua trasmissione, che si suicida. I suoi dirigenti vogliono che si scusi pubblicamente. Fra loro si mette in evidenza una donna che lavora nella TV e vive "solo per essa" che, avendo notato un alto indice di ascolto, propone un programma un po' strano, così il giornalista diventa il "pazzo profeta dell'etere", all'inizio con un alto indice di ascolto, che poi diventa basso. Un suo amico e superiore non accetta un accordo di questo tipo e viene licenziato, ma riesce ad ottenere l'amore dalla donna che si è messa in vista. Riescono a vivere insieme e nota che lei vive solo per la TV anche nel rapporto affettivo, così il suo amore si spegne quando si accorge che per la donna è più importante il rapporto con la TV. Le dice che dimostrare amore ad una persona non è così come fa lei e lui non può stare con una che vede solo la TV nella sua realtà
e sa che gli sarà difficile recuperare l'amore della moglie che non l'aveva più voluto con sè.
I due giornalisti si oppongono a un mondo falso, ma la loro lotta è minima di fronte al grosso problema della TV che, invece di essere solo una buona fonte d'informazione, diventa un modo per far vedere al pubblico programmi vari e passivi. La TV di un tempo che presentava romanzi e storie interessanti non c'è più, è diventata l'insieme di programmi che non servono a riflettere. Attraverso la TV l'uomo dovrebbe istruirsi, invece non è così. La TV di oggi è diversa dalla TV di ieri, ma il "diverso" è molto cambiato. Il film pone allo spettatore la domanda se è utile oggi guardare la TV.
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