Checché ne dicano i critici, il film E' un documentario. I fatti, i personaggi, i discorsi che vi compaiono sono tutti realmente esistiti. I registi partono dall'omicidio di Martin Luther King per compiere ripetuti ed eleganti passaggi dagli USA loro contemporanei (anni '70) all'epoca dello schiavismo. Lo schiavismo è mostrato in maniera cruda e realistica, ma critici prevenuti o troppo bigotti hanno trovato più scandaloso le nudità degli attori che le angherie - realmente avvenute - descritte nel film-documentario. I registi sono come viaggiatori nel tempo (la ripresa è in soggettiva) che, balzando da un luogo all'altro e da un tempo all'altro, girano il proprio documentario interagendo direttamente coi personaggi. I fatti storici che vogliono descrivere non sono semplicemente descritti, ma messi in scena, perché siano colti nella loro drammaticità e corporeità dagli spettatori.
Il problema, per Jacopetti e Prosperi, è quello di aver perseguito il crudo realismo ed un certo cinico pessimismo verso l'umanità, senza abbandonarsi a schemi ideologici o idealizzazioni. L'abbruttimento degli schiavi negri è mostrato senza pietà, e ciò ha dato il destro ai loro critici per bollarli di "razzismo", quando il film è in realtà un duro atto d'accusa verso lo schiavismo ed il razzismo stesso. Non vi sono attacchi diretti, al massimo frecciate ironiche, che però non risparmiano nessuno: civiltà occidentale, mondo anglosassone, protestanti e cattolici, marxisti e pacifisti, gli stessi negri d'America. Jacopetti e Prosperi non aderiscono ad alcun indirizzo ideologico, ma colpiscono i più sacri idoli della società del loro tempo (gli USA "liberatori" e "portatori di civiltà", la "giusta" Chiesa cattolica, il marxismo "redentore" e così via), e ciò li espose agli attacchi brutali della critica, coi suoi giudizi tanto lapidari quanto stupidi ed immotivati.
Un film da vedere e rivalutare.
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