Detenuto in attesa di giudizio

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Un film di Nanni Loy. Con Gianni Bonagura, Alberto Sordi, Lino Banfi, Elga Andersen, Antonio Casagrande.
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Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 99 min. - Italia 1971. MYMONETRO Detenuto in attesa di giudizio * * * - - valutazione media: 3,42 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

TERRIBILMENTE VERO Valutazione 4 stelle su cinque

di Luigi Chierico


Feedback: 36971 | altri commenti e recensioni di Luigi Chierico
domenica 2 novembre 2014

Ho rivisto dopo oltre 40 anni questo ottimo film,una coraggiosa denuncia al sistema giudiziario in Italia,voluto dal noto regista Nanni Loy e dal grandissimo attore Alberto Sordi. Mi sconvolse allora e mi sconvolge ora! Non è cambiato nulla da quando uno di noi ha che fare con la così detta Giustizia! “Niente è mai semplice quando si ha a che fare con la Giustizia”,avverte un detenuto al geometra Giuseppe Di Noi tornato disgraziatamente in Italia dalla Svezia,dopo sette anni con la sua famiglia. Tornando canta:“Ma l’Italia è un’altra cosa che sta qui nel cuore”. Oh perché Italia,Italia di tanto inganni i figli tuoi? Viaggia col più bel sorriso,proprio quello di Alberto Sordi,attraversa una galleria,un tunnel nero;è il suo ingresso buio,il suo futuro oscuro senza alcun barlume di luce,di speranza. La tanto amata Italia l’attende con un mitra! Non ha il diritto di sapere,c’è un diritto di procedura penale e tanto basta. Si consuma una violenza inaudita sul corpo e sulla psicologia di un detenuto prima ancora che sia condannato,appunto come se fosse uno Di Noi. E la violenza la commette lo stato di diritto alla pari di qualunque carcerato condannato per un qualsiasi delitto. Uno Stato di ignoranti e presuntuosi,non si conosce cosa fare di due corone svedesi,cosa mai saranno? Una residenza all’estero,e come si scriverà mai? Sorvoliamo dice il giudice,ignorante,ma vestito d’autorità,e pertanto pericoloso come tutti coloro che hanno un potere, dal bidello al preside,dal commesso al Presidente.Il grande,grandissimo Sordi porta sul volto il dramma di una vittima che rasenta la tragedia se non fisica,interiore. Già perche una volta in carcere solo per essere indagato non si è più nessuno :”Devi dire superiore,superiore a chi?”si domanda Giuseppe. Basta una carezza data attraverso il vetro di un vagone riservato all’incredulo detenuto a ridargli un sorriso e per un sol momento fiducia. Non è così,la sua odissea,di cui il regista non ha voluto indicarci la durata,passa di carcere in carcere, anche per Regina Coeli,La Regina dei Cieli, mai un nome per un inferno fu meno appropriato! Ed è proprio la celebrazione di una messa in carcere,durante la quale è proibito a detenuti rispondere alle invocazioni,che inizia una pacifica forma di ribellione che sfocia in una rivolta per il cattivo vitto. Ancora una volta Di Noi è vittima delle circostanze al punto di subire una tentata violenza carnale, episodio frequente in tutti i film in cui si mostra la vita in carcere da”Il miglio verde” al“Le ali della libertà”. Già perché non soltanto lo Stato violenta il detenuto,ma anche gli stessi detenuti. C’è poi l’ambiguo comportamento dei secondini, collegati a studi legali,o pronti a far favori dietro lauto compenso.Il film è una vera denuncia al sistema giudiziario italiano,ma non ci si sottrae lo stato che prevede la pena di morte. Dopo tanti abusi vien fuori che tutto è accaduto per via di una serie mancanze del sistema giudiziario. C’è poco da augurare “Arrivederci in Italia”,c’è solo da urlare Addio Italia,mai più ti rivedrò. La più triste considerazione nell’aver rivisto ora questo film del 1971, girato dopo l’arresto dell’innocente Lelio Luttazzi, il musicista delle favole, il poeta della tastiera al pianoforte, è quella di constatare che ancora una volta nel 1983,a tacer d’altro, il tribunale di Napoli è incorso in un maggiore ed imperdonabile errore nei confronti del detenuto, e poi condannato innocente E.T.,che non nomino per non profanarne il nome.

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