Violenza segreta |
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Un film di Giorgio Moser.
Con Enrico Maria Salerno, Vittorio Sanipoli, Giorgio Albertazzi, Alexandra Stewart
Drammatico,
durata 94 min.
- Italia 1963.
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Nessuno è innocente
di Gianni LuciniFeedback: 29144 | altri commenti e recensioni di Gianni Lucini |
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sabato 26 novembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Cinico, spietato e senza mediazioni, Violenza segreta è un feroce atto d’accusa nei confronti del colonialismo italiano. In particolare viene messo a nudo il perbenismo ipocrita con il quale gli italiani hanno spesso tentato di giustificare la rapacità della loro presenza in Africa. Nel film tratto dal romanzo “Settimana nera” di Enrico Emanuelli non c’è salvezza per nessuno. Gli italiani presenti a Mogadiscio vengono raccontati come spocchiosi che vivono in un mondo a parte e sono incapaci di mescolarsi con una popolazione indigena trattata, nelle situazioni migliori, con la stessa umanità riservata al cane o al gatto di casa. Predatori feroci di risorse, vite e sentimenti non hanno nemmeno il coraggio delle loro azioni e ciascuno appare impegnato a tacitare la propria coscienza nascondendo la violenza dei gesti sotto il manto ipocrita di una lunga serie di apparenti buone intenzioni. Farnenti si considera un benefattore dell’umanità perchè combatte contro le pratiche tribali di mutilazione dei genitali e di repressione della sessualità femminile ma in realtà toglie le bambine ai loro villaggi d’origine e le trasforma in docili schiave pronte a soddisfare i suoi vizi e le sue fantasie sessuali. Contardi, fine e tormentato intellettuale, regala istruzione e riscatto sociale a giovani somali, ma in cambio essi devono concedersi alle sue voglie. Lo stesso protagonista, colpito dal fascino di Regina, la schiava somala di Farneti, al di là delle giustificazioni con le quali ammanta la propria passione si compiace e gode del dominio assoluto che esercita su di lei. Nessuno dei personaggi è innocente. Lo sa bene il fragile Contardi che, nel romanzo come nel film, quando si squarcia il velo sottile dell’ipocrisia finisce per non reggere al rimorso e alla vergogna di sé.Non è mai facile la trasposizione cinematografica di un romanzo. Non sempre le immagini e la narrazione riescono ad avere la stessa efficacia delle parole sulla carta. Giorgio Moser lo sa bene. Per questa ragione sfrutta l’apparente limitatezza del bianco e nero per lasciare alle emozioni dello spettatore il compito di completare le immagini. La scelta appare felice e il film, complice anche la fattiva collaborazione di Enrico Emanuelli alla sceneggiatura, finisce per integrarsi perfettamente con il romanzo al quale è ispirato. Quando arriva sugli schermi, all’inizio degli anni Sessanta, Violenza segreta suscita non poco scalpore. Se l’italietta un po’ bigotta dei cinemini parrocchiali strepita non poco contro la narrazione filmica di una «sordida vicenda di schiavitù sessuale», censurando anche la fugace visione di qualche seno nudo, la critica conservatrice non perde troppo temo con i dettagli e si scaglia contro quello che appare come il principio di fondo del film, e cioè che il colonialismo italiano non è stato differente da quelli delle altre nazioni europee.
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