Il gatto a nove code

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Un film di Dario Argento. Con Rada Rassimov, Tino Carraro, James Franciscus, Catherine Spaak, Karl Malden.
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Giallo, durata 112 min. - Italia, Francia, Germania 1971. MYMONETRO Il gatto a nove code * * 1/2 - - valutazione media: 2,95 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La modernità all'ombra dell'arcano Valutazione 4 stelle su cinque

di E. Hyde


Feedback: 1505 | altri commenti e recensioni di E. Hyde
giovedì 9 giugno 2016

Il gatto a nove code allude alle molte soluzioni possibili dell'indagine oppure a diverse combinazioni cromosomiche. Perché il secondo film di Dario Argento, che suscita riflessioni filosofiche nonché sul ruolo della scienza, ha come argomento di fondo la presunta predisposizione genetica alla criminalità dovuta a un cromosoma maschile soprannumerario (47, XXY), tema molto sostenuto nella comunità scientifica di quegli anni. Un altro tema importante del film è la percezione: non manca una citazione di “Blow up” dell'amato Antonioni. Girato a Torino in quasi tutti gli esterni e a Roma in gran parte negli interni, anche se evita luoghi troppo riconoscibili, il film manifesta per la prima volta uno dei tratti importanti dello stile del regista: l'uso delle architetture originali e di avanguardia, che stabiliscono spazi interagenti con l'azione come personaggi; luoghi che sembrano prendere vita. Cominciando come un poliziesco classico, con una caratterizzazione realista dei personaggi insolita per Argento, il film, dopo una lunga parte lenta e in verità non particolarmente originale entra in una dimensione onirica, visionaria, delirante, con l'assassino sempre più violento e sadico, fino a diventare una inquietante fiaba nera. Dopo false piste e false bandiere il finale, girato a Pomezia, é meraviglioso. Argento manifesta tutta la sua abilità nel costruire la suspense come nella sequenza nel cimitero, anch'essa da antologia. Molto bella e atmosferica la colonna sonora di Ennio Morricone, dall'indimenticabilmente tema che accompagna la piccola dolce Cinzia De Carolis a dissonanze cacofoniche passando per oscure improvvisazioni jazz. Nel cast due dei migliori attori che Argento abbia mai avuto, James Franciscus e soprattutto Karl Malden, mentre Catherine Spaak rappresenta bene le figlie viziate dell'aristocrazia alto-borghese che trasgrediscono i limiti di velocità mentre violazioni ben più gravi vengono commesse nelle case dei loro genitori e negli istituti di ricerca. Come sempre ad Argento riescono felicissimamente - perchè risentono meno dell'adeguamento a un percorso razionale dell'astrazione da marionette, dell'irrazionalità dei suoi caratteri - i personaggi di contorno, come il funzionario dell'istituto di ricerca (Carlo Alighiero), la sua fidanzata (Rada Rassimov), il simpatico commissario (Pier Paolo Capponi), il paparazzo (Vittorio Congia) il collega omosessuale – figura ricorrente in Argento - (Horst Frank) del ricercatore protagonista (Aldo Reggiani). Anche nel suo look “americano”, nella sua levigatezza più del solito per un film di Argento, sorprendono il suo senso dell'inquadratura, la splendida fotografia, le evocative scenografie; in ogni caso il suo approccio cauto, anche se Argento lo sentiva stretto, è comunque una qualità; il film non può mancare di soddisfare un largo pubblico, e infatti ebbe un grande successo. Come in tutti i film di Dario Argento c'è una inquietudine sessuale, una ambiguità dietro la facciata dei personaggi convenzionali, con richiami a perversioni di vario genere; ad esempio il rapporto morboso tra il prof. Terzi e la figlia adottiva, che è anche la sua amante segreta. Anche l'elemento esoterico é ben presente: Torino é una città con un'architettura razionale ma di una sommersa cultura esoterica, di credi e devozioni all'occulto. E uno degli omicidi non sembra riferibile al plot del film - di tipo tradizionale - ma piuttosto la rappresentazione di un solenne rituale, liberatorio e collettivo.

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