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Non è semplice recensire questo film, perché inevitabilmente sale il magone al pensiero che Moira Orfei e Magali Noel, le due "belle" della trama, ci hanno lasciato entrambe nel recente 2015. Questo film è il secondo della trilogia parodistica di Fernando Cerchio, che ancora una volta mostra dimestichezza con il genere e, soprattutto, è abile ad economizzare il basso budget; infatti fa uso (si spera legittimamente) di scene campali tratte da altri film peplum per sopperire alla mancanza di attori e materiali per poter mettere in scena centinaia di comparse in lorica, e riutilizza degnamente la scenografia del precedente "Totò contro Maciste", anch'esso ambientato in Egitto, sia pure (almeno teoricamente) un po' di millenni prima dell'epoca di Ottaviano e Marcantonio, e cioè di questo secondo capitolo della trilogia. Qui abbiamo un Totò in gran forma, galvanizzato particolarmente dal recitare accanto a due bellezze del calibro di Magali Noel e Moira Orfei, compiaciuto di poter interpretare il tronfio generale Marcantonio e, al contempo, il suo scapestrato fratello gemello Totonno. Così non fu in Totò contro Maciste, dove il buon Totò fu un po' "stretto" nel ruolo dell'impostore, comprimario di Nino Taranto e succube della trama di Maciste. Qui invece Totò primeggia in lungo e in largo, non ha una spalla fissa che lo domi (il pur bravo Franco Sportelli, che interpreta Enobarbo, non può essere considerato tale, in quanto fa l'antagonista), ed è irresistibile nelle sue continue trovate comiche. Stavolta Totò non subisce la trama, ma la fa! Ad ottimizzare il tutto c'è l'elemento "sosia" che funziona dai tempi di Plauto, e che Totò padroneggia, anche grazie alla buona regia che riesce a renderlo credibile, anche con stratagemmi notevoli (il sosia allo specchio ne è un esempio). Menzione onorevole anche per Gianni Agus, che è un Ottaviano a dir poco PERFETTO! Si cala nella parte e sembra proprio che si diverta ad interpretare il giovane e spavaldo futuro imperatore di Roma. Come per tutti i film della trilogia parodistica del Cerchio, anche questo ha il suo finale dolceamaro, pur essendo fondamentalmente un lieto fine (il povero Totonno prende definitivamente il posto del gemello, e si ritira ricco e contento a vita privata) perché, in fondo, sfido chiunque a non essersi affezionato al Totò-Marcantonio ingenuamente innamorato e raggirato, e infine ucciso dalla fatale Magali-Cleopatra.
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