La ballata del boia |
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Un film di Luis Garcia Berlanga.
Con Nino Manfredi, Emma Penella, José Isbert, José Luis López Vázquez, Angel Alvarez.
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Titolo originale El verdugo.
Drammatico,
b/n
durata 90 min.
- Spagna, Italia 1963.
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venerdì 12 novembre 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La ballata del boia ('El verdugo') fu l'ottavo film scritto e diretto da Luis García Berlanga in collaborazione con lo sceneggiatore Rafael Azcona che scrisse anche per Marco Ferreri 'El pisito', 'El cochecito'. La storia si impernia sul destino di un giovane timido impresario di pompe funebri di nome José Luis, interpretato da un Manfredi in stato di grazia, il cui sogno è di andare in Germania e diventare meccanico. Questo sogno è contrastato quando, per lavoro, incontra l'anziano boia Amedeo in una prigione. A dispetto dell'avversione che il giovane sente per il vecchio carnefice ,lui non solo finisce sposandosi Carmen, la figlia di questi, ma rileva anche la sua impresa per poter vivere con la sua futura moglie in modo dignitoso e possibilmente comprarsi un appartamento, e poi perchè le condanne a morte quasi sempre in un modo o nell'altro novenivano sempre di meno eseguite. Il film è una commedia nera riempita con tocchi macabri e scene di umorismo nero nel quale il tabù associato con la morte viene ripetutamente trasgredito. Non si può certo dire, come hanno creduto in passato alcuni critici e forse anche tutt'ora, che il regista con questo film lancia anatemi alla pena di morte e alla Spagna Franchista, anche se è di idee liberal e in passato è stato guardato con sospetto dai franchisti per le sue tematiche sociali che cozzavano col governo di allora; il punto è che Berlanga crea un personaggio il cui carattere si ritrova in tutti suoi film, cioè un uomo al quale gli si presenta all'improvviso un destino o un cammino che non può in nessun modo evitare.
Non sono poche le situazioni paradossali che vengono a crearsi, una su tutte verso la fine quando il protagonista si trova a dover compiere il suo lavoro, e recalcitrante, sarà prima trascinato con la forza e poi confortato, mentre il condannato va incontro alla sua sorte con serenità. Intenso Manfredi nei cui occhi, poco prima che si conclude il film, si intravedono un infinita tristezza che neanche la sua nuova famiglia potrà colmare, e calda e mediterranea la fotografia in bianco e nero di Tonino Delli Colli. Questo film, che non intendeva in nessun modo fare politica o discriminare qualche tipo di lavoro, ma fare solo del sano umorismo anche macabro, quanto fu presentato a Venezia, suscitò violente reazioni e polemiche a non finire, in alcune scene, specie per quando riguarda la garrota, censurato.
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