silvia
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mercoledì 1 agosto 2007
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film con un buon plot e di spessore psicologico
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un film davvero ben fatto, Gemma ha dato prova di gran profondità e comprensione del personaggio, ma anche attori come Gassman e Von Sydow esprimono grande credibilità, lo stesso Helmut Griem conferma la sua gran capacità di interpretare il personaggio calcolatore e senza scrupoli, rendendo inoltre credibile l'evoluzione psicologica da uomo semplice e alla mano a comandante egocentrico. Quello che secondo me non convince è il protagonista che nonostante il trucco non riesce proprio a scrollarsi di dosso l'aria da nuovo arrivato. Qualcuno lo definisce un film lento, credo che se non lo fosse stato non sarebbe stata così tangibile l'attesa dei tartari che non arrivano mai e che abilmente nonostante la loro prossimità non compaiono visibilmente nemmeno nel film.
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mondolariano
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sabato 23 aprile 2011
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una metafora del non senso della vita
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Magnifico. Magnifico se si considera che al cinema le qualità di un romanzo vengono a volte mortificate. Anzi, in questo caso il senso del nulla inteso come vuoto esistenziale avrebbe rischiato di sprofondare nella noia ciò che nel libro costituisce un capolavoro. Il cinema vive soprattutto di immagini in movimento, non di parole, ed è vittima dello “spettacolo” che il pubblico si aspetta sempre di vedere. Di fronte ad una trama concettuale, composta da atmosfere sospese nel nulla, la delusione del grande pubblico è quasi scontata. Ma chi sa provare le giuste emozioni sa che nel “Deserto dei Tartari” la noia è la protagonista stessa della vicenda: i mulinelli di sabbia, la nebbia, il cavallo bianco, l’orizzonte osservato coi binocoli, le luci misteriose che si avvicinano anno dopo anno, la più sterile immutabilità quale metafora del non senso della vita.
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Magnifico. Magnifico se si considera che al cinema le qualità di un romanzo vengono a volte mortificate. Anzi, in questo caso il senso del nulla inteso come vuoto esistenziale avrebbe rischiato di sprofondare nella noia ciò che nel libro costituisce un capolavoro. Il cinema vive soprattutto di immagini in movimento, non di parole, ed è vittima dello “spettacolo” che il pubblico si aspetta sempre di vedere. Di fronte ad una trama concettuale, composta da atmosfere sospese nel nulla, la delusione del grande pubblico è quasi scontata. Ma chi sa provare le giuste emozioni sa che nel “Deserto dei Tartari” la noia è la protagonista stessa della vicenda: i mulinelli di sabbia, la nebbia, il cavallo bianco, l’orizzonte osservato coi binocoli, le luci misteriose che si avvicinano anno dopo anno, la più sterile immutabilità quale metafora del non senso della vita.
Purtroppo, il tempo che passa costituisce anche il punto debole del film, che nonostante i suoi 150 minuti non riesce a rendere verosimile un arco di quasi 25 anni. Accade così che Drogo invecchia all’improvviso, diventando vice-comandante quando sembra ancora sottotenente. Inoltre, dopo 25 anni si sarebbero dovuti vedere i segni del progresso tecnologico (radio, automobili, nuovi armamenti), specie se si considera che nel film - chissà perché - la storia inizia nel 1907 e finisce verso il 1930. Per non dire che negli anni ‘20 l’Impero austro-ungarico non esisteva nemmeno più! Anche questo vuole essere un segno dell’immutabilità delle cose? No, è un grave errore che il romanzo ha avuto l’accortezza di evitare, essendo imprecisata sia l’epoca sia la collocazione geografica del deserto.
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[+] ma quanto dura il tempo aspettando i tartari?
(di starbuck)
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"scott mary"
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martedì 5 luglio 2005
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un'azione coraggiosa.....
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Avevo letto il libro. Lo trovai molto impegnativo... Quando uscì il film mi meravigliai, vista la "tendenza" produttiva di
un'Italia anni '70. Molto ben fatto, forse un po' lungo... ma sicuramente più digeribile del libro. Un film vero, senza effetti speciali, con "location" reali e non in green-back. Un bel cast di attori e una buona regìa. La vera rivelazione?? Giuliano Gemma. Fu il suo primo film visto in una
sala cinematografica. Anzi, a dire il vero
andai fondamentalmente per sapere
"chi era" quest'eroe nazionale, adorato
da donne, ragazzini, mamme e nonne...
La sua era la parte più difficile. Credo
sia stato molto impegnativo per lui, far dimenticare "i suoi eroi" ed avere il coraggio di 'farsi odiare' in un ruolo così
ostico, algido e differente da quello descritto nel libro.
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Avevo letto il libro. Lo trovai molto impegnativo... Quando uscì il film mi meravigliai, vista la "tendenza" produttiva di
un'Italia anni '70. Molto ben fatto, forse un po' lungo... ma sicuramente più digeribile del libro. Un film vero, senza effetti speciali, con "location" reali e non in green-back. Un bel cast di attori e una buona regìa. La vera rivelazione?? Giuliano Gemma. Fu il suo primo film visto in una
sala cinematografica. Anzi, a dire il vero
andai fondamentalmente per sapere
"chi era" quest'eroe nazionale, adorato
da donne, ragazzini, mamme e nonne...
La sua era la parte più difficile. Credo
sia stato molto impegnativo per lui, far dimenticare "i suoi eroi" ed avere il coraggio di 'farsi odiare' in un ruolo così
ostico, algido e differente da quello descritto nel libro. Per gli altri attori era un
ruolo come un altro, ma credo che per Gemma fosse un nuovo inizio. Una svolta.
Se dovessi dare un 'voto' direi 7 per il film
e 8 per Gemma. L'impegno deve esser stato forte. Ma c'è riuscito. Si è fatto odiare. Indimenticabile.
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nico
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sabato 11 agosto 2007
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l'attesa: il nemico peggiore di chi cerca gloria.
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Un sottotenente è mandato non da volontario in una fortezza posta agli estremi confini orientali dell'impero austro-ungarico, dove si estende un immensa area desertica. Cast con i fiocchi per un film molto bello che paga lo scotto di essere volutamente lento in quanto si dedica in modo particolare alla caratterizzazione dei personaggi ed a scene che si soffermano con tempi quasi rallentati sul deserto. Sembra proprio che la carriera militare sia una cosa tanto triste quanto noiosa: si attende invano per anni ed anni un nemico, quasi(forse senza il quasi)lo si desidera per divenire leggenda, dando un senso alla propria vita militare e raccontandolo poi a commilitoni e posteri...ma si invecchia inesorabilmente e quindi anche chi è a capo dell'avamposto, e sua è la sete di gloria più forte(solo il colonnello Filimore sembra esserne immune), deve ad un certo momento lasciare il proprio comando, rimanendo con un pugno di mosche.
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Un sottotenente è mandato non da volontario in una fortezza posta agli estremi confini orientali dell'impero austro-ungarico, dove si estende un immensa area desertica. Cast con i fiocchi per un film molto bello che paga lo scotto di essere volutamente lento in quanto si dedica in modo particolare alla caratterizzazione dei personaggi ed a scene che si soffermano con tempi quasi rallentati sul deserto. Sembra proprio che la carriera militare sia una cosa tanto triste quanto noiosa: si attende invano per anni ed anni un nemico, quasi(forse senza il quasi)lo si desidera per divenire leggenda, dando un senso alla propria vita militare e raccontandolo poi a commilitoni e posteri...ma si invecchia inesorabilmente e quindi anche chi è a capo dell'avamposto, e sua è la sete di gloria più forte(solo il colonnello Filimore sembra esserne immune), deve ad un certo momento lasciare il proprio comando, rimanendo con un pugno di mosche. V'è chi tale amarezza, ormai alle soglie della vecchiaia, non riesce ad accettarla, incrementata dalla inettitudine dello stato maggiore e, sentendosi del tutto incapace ad affrontare una "vita da civile", dopo aver sacrificato la propria esistenza a guardare con una divisa uno immenso spazio desertico, si suicida. Il giovane sottotenente è ormai comandante in seconda; egli non solo invecchia ma si ammala ai polmoni, e proprio nel momento in cui i nemici, quelli tanto attesi, i tartari, arrivano con una intera armata, è costretto a dover anch'egli mandar giù un boccone che nessuno vorrebbe assaggiare, per di più da un amico.
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(di alice)
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domenico rizzi
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lunedì 5 gennaio 2015
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la vita come inutile attesa in un luogo sperduto
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Dal capolavoro di Dino Buzzati, un film veramente d’eccezione, diretto da Valerio Zurlini e interpretato da una schiera d’attori dai nomi altisonanti: Jacques Perrin (Giovanni Drogo) Vittorio Gassman (colonnello Filimore) Giuliano Gemma (maggiore Mattis) Fernando Rey (tenente colonnello Nathanson) Max Von Sydow (capitano Ortiz) Jean Louis Trintignant (ufficiale medico Rovine) Helmut Griem (tenente Simeon) Francisco Rabal (maresciallo Tronk) Philippe Noiret (il generale) Lilla Brignone (madre di Drogo). La trama segue il romanzo soltanto nelle sue linee principali, inquadrando la vicenda, che si svolge in una remota fortezza denominata “Bastiano” (“Bastiani” nel romanzo) ai confini dell’impero austro-ungarico, nei primi anni del Novecento.
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Dal capolavoro di Dino Buzzati, un film veramente d’eccezione, diretto da Valerio Zurlini e interpretato da una schiera d’attori dai nomi altisonanti: Jacques Perrin (Giovanni Drogo) Vittorio Gassman (colonnello Filimore) Giuliano Gemma (maggiore Mattis) Fernando Rey (tenente colonnello Nathanson) Max Von Sydow (capitano Ortiz) Jean Louis Trintignant (ufficiale medico Rovine) Helmut Griem (tenente Simeon) Francisco Rabal (maresciallo Tronk) Philippe Noiret (il generale) Lilla Brignone (madre di Drogo). La trama segue il romanzo soltanto nelle sue linee principali, inquadrando la vicenda, che si svolge in una remota fortezza denominata “Bastiano” (“Bastiani” nel romanzo) ai confini dell’impero austro-ungarico, nei primi anni del Novecento. L’invisibile nemico della guarnigione sono i Tartari, che, dopo essersi ritirati molto tempo prima da quel territorio desertico, incombono con la loro misteriosa quanto fantomatica presenza attraverso dei segni inequivocabili (cavalieri che si muovono nelle tenebre nei pressi della Ridotta Nuova, un cavallo delle steppe catturato casualmente da un soldato) ma in realtà sempre illusori. Il giovane sottotenente Drogo - che spenderà inutilmente la propria giovinezza nella squallida esistenza del presidio, raramente interrotta da qualche evento increscioso, come l’uccisione di un militare ed una spedizione in montagna che causerà la perdita di un ufficiale - spera come gli altri colleghi che i Tartari si decidano a portare il loro attacco alla fortificazione. Quando ciò finalmente avverrà, Drogo, minato da una malattia incurabile, non potrà esserne protagonista e lascerà la fortezza a bordo di una carrozza per trascorrere la sua ultima notte nella stanza di una locanda (nel film, Drogo si spegne lungo il viaggio). Il tema fondamentale del lavoro cinematografico – perfettamente aderente al romanzo di Buzzati - è la vanità delle cose umane, l’inutile attesa della gloria e la beffa che stronca ogni speranza dopo un’esistenza consumata nella futile quotidianità della vita militare. Il regista Zurlini modifica molti nomi dei personaggi con l’intento di storicizzare la vicenda: il tenente Angustina diventa Von Hammerling, il maggiore Matti aggiunge una “esse” al cognome, il tenente Simeoni si trasforma in Simeon e il medico Rovina in Rovine, aggiungendo nuove figure (Nathanson, il tenente Von Rathenau, ecc.) per rendere più credibile il complesso apparato che gravita intorno alla fortezza. Bellissime le riprese notturne, con l’obiettivo puntato sulla distesa sabbiosa del deserto battuta dal vento, come pure quelle girate fra i monti innevati del Gran Sasso. Molti hanno visto in questa produzione intenti anti-militaristici, che rivestono tuttavia un valore marginale rispetto alla tematica dell’ineluttabilità dei destini umani: la morte quale unico punto di arrivo della vita, riflessione che alla fine viene svolta dal moribondo protagonista, con serena accettazione dell’inevitabile conclusione. Girato per buona parte nell’antica fortezza iraniana di Arg-e-Bam, in parte in Alto Adige e a Campo Imperatore in Abruzzo, con gli interni a Cinecittà, “Il deserto dei Tartari” vinse il David di Donatello per la regia nel 1977, battendo il rivale “Casanova” di Federico Fellini. Stupendo il commento musicale composto da Ennio Morricone, che tratteggia mirabilmente le cupe atmosfere della narrazione, accentuando la frustrazione esistenziale dei suoi protagonisti.
Il film di Zurlini è da considerarsi uno dei più riusciti esperimenti di trasposizione cinematografica di un classico letterario. Per i cultori di cinema, una pietra miliare irrinunciabile.
Domenico Rizzi, scrittore
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fedeleto
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martedì 19 febbraio 2013
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il deserto del nulla
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Il sottotenente Drogo,giunto alla fortezza di Bastiani in mezzo al deserto,si unisce agli ufficiaili e al clima desolato che lo circonda.Il deserto sembra sempre piu' vuoto fino a quando sembra che la popolazione dei tartari sia nelle vicinanze.E' arrivato il monento di attacare,peccato che Drogo dopo una vita passata alla fortezza ora sia malato e debba andarsene,ma viene veramente questa popolazione ad attaccare?Valerio Zurlini(la prima notte di quiete,estate violenta,cronaca familiare) dirige uno dei suoi film senza dubbio migliori.Tratto dal romanzo di Buzzati,il film e' sceneggiato da Bertuccelli e Brunelin,con l'aiuto dello stesso Zurlini e Buzzati.Un cast di tutto rispetto(Max Von Sydow,Vittorio Gassman,Jacques Perrin,Fernando Rey,Trintignan) e location suggestive(un castello diroccato in Iran).
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Il sottotenente Drogo,giunto alla fortezza di Bastiani in mezzo al deserto,si unisce agli ufficiaili e al clima desolato che lo circonda.Il deserto sembra sempre piu' vuoto fino a quando sembra che la popolazione dei tartari sia nelle vicinanze.E' arrivato il monento di attacare,peccato che Drogo dopo una vita passata alla fortezza ora sia malato e debba andarsene,ma viene veramente questa popolazione ad attaccare?Valerio Zurlini(la prima notte di quiete,estate violenta,cronaca familiare) dirige uno dei suoi film senza dubbio migliori.Tratto dal romanzo di Buzzati,il film e' sceneggiato da Bertuccelli e Brunelin,con l'aiuto dello stesso Zurlini e Buzzati.Un cast di tutto rispetto(Max Von Sydow,Vittorio Gassman,Jacques Perrin,Fernando Rey,Trintignan) e location suggestive(un castello diroccato in Iran).accompagnate dalle ottime musiche di Morricone.Il film ancora una volta affronta le tematiche care di Zurlini.la solitudine e l'abbandono.Il personaggio di Drogo(interpretato da un buon Perrin) e' un ragazzo giovane quando parte per la fortezza di Bastiani,ne esce moribondo e malato proprio perche' forse questa fortezza ha assorbito ogni sua linfa vitale.Il film inizia con l'abbandono,Drogo che lascia la ragazza e la famiglia,dicendo che dopo aver superato gli alberi non si voltera',il passato ancora una volta viene lasciato alle spalle,e la sua determinazione porta la forza necessaria per partire..Appena arrivato conosce alcuni degli ufficiali,dal conte Filmore,al capitano Ortiz,tutte figure in cui vige un senso del dovere,ma uno di questi invece risulta essere forse quello piu' ambiguo e crudele,ovvero il maggiore Matis(interpretato da un ottimo Giuliano Gemma).Drogo seppur inizialmente vorrebbe andarsene poco dopo invece vuole rimanere,convinto che prima o poi i tartari arriveranno e ognuno potra' dimostrare di essere qualcuno e uscira' da quella monotonia che avvolge la fortezza da anni.Ma c'e' davvero qualcosa che vaga in quel deserto?oppure e' l'immaginazione che appunto prende vita,proprio come un miraggio nel deserto.La loro acqua infatti e' vedere qualcosa di diverso,poter diventare ed essere qualcosa o qualcuno,e non un pezzo della fortezza.Il momento in cui Drogo ha questa possibilita' non riesce ad afferrarla perche' malato.Dunque un destino ha deciso per lui,la sua avventura finisce qui senza onori nonostante lui abbia dedicato la vita(come ammette lui stesso) a questa causa.La metafora di Zurlini si sposta verso una critica sociale in cui ogni uomo viene impriogionato e nel momento in cui puo' contar qualcosa viene allontanato.Il romanzo pertanto,possiede l'atmosfera surrealista,e tal metafora del miraggio non e' del tutto da scartare.Il realismo a cui ci ha sempre abituati Zurlini ovviamente pero' prende il sopravvento.Parecchie le scene che rimangono impresse,dal lento gocciolare che porta pensieri a Drogo,all'ammutinamento,allo sparo di un soldato che ne uccide un altro solo perche' non sapeva la parola d'ordine fino a al finale in cui gli occhi di Drogo si chiudono,coprendo la vista e quindi un lento scendere del sipario.Forse come dice Ortiz li c'e' solo il nulla,o forse solo quello che noi vogliamo immaginare.Ma ad ogni modo la fortezzai Bastiani e' la fortezza della solitudine. Da vedere.
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