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In linea con gli spunti di denuncia antiborghese di molti film della fine degli anni Sessanta questo western, l’ultimo dei tre diretti dal toscano Piero Pierotti, che ha messo mano anche a soggetto e sceneggiatura, spicca per originalità. I “buoni” sono scelti al margine della società “civile”: Black Talisman, un fuorilegge che vive in una città fantasma con la sola compagnia di un indiano appassionato dei serpenti e della sua squaw e Shanda, una prostituta scampata al pogrom promosso dalle donne della buona società contro le ragazze che lavorano nel saloon. A renderlo “unico nel suo genere”, come promette la voce fuori campo nel trailer, non sono però soltanto i protagonisti, poco comuni ma non unici nella storia del western all’italiana, quanto l’atmosfera e le situazioni. Quasi tutti i personaggi appaiono sopra le righe, dalla perfida dark lady sadomasochista che sobilla il linciaggio delle prostitute e tesse le sue trame per controllare la città al cinico seviziatore della protagonista che si diletta a bere sangue d'agnello. Tra le scene di culto c’è anche la cruda fustigazione da parte delle donne “perbene” di una giovane Edwige Fenech nei panni di una delle ragazze del saloon. Decisamente fuori dalla norma anche il delirio finale del protagonista che sceglie di farsi massacrare dagli “uomini della Legge” per regalare la sua taglia all’amata Shanda. Buone le interpretazioni delle due prime donne Sheila Rosin (Shanda) e Daniela Surina, la dark lady, che solo due anni prima era stata Giovanna nel film “La Cina è vicina” di Marco Bellocchio. Meno legnoso di tanti altri suoi connazionali appare il protagonista John Ericson che ha anche la fortuna di essere doppiato da Riccardo Cucciolla.
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