Plagio |
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Un film di Sergio Capogna.
Con Ray Lovelock, Mita Medici, Alain Noury, Cosetta Greco, Dino Mele.
continua»
Drammatico,
durata 85 min.
- Italia 1969.
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Un regista precursore ingiustamente sottovalutato
di woody62Feedback: 6249 | altri commenti e recensioni di woody62 |
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sabato 18 agosto 2018 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Sono molte le analogie che legano “Plagio” di Sergio Capogna a “The Dreamers – I sognatori” che Bernardo Bertolucci ha realizzato nel 2003, 35 anni dopo, basandosi su un libro di Gilbert Adair. Il “manage a trois” di tre studenti ai tempi della contestazione giovanile del '68 (Bologna per Capogna, Parigi per Bertolucci); le strane dinamiche delle relazioni tra la ragazza e i due ragazzi, in appartamenti e ville solitarie (con un accenno all'omosessualità in Capogna e un esplicito richiamo all'incesto in Bertolucci): la componente erotica (solo accennata in Capogna, molto forte in Bertolucci). Insomma due opere curiosamente connesse dove il livello artistico è naturalmente diverso – Bertolucci è Bertolucci -, ma dove Sergio Capogna non sfigura affatto, nonostante una critica spesso non benevola. “Plagio” è il terzo film di una carriera interrotta dalla scomparsa prematura – morirà nove anni dopo nel 1977. La storia che vede protagonisti i diciannovenni Mita Medici e Ray Lovelock, alle prime esperienze di cinema e il francese Alain Noury, mostra talvolta delle ingenuità stilistiche e di sceneggiatura (il legame con la contestazione giovanile resta sfumato e quasi estraneo alla vicenda), ma la narrazione del complesso rapporto tra i fidanzati Massimo e Angela e il problematico e ricco Guido, nel suo crescendo di amicizia, passione, erotismo, fino al culmine della tragedia finale, lascia comunque un segno. Ciò grazie alle belle interpretazioni della Medici e di Lovelock; grazie alla fotografia di Antonio Piazza che propone Bologna e Rimini in chiave invernale, tra nebbie malinconiche e giorni di pallido sole; grazie alla eterogenea colonna sonora che mischia con coraggio e comunque gusto, brani pop inglesi degli anni '60 con Peppino Gagliardi e Patti Pravo e con l'Adagietto della Quinta Sinfonia di Mahler che poi sarà ripreso da Visconti per “Morte a Venezia” qualche anno dopo. Un film che merita di essere visto per un regista precursore ingiustamente sottovalutato.
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