La resa dei conti |
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Un film di Sergio Sollima.
Con Luisa Rivelli, Lee Van Cleef, Tomas Milian, Walter Barnes, José Torres.
continua»
Western,
durata 108 min.
- Italia 1967.
MYMONETRO
La resa dei conti
valutazione media:
3,24
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La caccia vista dalla parte della predadi Gianni LuciniFeedback: 29149 | altri commenti e recensioni di Gianni Lucini |
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venerdì 16 settembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
C’è un divertente gioco di rimandi e citazioni con Sergio Leone nel primo western diretto dal suo amico Sergio Sollima che si svela fin dal titolo La resa dei conti che è lo stesso di un brano scritto da Ennio Morricone per la colonna sonora di Per qualche dollaro in più. Anche il soprannome di “Cuchillo” dato al personaggio interpretato da Tomas Milian è “rubato” dal nomignolo dato al personaggio minore dello stesso film, il secondo della trilogia del dollaro di Leone. Ai cinefili più esperti non sfugge neppure la somiglianza della pronuncia di “Cuchillo” con quella di “Kikuchiyo”, il personaggio interpretato da Toshiro Mifune ne I sette samurai di Akira Kurosawa. Si può pensare a una fortuita e casuale combinazione ma conoscendo il gusto delle citazioni tipico della generazione di giovani registi che ha inventato e animato il western all’italiana non si può mai dire. Non è l’unica evocazione. La figura della vedova seduttrice che usa e poi riduce in schiavitù gli uomini che passano nel suo ranch richiama la Circe dell’Odissea. E per far capire che non si tratta di un caso Sollima fa rinchiudere Cuchillo nel recinto dei maiali (Circe nel poema di Omero trasforma gli uomini d’Ulisse in maiali). Sempre a Per qualche dollaro in più, invece, allude la scelta di Lee Van Cleef per il ruolo di cacciatore di uomini. Come nel film di Leone è un ex colonnello che deve inseguire e braccare un messicano, ma le somiglianze tra le due pellicole sull’argomento finiscono qui. A differenza del messicano interpretato da Gian Maria Volontè in Per qualche dollaro in più, che era un cattivo a tutto tondo, cinico e violento, il Cuchillo di Sollima è un poveraccio che non sa nemmeno usare la pistola, le cui malefatte si riducono a qualche furtarello e che finisce in una storia più grande di lui solo per la sfortuna di trovarsi nel posto e nel momento sbagliati. Il regista sceglie di raccontare la storia di una caccia all’uomo cercando di dare voce alle ragioni della preda, alle sue paure e anche alle sue furbizie. Lo fa con grande maestria. Nel soggetto c’è la mano di Franco Solinas, lo sceneggiatore di Gillo Pontecorvo, Rossellini e molti altri grandi registi italiani dell’epoca.
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