L'infanzia di Ivan |
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Un film di Andrei Tarkovsky.
Con Nikolaj Grinko, Nikolay Burlyaev, Valentin Zubkov
Titolo originale Ivanovo detstvo.
Guerra,
Ratings: Kids+16,
b/n
durata 95 min.
- URSS 1962.
MYMONETRO
L'infanzia di Ivan
valutazione media:
3,50
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Le vite rubatedi GreyhoundFeedback: |
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martedì 22 marzo 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
L’Infanzia di Ivan è il primo lungometraggio girato da Tarkovskij. Ma nonostante ciò è capace di esprimere un punto di vista particolare rispetto a una trama altrimenti molto sfruttata. Infatti Ivan, il ragazzino poco più che bambino, è il protagonista di questa vicenda che si svolge durante gli anni della Grande Guerra Patriottica (così com’è conosciuta in Russia e paesi ex URSS la lotta sul fronte orientale durante la II Guerra Mondiale). Tradizionalmente una vicenda di tal genere sarebbe stata dipinta come un insieme di gesti eroici, esplosioni, fumo e devastazioni. Qui, invece, l’unico elemento rimanente è quello della distruzione, materiale e umana, incarnata pienamente dalle trincee, dalle isbe delle pianure ucraine completamente cancellate, e dalla necessità dei diversi personaggi di resistere alla situazione cercando di proseguire le proprie vite con quel briciolo di umanità ancora presente. Si veda a tal proposito l’affetto che i soldati hanno per il piccolo Ivan, orfano di madre e probabilmente anche di padre, e il tentativo quasi disperato di amare l’unica donna presente al fronte. Ciò che Ivan stesso, tuttavia, incarna è duplice: da una parte è il desiderio di vendetta nei confronti degli invasori tedeschi, che non vengono mai mostrati (a sottolineare una diversità del regista rispetto ad altri colleghi del periodo) e quindi in grado d’incarnare la figura di nemico “invisibile” e per questo più temibile da punto di vista psicologico, mentre dall’altra parte con i continui flashback siamo resi partecipi della vita felice del bambino (e degli altri abitanti) in un tempo andato, che apparentemente non è più in grado di tornare. Ivan, non a caso, come mostra ottimamente una scena del film, è vittima dei suoi incubi e percepisce nemici e pericoli ovunque; un sintomo di ciò che oggi conosciamo come Sindrome da Stress Post-Traumatico che colpisce molti soldati tornati dal fronte. Si possono anche sottolineare ulteriori elementi stilistici, come l’uso dei paesaggi (stupendi seppur ripresi in bianco e nero), dei primi piani sui volti dei personaggi e la presenza, sparsa qua e là, di elementi che richiamano alla religione (le pagine del libro che Ivan sfoglia, l’immagine dipinta sulle mura distrutte e la croce, unico oggetto rimasto in piedi dopo il bombardamento tedesco). In definitiva si può affermare come quest’esordio registico si concluda con una morale di fondo: la guerra distrugge ogni cosa e la pace, suo contraltare, non è in grado di riportare quelle stesse cose al proprio posto. Di conseguenza il tempo passato non è in grado di ritornare.
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