Forse il film più controverso di Visconti, parrebbe la traslazione intimistica del Gattopardo, più crepuscolare e dimessa; forse non altrettanto raffinata e letteraria, ma non per questo meno chiaroveggente e impietosa. La stessa cornice del film sembra un azzardo: Visconti crea una dialettica che in alcuni passaggi risulta improponibile, forzando la coesistenza di due realtà inconciliabili: e difatti in quella chiusa, meditativa, letterariamente vecchio-borghese del Professore l'intrusione di elementi anti-letterari (cioè attinenti alla realtà contemporanea e pertanto irrappresentabili dalla letteratura e dall'arte), sortisce effetti di curioso anacronismo, d'insensata ostinazione a parlare della realtà con ciò che non esiste più. Ma tale dissonanza è in realtà cercata e voluta dal regista, che non imbastisce una controversia ideologica fra due mondi, ma si limita a farli stridere. Si obbietterà che gli strumenti culturali di Visconti restano sempre gli stessi (il riferimento a quelli mitteleuropei e decadenti è sempre presente: a parte Proust, si pensi ad esempio all'intellettuale manniano di racconti 'domestici' come Disordine e dolore precoce o persino Cane e padrone ); si noti come tuttavia il regista ci mostri quegli stessi strumenti nel loro inevitabile disfarsi, come se li stesse utilizzando per l'ultima volta, come se egli fosse consapevole che dopo Gruppo di famiglia non avrà più nulla da dire. Decisiva è a tal proposito la metafora dei quadri di famiglia, nei quali sono emblematicamente riassunti i suoi precedenti film; c'è dell'altro: l'idea di riconsiderarli acriticamente, in senso rigorosamente e silenziosamente ornamentale, nel chiuso di un 'interno' dove l'ultimo gruppo di famiglia sta recitando l'ultimo di essi. Perdipiù i continui riferimenti a barche, automobili, viaggi, intrallazzi politici (tutte prerogative della nuova e intrusiva borghesia volgare) in un contesto, solipsisticamente immutabile, nel quale nulla di tutto questo si vede o appare appropriato, se da un lato sembrano accentuare quegli effetti di anacronismo, dall'altro ne sono proprio l'assurda attestazione. Visconti probabilmente cerca uno straniamento; sicché il film resta nell'ambiguità e non risolve le forzature, ma suggerisce comunque efficacemente il declino di una generazione intellettuale, la stanchezza dell'artista sorpassato dalla storia, la stessa aporia del concludere, come mostra lo scioglimento finale, o forse del dare senso al reale.
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