2001: Odissea nello spazio |
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Un film di Stanley Kubrick.
Con Keir Dullea, Gary Lockwood, William Sylvester, Daniel Richter.
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Titolo originale 2001: A Space Odyssey.
Fantascienza,
Ratings: Kids+16,
durata 140 min.
- USA, Gran Bretagna 1968.
- Warner Bros Italia
uscita lunedì 13 febbraio 2023.
MYMONETRO
2001: Odissea nello spazio
valutazione media:
4,84
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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A lezione di fantascienza dal maestro Kubrikdi Cress95Feedback: 6405 | altri commenti e recensioni di Cress95 |
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lunedì 10 agosto 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Personalmente ritengo che Kubrik sia stato il più grande regista di tutti i tempi. Voglio dire: chi altri è stato capace di sintetizzare concetti estremamente complessi come l'evoluzione in semplici scene come quella in cui un primate colpisce una carcassa d'animale, armato di un osso che ha appena realizzato di poter e saper brandire?
Ed è proprio l'evoluzione la vera e propria protagonista dell'immortale e trascendentale opera del Maestro, evoluzione che fa da palcoscenico al dramma, all'inquietudine crescente che da sempre ha spaventato e al contempo affascinato il genere umano: la paura di rimanere schiacciato dal progresso, di restare vittima del proprio stesso genio, della propria tecnologia. Il terrore nutrito dall'uomo che quell'istinto primordiale a superare i propri limiti possa un giorno diventare la causa della sua stessa rovina.
In questa famosissima trasposizione cinematografica del soggetto di Arthur Clarke (che successivamente ne avrebbe tratto la sceneggiatura per l'omonimo romanzo), il conflitto uomo-macchina viene affrontato dal Kubrik come mai fatto prima di lui (e anche dopo a dir la verità) e approfondito nell'idea di una macchina (l'intramontabile Hal 9000, doppiato nella versione italiana dal grande Gianfranco Bellini) talmente perfetta da rivelarsi alfine imperfetta, sviluppando sentimenti umani che la impongono di prepotenza (e di pieno diritto) nell'immaginario cinematografico mondiale.
La stupefacente bellezza dell'opera che ha definito cosa si intente per "fantascienza" riposa anche nella cura maniacale che viene data ai dettagli: la vita degli astronauti a bordo della "Discovery One" è così dettagliata da trasmettere ogni fibra della sua claustrofobica e asfissiante essenza; l'infinita ostilità dello spazio è riprodotta senza mezze misure, in un silenzio assordante nel quale a far da padrone è un alienante "Danubio blu" (l'opera di Johann Strauss), che non rompe, bensì accentua la riflessione metafisica di sfondo al dramma della vicenda intera.
L'esperienza visiva realizzata dal Kubrik non ha, e non può avere eguali: il coinvolgimento dello spettatore ha pure finalità catartiche, alla pari di quella astrazione dalle umane contingenze che porta l'astronauta Bowman (Keir Dullea) a divenire infine parte viva dell'universo, dopo essersi liberato del suo essere mortale, sotto forma di quel metaforico "bambino delle stelle" che domina il finale.
Hal 9000 e la sua razionale superbia non sono che l'emblema dell'inesorabile futuro che attende l'uomo nella prospettiva di un cattivo uso dell'ancestrale e misterioso dono dell'evoluzione (il famoso monolite), dono che lo rende partecipe del mistero dell'universo, perché proprio dai suoi meandri più oscuri esso proviene.
La pellicola si chiude dunque in modo circolare, con un incisivo "Così parlò Zarathustra", il poema sinfonico di Richard Strauss d'apertura dell'opera, usato saggiamente per sottolineare i momenti di maggior metamorfosi, la più grande e importante delle quali è stata quella condotta dalla pellicola stessa nello sfondo disordinato e contorto del genere fantascientifico dello scorso millennio.
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