Grazie, zia |
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Un film di Salvatore Samperi.
Con Gabriele Ferzetti, Lisa Gastoni, Lou Castel, Nicoletta Rizzi, Massimo Sarchielli
Drammatico,
durata 94 min.
- Italia 1968.
MYMONETRO
Grazie, zia
valutazione media:
2,88
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Eros e Thanathos...in quel di Padovadi gianleo67Feedback: 61482 | altri commenti e recensioni di gianleo67 |
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venerdì 1 giugno 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Alvise, rampollo viziato e ribelle di una ricca famiglia di industriali veneti, finge una paraplegia per attrarre le attenzioni di genitori distratti. Finisce accudito in casa della bella e matura zia materna. Tra una nevrosi e l'altra il rapporto tra i due si fa sempre più morboso e malato. Epilogo tragico. Dramma psicologico giocato sul registro ironico di una di una poco convincente satira anti-sociale e su quello ancor meno riuscito di pruriginosa e iconoclasta commedia di costume. Gli elementi che vorrebbero definire il clima di contestazione sociale e politica (correva l'anno 1968!) paiono ingenuamente abbozzati in una cornice ideologica superficiale e spesso irritante, risolvendosi talvolta con ridicole soluzioni figurative (il plastico che riproduce un classico scenario di guerra in Vietnam, la demenziale contabilità degli 'offesi' sul campo, la reazionarietà retriva del falso intellettuale 'liberal' impegnato in un reportage sulla tragedia degli alluvionati, persino un primo piano di un ritratto di Stalin!). Vale più come tragica messa a fuoco di una certa disgregazione dei valori sociali tradizionali (la famiglia, la repressione sessuale, il rigetto di convenzioni piccolo-borghesi) e più sul piano teorico che pratico. Un esordiente e acerbo (ancorchè abile) Samperi si cimenta con un soggetto difficile e dal fascino morboso, ma sbaglia sovente il registro e pare più interessante nel filmare il dettaglio di un disagio esistenziale attraverso la gestualità ed il linguaggio non verbale che nella insistita prolissità declamatoria di certe scene. Non giova alla causa nemmeno un ritmo frammentato e discontinuo (ancorchè sostenuto da una ossessiva litania fanciullesca del maestro Morricone), nè la scialba prova degli attori: un Lou Castel gigione e un pò sopra le righe ed una Lisa Gatoni di algida staticità. Di routine la prova del sempre bravo Ferzetti. Finale un pò fiacco, dove le pulsioni autodistruttive e la morbosità dell'incestuoso rapporto sado-masochistico tra i due protagonisti non raggiungono un climax di tragica credibilità. Una buona occasione mancata.
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