A Topo Paolino. Sono MOLTO d'accordo con la tua recensione sul film di Kubrick. Io ne sono un entusiasta estimatore. Per me “2001 – Odissea nello Spazio” è uno dei pochissimi film di “vera” fantascienza. Devo averlo visto, negli anni, più di una ventina di volte. E' stata una sorpresa per me scoprire, a suo tempo, che Arthur C. Clarke, noto astrofisico, e Kubrick hanno collaborato per produrre, ognuno nel suo linguaggio, un'opera magnifica nata da una intuizione di entrambi. Ho scoperto che il libro e il film sono complementari: non si può capire appieno l'uno se non si è visto l'altro!
Parto da una constatazione di fatto. Quando uno scienziato ha delle intuizioni profonde e impegnative, ma che non può dimostrare scientificamente, e non può sottoporre al vaglio severo delle pubblicazioni scientifiche, scrive un romanzo di FANTASCIENZA nel quale espone e sviluppa la sua intuizione. La pubblicazione diventa una specie di messaggio in BOTTIGLIA lanciato nell'umanità: se qualcuno lo raccoglie e scopre di avere intuizioni simili, potrebbe mettersi in contatto con l'autore e sviluppare una interazione MOLTO fruttifera di conseguenze. Ecco, vedo l’opera di Clarke in siffatto modo.
Ma, qual è il messaggio in bottiglia? Provo a delinearlo facendo una sintesi delle discussioni avute con i miei alunni in proposito nel corso degli anni. Premetto che sono considerazioni personalissime, scevre da qualsivoglia critica cinematografica classica, e ognuno è liberissimo di accettarle o meno.
Milioni di anni fa una avanzatissima civiltà interstellare scopre che su un grumo di fango vagante nello spazio, il terzo pianeta di un sistema solare all’estrema periferia della Galassia, c’è della vita agli albori e potenzialmente in grado di evolversi. Uno strumento estremamente sofisticato, il famoso monolite, viene inviato sulla Terra per fornire una serie di stimoli indirizzati al cervello di alcuni pre-ominidi. Le spinte evolutive si concretizzano nella risoluzione dei problemi più impellenti della piccola comunità: la conquista delle risorse di acqua e cibo, e la difesa dai predatori.
Prima di abbandonare il Sistema Solare le entità aliene, che NON SI VEDONO MAI NEL FILM, lasciano un monolite sepolto sotto il suolo lunare e un altro in orbita nei pressi di Giove. Il primo funziona come un meccanismo quiescente che si attiva appena viene sfiorato dalla luce del Sole. Infatti è una specie di esca che attira l’attenzione degli uomini che stanno esplorando la Luna, perché emana un campo magnetico molto intenso rivelabile strumentalmente. Il disseppellimento del monolite avviene durante la NOTTE LUNARE, che dura circa 15 giorni terrestri, e la luce del sole nascente colpisce la cima del monolite proprio mentre un gruppo di scienziati sta ripetendo il gesto di sfiorarlo con le mani, inconsapevolmente allo stesso modo degli scimmioni pre-ominidi.
L’attivazione del meccanismo da parte della luce solare produce un segnale che viene inviato all’altro monolite che staziona nei pressi di Giove. Il segnale è piuttosto complesso ed è costituito da un pacchetto di informazioni. La principale informazione si può riassumere con la frase “L’Animale-Uomo si è evoluto tecnologicamente in modo tale da riuscire ad arrivare sul satellite naturale del suo pianeta e scoprire il monolite” – cioè “L’Uomo è arrivato qui!”. Le altre informazioni sono un estratto delle comunicazioni più avanzate provenienti dalla Terra, cioè quelle televisive, per carpire in un istante qualche caratteristica utile per comprendere la cultura umana. Tra quelle “prelevate” a caso in un certo momento potrebbe esserci una pubblicità di pannolini per bambini, un frammento di una partita di calcio, un incidente stradale, una azione di guerra, ecc. Tra tutte quelle ricevute ne viene selezionata SOLO UNA da utilizzare per predisporre un ambiente adatto ad accogliere un rappresentante dell’umanità, minimizzando il trauma culturale del contatto. Questo è esattamente il metodo che usano gli esperti per studiare una specie animale: si predispone un ambiente che SIMULI il più fedelmente possibile l’habitat naturale del soggetto, in modo da poterlo studiare con comodo senza porlo in agitazione! In effetti questo spiegherebbe le, apparentemente, incomprensibili scene finali del film.
Il resto del film è abbastanza simile a un thriller nel quale una sofisticata intelligenza artificiale (HAL 9000), cui è demandato il controllo totale dell’astronave in viaggio verso Giove, prende coscienza di sé e tenta di eliminare gli umani sotto la sua custodia per difendere la propria esistenza. Infine l’unico umano sopravvissuto, giunto al termine del viaggio, viene “aspirato” con la sua capsula in una specie di portale che lo conduce alla meta, lontana anni-luce dalla Terra, già stabilita dalle entità aliene. Il percorso iperspaziale è rappresentato da una sequenza quasi ossessiva di immagini di tipo onirico-allucinatorio per esprimere in qualche modo gli stati alterati della coscienza del malcapitato astronauta durante il “viaggio”.
A questo proposito voglio raccontare un episodio curioso. Durante una delle mie ri-visioni al cinema del film, nella sequenza delle immagini “spaziali” del viaggio, dove si percepiva l’avanzamento progressivo all’interno di una nebulosa in un cangiante caleidoscopio di colori accompagnato da una colonna sonora imponente, comparve una zona marroncina che si ingrandiva sempre più fino a sfociare al primissimo piano di una stella che riempì lo schermo d’un bagliore accecante! Ed io pensai stupito “ma questa scena non c’era le altre volte!”… Contemporaneamente piombò il silenzio nella sala del cinema e tutti poterono udire distintamente gli improperi dell’operatore nella saletta di proiezione: si era bruciata la pellicola!
Esempio di come il caso possa essere anche CREATIVO!
Le scene finali di “2001: Odissea nello spazio” si svolgono nell’ambiente SIMULATO ricostruito, dalle entità aliene, probabilmente a partire da un frammento di sceneggiato televisivo ambientato intorno agli anni ’40 o ’50 del secolo scorso. L’ambiente è scarno, sembra una suite d’albergo in stile Liberty, con pareti decorate da quadri, il pavimento luminoso e il mobilio ridotto all’essenziale. C’è un’ampia camera da letto, un bagno, fornito di asciugamani. Nel libro viene descritto un comodino con sopra un telefono e un elenco telefonico. L’elenco telefonico appare tale all’esterno: le pagine sono tutte bianche. Il telefono è muto.
E qui inizia una sequenza di allegorie filmiche. La capsula spaziale è in mezzo alla stanza e l’astronauta vede, attraverso l’oblo, sé stesso in piedi sul pavimento. Poi appare il primo piano del volto dell’uomo chiuso nel casco spaziale: il viso appare invecchiato, con lo sguardo fisso in avanti. Questa volta di fronte a sé la capsula non c’è più. L’uomo in tuta spaziale esplora il bagno, poi quando ne esce vede un uomo anziano, in vestaglia da camera, seduto a mangiare, di spalle, ad un tavolo che prima non c’era. L’uomo smette di mangiare e si volta, come se avesse sentito un rumore proveniente dalle sue spalle: è lo stesso astronauta, invecchiato ancora di più e con i capelli bianchi. Egli si alza, zoppicando leggermente, e va a vedere che nel bagno non c’è nessuno. Poi torna a sedersi, ma il rumore di un respiro ansimante gli fa volgere lo sguardo verso il letto. Al centro del grande letto giace un vecchio, calvo, che ad un tratto volge lo sguardo di fronte a sé, tentando di allungare il braccio malfermo verso il monolite nero che incombe verticale in mezzo alla stanza. Poi il punto di vista si sposta dalla parte del monolite. Sul letto, al posto del vecchio appare una bolla di luce con dentro un feto umano con gli occhi APERTI. Infine l’immagine diventa “spaziale”: di fronte alla Terra appare la sfera con il feto che GUARDA verso il pianeta.
L’interpretazione di queste allegorie, a mio parere, è la seguente. L’astronauta accolto nella simulazione di ambiente familiare segue un “percorso” temporale e logico che raffigura il suo invecchiamento, inteso sia come completamento della vita sia come aumento della sua “saggezza e consapevolezza”. Al culmine della sequenza, al posto del vecchio compare l’”UOMO NUOVO”, rappresentato da un FETO CONSAPEVOLE. Il significato delle allegorie è che si è conclusa la prima fase del progetto sull’Uomo da parte delle entità aliene, le quali innescano una ulteriore spinta evolutiva nell’Umanità per portarla infine – si spera – a renderla matura per il contatto inevitabile con le altre civiltà della Galassia.
Qual è il SIGNIFICATO del messaggio? Dare una POSSIBILE risposta all’enigma, tutt’ora irrisolto dalla SCIENZA UFFICIALE, dell’origine dell’Uomo Moderno, il cosiddetto Homo sapiens sapiens. Certamente oggi abbiamo tutta una serie di teorie e modelli, basati anche sullo studio del DNA mitocondriale, che cercano di spiegare la filogenesi umana a partire dagli Australopitechi, passando dall’”habilis”, all’”erectus” e via dicendo, al Neanderthal (cugino o antenato?), ma senza una conclusione veramente coerente, a parer mio. In breve, il fatto è che l’Homo sapiens sapiens SEMBRA comparire all’improvviso circa 35-40.000 anni fa. Allora il significato del messaggio di Clarke e Kubrick è l’enunciazione dell’ipotesi di un POSSIBILE AIUTINO DALL’ESTERNO, forse più di uno, per spiegare il SALTO evolutivo dell’animale uomo.
Un discorso a parte riguarda il linguaggio filmico espresso da Kubrick. Esemplare tra tutti il passaggio dalla preistoria dell’Uomo all’Era Moderna.
Il regista avrebbe potuto, come nei vecchi film muti, far comparire sullo schermo una banale scritta introduttiva tipo “…E DOPO MILIONI DI ANNI L’UOMO MISE PIEDE SULLA LUNA.”
Invece la scelta del modo è stata geniale, a mio parere: l’esuberanza dello scimmione pre-ominide che ha appena scoperto il primo STRUMENTO, con le sue implicazioni positive e negative – strano! mi sovviene adesso il ricordo biblico della MELA come simbolo della CONOSCENZA, che con l’atto di essere mangiata attesta che l’UOMO, nel CONOSCERE, diventa LIBERO E RESPONSABILE del BENE E DEL MALE che ne potrebbe conseguire (e cosa c’è di PECCAMINOSO in questo?!)– viene espressa nel lancio in aria dell’osso-strumento, e questa immagine dell’oggetto CHIARO roteante nel cielo azzurro trasfigura in una BIANCA navetta spaziale stagliata nel buio dello spazio!
Quale perfetto esempio di sintassi del linguaggio filmico!
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