L'inquilino del terzo piano |
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Un film di Roman Polanski.
Con Isabelle Adjani, Melvyn Douglas, Bernard Fresson, Roman Polanski, Jo Van Fleet.
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Titolo originale Le locataire.
Commedia,
durata 125 min.
- Francia 1976.
MYMONETRO
L'inquilino del terzo piano
valutazione media:
3,80
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Distillato di puro Polanskidi ugogigioFeedback: 728 | altri commenti e recensioni di ugogigio |
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venerdì 14 febbraio 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Se volessimo disporre l'intera filmografia del maestro polacco secondo un gradiente per così dire di "polanskianita" intrinseca, senza alcun dubbio Le Locataire andrebbe a collocarsi tra i suoi film più rappresentativi. E, sì, ci accorgeremmo anche che il polanskiano va volentieri a braccetto con il kafkiano, e questo film ne rappresenta la prova manifesta. Intrecciato a doppio filo con quelli che sono i due motivi conduttori e al contempo le due chiavi di lettura principali del film, ossia da un lato il tema della psicosi allucinatoria e dello sdoppiamento schizofrenico della personalità e dall'altro la componente simbolistica ed esoterica e i continui rimandi alle concezioni escatologiche dell'antico Egitto, si dipana infatti quel senso di inquietudine profonda, di tipo propriamente esistenziale, che costituisce l'ispirazione costante dello scrittore praghese e che qui come in Kafka trova espressione nelle forme di una straniante e grottesca (e non senza un tocco di humour) deformazione della realtà quotidiana, in grado di farne emergere l'angosciante terribilità e l'impenetrabilità a qualsiasi tentativo di comprensione che si basi esclusivamente sui mezzi della ragione. Tutto ciò è ovviamente molto inquietante, ma allo stesso tempo sprigiona un fascino e una suggestione davvero potenti, costruiti di piccoli particolari inspiegabili (notate i manifesti per strada e la cioccolata) che insinuano il mistero in una vicenda che per il resto potrebbe essere spiegata "semplicemente" come quella di un paranoico dalla latente doppia personalità che, sottoposto a condizioni particolarmente favorevoli, finisce col perdere il senso della realtà e di sé. Le scene e le idee memorabili si sprecano: l'urlo angosciato del(la?) suicida mummificata all'ospedale, la sparizione degli avanzi sparsi sulle scale, il macabro ritrovamento del dente nella parete, i vari incontri notturni con tutto un carosello di personaggi grotteschi, l'accennare continuo a qualcuno che fa rumore nel cuore della notte, il bagno ricoperto di geroglifici in cui gli inquilini trascorrono ore come presi da trance, la progressiva identificazione/reincarnazione di Trelkovsky e Simone Choule, la famosa riflessione sul rapporto tra io e razionalità, la palla che diventa una testa mozzata ecc.. Da segnalare una colonna sonora davvero azzeccata, che contribuisce alla resa claustrofobica delle atmosfere, una fotografia magistrale con un sapiente utilizzo delle luci e delle ombre (data l'ambientazione in prevalenza notturna) e la bravura di Polanski, che qui si riserva più di un semplice cammeo, tratteggiando un protagonista goffo e minuto (novello Josef K. o Gregor Samsa), affiancato da una giovanissima Isabelle Adjani cui purtroppo non è dato abbastanza spazio. Della regia che dire? Ogni inquadratura e ogni movimento di macchina sono studiati alla perfezione, fin nei minimi dettagli. In conclusione, Le Locataire è uno di quei rari film il cui significato non si esaurisce nella singola visione e che necessitano di un approccio interpretativo da parte dello spettatore, senza peraltro poter mai essere perfettamente compresi e sciolti in tutti i loro nodi: ed è proprio questo che ne costituisce l'enorme fascino e la portata culturale. Polanski vi si dimostra in ottima forma, riuscendo a rendere inconfondibilmente personale il romanzo di Topor, e anzi a trarne uno dei suoi film migliori (arduo in realtà decidere tra tanti capolavori!). 9
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