Una storia d'amore

Roy Andersson esordisce alla regia nel 1970 (dopo già una serie di cortometraggi) con questo primo lungometraggio (En kärlekshistoria) Una storia d'amore. La pellicola racconta di un amore adolescenziale nato tra due giovani: Pär di quindici anni e Annika di tredici durante un'estate. Andersson mostra sin dai titoli di testa la sua ironia: lo spavaldo Pär alla guida della sua moto (che sembra scimmiottare il Marlon Brando de "Il selvaggio") viene infine superato da un ciclista. La camera sembra sviarci, confonderci, mostrandoci altri personaggi, altre realtà apparentemente secondari e secondarie ma fondamentali come per il loro primo incontro. L'incontro avviene per caso durante una visita alla casa di cura del nonno di lui e di un'altra parente per lei, i personaggi che abitano le due famiglie si alternano nel montaggio pur muovendosi nel medesimo luogo, mostrandocene le differenze. L'innocenza dei primi sguardi tra i due, durante la fila al bar, la timidezza nel farsi avanti e nel repentino ritrarsi quando attorno è in atto la prima tragedia (del nonno che non vuole più andarsene) così nel magistrale finale (del padre di Annika): ciò che avviene al di fuori, nel reale, per i due innamorati non ha alcuna importanza, non ha peso perché vivono in uno "stato di grazia". E' la spensieratezza degli innamorati non senza contrasti e rivalità, la paura di farsi scoprire e la vergogna. Tra il cast è presente il Tadzio della "Morte a Venezia di Visconti dell'anno successivo, spalla del protagonista. E' un Roy Andersson più che mai lontano da quello della Trilogia esistenzialista de "Songs From the Second Floor" 2000, "You, the Living" 2007 "Un piccione su un ramo riflette sull'esistenza" 2014, meno autoreferenziale, più tradizionale al gusto degli anni '70 ma non meno poetico ma soprattutto politico del contemporaneo, rivolgendo un'aspra critica alla società dei consumi. "Una storia d'amore" è nel suo genere un piccolo capolavoro, di un regista tutto da ri-SCOPRIRE.