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"La vie, l'amour, la mort"(CLaude Lelouch, 1969). Ovvero:Lelouch , questo quasi sconosciuto, che ha trattato tanti temi: come in"La Bonne Année"(1974, oggi attualissimo, vista la data di fine anno-passaggio d'anno), con la vita dietro le sbarre e il"fuori", per i cambrioleurs, come in"L'aventure c'est l'aventure"(1972)dove l'avventura è anche beffa al mondo, qui invece siamo sul registro serio, quello che ci parla della pena di morte. Un grande(compianto, ormai)Amidou, interpreta un operaio sposato con figli, aveva ucciso tre prostitute e viene condannato(in Francia in quegli anni c'era ancora la pena di morte..., anzi ci sarà fino al 1981, anno dell'abolizione da parte di François Mitterand. Senza retorica, senza inutili lai, Lelouch espone il problema, ci mette di fronte alle possibili soluzioni, ci spiega non l'antidoto, ma si limita, ma con grande lucidità e intelligenza, a porre ed es-porre il problema. Mancano"zeppe", contenitori inutili, manca tutto il corredo moralistico che altri(intellettuali, sociologi etc.)avrebbero in parte posto o meglio frapposto. Porre il problema, ancora"regnante"o quasi Charles De Gaulle(si dimette nell'aprile 1969), presidente repubblicano, il cui successore sarà il suo dauphin Pompidou, non era cosa da tutti e che l'abbia fatta Lelouch, che Godard e altri consideravano un"qualunquista"o qualcosa di simile, non è da tutti, è semmai una prova di coraggio, quando nessuno affrontava temi simili, appunto, Anche Marcel Bozzuffi, anch'egli scomparso(gli anni passano...)nella parte del commissario, non è da meno,. Film da antologia, magari a patto che si abbia un po'la capacità di storicizzarli... El Gato
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