domenico rizzi
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venerdì 15 maggio 2015
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l'indipendenza ad ogni costo
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Film anticolonialista di Gillo Pontecorvo, che tre anni dopo ne dirigerà un altro – “Queimada” – ambientato in un’immaginaria isola dei Caraibi oppressa dal dominio portoghese.
“La battaglia di Algeri”, girato in bianco e nero nel 1966, rappresenta una delle denunce più dure contro l’oppressione francese dell’Algeria, ma al tempo stesso mette in luce, oltre alle atrocità commesse dalle truppe di occupazione, lo spietato terrorismo del Fronte di Liberazione, che fa esplodere ordigni in negozi, bar, aeroporti, servendosi anche delle donne. La repressione attuata dal tenente colonnello Philippe Mathieu (Jean Martin) obbedisce alla logica dei militari che devono servire lo Stato: l’ufficiale è una medaglia d’oro della resistenza contro i nazisti e utilizza gli stessi sistemi, con torture, ricatti e delazioni, degli antichi invasori.
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Film anticolonialista di Gillo Pontecorvo, che tre anni dopo ne dirigerà un altro – “Queimada” – ambientato in un’immaginaria isola dei Caraibi oppressa dal dominio portoghese.
“La battaglia di Algeri”, girato in bianco e nero nel 1966, rappresenta una delle denunce più dure contro l’oppressione francese dell’Algeria, ma al tempo stesso mette in luce, oltre alle atrocità commesse dalle truppe di occupazione, lo spietato terrorismo del Fronte di Liberazione, che fa esplodere ordigni in negozi, bar, aeroporti, servendosi anche delle donne. La repressione attuata dal tenente colonnello Philippe Mathieu (Jean Martin) obbedisce alla logica dei militari che devono servire lo Stato: l’ufficiale è una medaglia d’oro della resistenza contro i nazisti e utilizza gli stessi sistemi, con torture, ricatti e delazioni, degli antichi invasori. La vicenda si svolge interamente nella capitale algerina, mentre la guerriglia in atto in altre sedi viene soltanto accennata. Forse una lacuna del film è quella di avere minimizzato il ruolo dell’OAS, l’organizzazione terroristica francese capeggiata da Said Boualam, Pierre Lagaillarde e Raoul Salan, che, volendo conservare l’Algeria alla Francia, rispondeva agli attentati arabi con gli stessi metodi. La sua reazione si sintetizza in un’unica azione condotta nella Casbah, abitata interamente da Algerini, molti dei quali votati alla causa dell’indipendenza. Pontecorvo si serve di diversi attori e figuranti di razza araba (Brahim Haggiag, Jacef Saadi – coproduttore insieme ad Antonio Musu - Mohammed Ben Kassen, la bella Fusia El Kader, la ragazza Samiah Kerbash) per conferire alla sua pellicola – la cui lavorazione si è svolta ad Algeri - una solida credibilità, riproducendo fedelmente l’ambiente della Casbah quanto quello della città europea. Polizia e militari francesi si trovano ad affrontare un problema sottovalutato e incomprensibile ai soldati più giovani (“Ma dove ci hanno mandati?”) che neppure la durezza dei paracadutisti di Mathieu riuscirà a risolvere. Stroncata temporaneamente l’ondata terroristica nel 1959, due anni dopo l’intero popolo algerino scenderà in piazza di nuovo per invocare il diritto all’autodeterminazione, convincendo il presidente francese, generale De Gaulle, a cedere. Le musiche sono del grande Ennio Morricone, che trasporta lo spettatore nell’arida atmosfera del deserto: ad essa ha collaborato lo stesso Pontecorvo. Il film venne vietato in Francia fino al 1971, essendo ancora troppo fresca la ferita lasciata dalla perdita della colonia.
Domenico Rizzi, scrittore.
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stefanocapasso
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martedì 21 agosto 2018
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il cambiamento inevitabile
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A metà degli anni ’50 nell’Algeri dominata dalla Francia che da oltre 100 anni colonizza il territorio, il Fronte di Liberazione Nazionale acquista sempre più forza e spinge per l’indipendenza. L’escalation di violenza induce il governo Francese ha spedire nei territori truppe di guerra specializzate. Il successo che otterranno, sgominando i capi dell’organizzazione sarà temporaneo: dopo qualche anno il movimento di liberazione rinascerà spontaneamente con maggiore forza e condurrà l’Algeria all’indipendenza nel 1962.
Gillo Pontecorvo firma un documento di eccezionale importanza storica mantenendo una narrazione sempre in bilico tra il tono documentaristico e la fiction.
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A metà degli anni ’50 nell’Algeri dominata dalla Francia che da oltre 100 anni colonizza il territorio, il Fronte di Liberazione Nazionale acquista sempre più forza e spinge per l’indipendenza. L’escalation di violenza induce il governo Francese ha spedire nei territori truppe di guerra specializzate. Il successo che otterranno, sgominando i capi dell’organizzazione sarà temporaneo: dopo qualche anno il movimento di liberazione rinascerà spontaneamente con maggiore forza e condurrà l’Algeria all’indipendenza nel 1962.
Gillo Pontecorvo firma un documento di eccezionale importanza storica mantenendo una narrazione sempre in bilico tra il tono documentaristico e la fiction. Non c’è una presa di posizione definita e univoca, gli eventi sono narrati per come accadono e danno spazio alle difficoltà di chi si trovò a vivere quegli anni drammatici, suo malgrado. I veri responsabili sono altrove e non sono mai mostrati pur essendo evidenti. La lotta per la sopravvivenza degli arabi che insorgono e dei francesi che si difendono è la conseguenza di un grande processo di cambiamento innescato dapprima in maniera clandestina per poi divenire esigenza consapevole di un popolo. Il cambiamento necessità di una spinta forte iniziale, anche di forzature, ma una volta iniziato è destinato a proseguire inevitabilmente; i toni forti sono tralasciati ed affiancati da quella consapevolezza necessaria affinché il processo si completi. Possiamo vedere questa lotta di indipendenza come una metafora di ogni processo umano di cambiamento.
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onufrio
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martedì 8 settembre 2015
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l'indipendenza algerina
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Cronistoria della battaglia algerina per conquistare la propria indipendenza dalla francia colonizzatrice per oltre cento anni, il tutto raccontato con toni quasi documentaristici il che rende la storia ancora più comprensibile e chiara. La vicenda si concentra in particolar modo su Ali La Pointe, uno dei capi rivoltosi algerini che perse la vita per la patria. Racconto tipico dei film di Francesco Rosi, Gillo Pontecorvo realizza così il suo capolavoro grazie ad un analisi fredda, realista ed esaustiva.
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sergio
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giovedì 21 aprile 2005
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la fine del colonialismo europeo
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Il film è molto obiettivo, tenendo conto delle ragioni degli uni e degli altri. Nessuno è descritto come un criminale. I francesi difendono la loro incolumità e uno stato di fatto che durava da 130 anni, gli algerini lottano per la loro libertà.
Viene da chiedersi come, a differenza degli arabi che riuscirono a diffondere ovunque la loro religione, gli europei non ottennero gli stessi risultati. Solo differenza di epoche o soprattutto di considerazione delle popolazioni soggiogate? Non è forse vero che gli europei le ghettizzavano, disinterezzandosi spesso delle loro condizioni e anche, se possibile, sfruttandole? Ci sarebbe molto da meditare su questo stato di cose che ha portato poi guerre e lutti da ambo le parti, e che rappresenta una grande occasione persa.
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(di lo straniero)
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(di arnaco)
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gianluca stanzani
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venerdì 27 giugno 2008
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la battaglia di gillo
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Algeri 1957: sullo sfondo di un perdurante colonialismo che non accetta di abbandonare le proprie manie di possesso sul continente africano, prendono corpo le nascenti ambizioni di liberazione del popolo algerino. Scaturisce così il sanguinoso scontro tra i parà francesi del colonnello Mathieu (Jean Martin) e la resistenza del Fronte di Liberazione Nazionale che ha base nella Casbah di Algeri; evocazione tuttora modernissima per le evidenti assonanze con l'odierna questione palestinese. Autore poco prolifico ma tra i più politicizzati del cinema nostrano, Pontecorvo rievoca con uno stile documentaristico, incentrato più sull'effetto degli attentati che sulla causa di questi, le ragioni inconciliabili insite da entrambe le parti.
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Algeri 1957: sullo sfondo di un perdurante colonialismo che non accetta di abbandonare le proprie manie di possesso sul continente africano, prendono corpo le nascenti ambizioni di liberazione del popolo algerino. Scaturisce così il sanguinoso scontro tra i parà francesi del colonnello Mathieu (Jean Martin) e la resistenza del Fronte di Liberazione Nazionale che ha base nella Casbah di Algeri; evocazione tuttora modernissima per le evidenti assonanze con l'odierna questione palestinese. Autore poco prolifico ma tra i più politicizzati del cinema nostrano, Pontecorvo rievoca con uno stile documentaristico, incentrato più sull'effetto degli attentati che sulla causa di questi, le ragioni inconciliabili insite da entrambe le parti. Scontentando così sia gli allora ambienti della sinistra progressista che quelli della destra tradizionalista, che ne consentiranno la proiezione in Francia, solamente nel 1971. Vincitore del Leone d'Oro a Venezia e quattro candidature agli Oscar, tra le quali spiccano quella per la miglior regia e sceneggiatura originale (Franco Solinas); “La battaglia di Algeri” (1966), “Queimada” (1969) e “Ogro” (1979), conformano una sorta di trilogia rivoluzionaria dal sapore anacronisticamente romantico.
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(di cristina)
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