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Girato in 16 mm,il film più "normale" di Bene,ma non certo di facile accesso al pubblico,anzi.Ispirato al dramma elisabettiano "Arden of Faversham",una continuazione del discorso iniziato con "Nostra Singnora dei turchi",meno originale,volutamente ostica e sgraziata:i protagonisti parlano in dialetto sgrammaticato(uno sembra la versione vecchia di Abatantuono che fa "o'terrunciello"),la Ferrari alle volte è doppiata alle volte no(in certi casi la voce sembra quella della Wiazemsky).Ciò nondimeno esprime riflessioni personali non banali sull'inadeguatezza dell'arte in raccordo con la realtà,sulla capacità della(non)espressione dell'immaginario in uno spazio materiale,e sulle debolezze dell'artista di fronte al consumismo della società(al contrario del poeta,che rifiuta le lusinghe).Non manca l'ironia nella rilettura delle suggestioni culturali contemporanee,con l'uso straniante della musica e gli sprazzi erotici e kitsch.In questo caso Bene compare poco sullo schermo.Rinuncia a Lydia Mancinelli(per la prima e ultima volta)e commenta poco(le citazioni che accompagnano la Ferrari nuda che porta in tavola manicaretti appetitosi vengono da "Miti d'oggi"di Roland Barthes).Come il film precedente del regista/attore,il pubblico non seppe che farsene.Un'occhiata io la consiglio,posto che già si sappia cosa aspettarsi.
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