luca scialò
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venerdì 23 settembre 2011
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la paura di morire che non fa godere la vita
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Cesare è un idraulico di 53 anni, che una mattina in tram vede un uomo suo coetaneo morire. Da quel momento in lui sorge un dramma esistenziale, una paura di morire che gli infonde la voglia di godersi la vita, convinto che non gli resta molto. Decide anche di non lavorare più, ma tale scelta gli comporta non pochi problemi economici. Il suo atteggiamento fatalista ed ermeneutico gli complica anche il rapporto con gli amici ed ha l'effetto opposto di non fargli godere appieno il quotidiano. Questa malattia psicologica lo conduce anche a un passo da scelte molto pericolose...
Elio Petri è un regista non convenzionale, e in questo film non solo per la storia che propone, ma anche per le inquadrature con cui riprende i movimenti del tormentato Cesare (Salvo Randone).
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Cesare è un idraulico di 53 anni, che una mattina in tram vede un uomo suo coetaneo morire. Da quel momento in lui sorge un dramma esistenziale, una paura di morire che gli infonde la voglia di godersi la vita, convinto che non gli resta molto. Decide anche di non lavorare più, ma tale scelta gli comporta non pochi problemi economici. Il suo atteggiamento fatalista ed ermeneutico gli complica anche il rapporto con gli amici ed ha l'effetto opposto di non fargli godere appieno il quotidiano. Questa malattia psicologica lo conduce anche a un passo da scelte molto pericolose...
Elio Petri è un regista non convenzionale, e in questo film non solo per la storia che propone, ma anche per le inquadrature con cui riprende i movimenti del tormentato Cesare (Salvo Randone). Inquadrature mobili e angolature che spiazzano lo spettatore. Altamente innovative per l'epoca. Un film esistenziale, che propone i dubbi sull'esistenza che in un uomo di mezza età diventano ancora più accentuati. Primo premio al Festival di Mar del Plata.
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(di pretore di lodi)
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inesperto
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sabato 23 gennaio 2021
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lavorare per vivere, vivere per lavorare...
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L'improvvisa morte di un coetaneo in un tram fa scattare qualcosa nella testa dell'idraulico 53enne Cesare Conversi. Comincia a pensare che la sua vita abbia "i giorni contati" e di non averla mai vissuta appieno a causa del lavoro. Così, decide di smettere e di provare a vivere tutte quelle esperienze che l'esistenza può offrire e che l'assillo di dover mettere il pane in tavola impedisce. Vedovo, padre e nonno, il nostro protagonista si ritrova così a ciondolare per musei, spiagge e bagni pubblici, a tentare un approccio con una vecchia fiamma, a frequentare peripatetiche e finanche a tentare una truffa ai danni del trasporto pubblico (tirandosene indietro all'ultimo).
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L'improvvisa morte di un coetaneo in un tram fa scattare qualcosa nella testa dell'idraulico 53enne Cesare Conversi. Comincia a pensare che la sua vita abbia "i giorni contati" e di non averla mai vissuta appieno a causa del lavoro. Così, decide di smettere e di provare a vivere tutte quelle esperienze che l'esistenza può offrire e che l'assillo di dover mettere il pane in tavola impedisce. Vedovo, padre e nonno, il nostro protagonista si ritrova così a ciondolare per musei, spiagge e bagni pubblici, a tentare un approccio con una vecchia fiamma, a frequentare peripatetiche e finanche a tentare una truffa ai danni del trasporto pubblico (tirandosene indietro all'ultimo). Le continue delusioni derivanti dai numerosi tentativi ed i sormontanti problemi economici lo conducono a riconsiderare la sua decisione ed a riprendere il mestiere, senza fortuna purtroppo. Atto d'accusa nei confronti dell'ideologia del successo, quest'opera neorealista colpisce a fondo e con forza, lasciando parecchio amaro in bocca ed un senso di malinconia che non lascia intravedere la speranza d'un riscatto all'orizzonte.
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ilpalazzo
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giovedì 28 giugno 2018
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neorealista e moderno, fra tragedia e commedia
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In un giorno come un altro, durante un viaggio in tram un passeggero è colpito da un malore e muore.
Cesare, un semplice stagnaro (idraulico) e spettatore inerte della scena, rimane profondamente colpito dalla improvvisa
morte dello sconosciuto coetaneo, e decide di dare un cambio drastico (e cercare un significato) alla propria vita.
Il lungometraggio, il secondo di Elio Petri, è figlio del filone neorealista (che ormai era nel periodo di decadenza) ma
ne è anche un netto superamento sia a livello di immagini che di scrittura, con influenze dalla novelle vague
(in particolare Godard).
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In un giorno come un altro, durante un viaggio in tram un passeggero è colpito da un malore e muore.
Cesare, un semplice stagnaro (idraulico) e spettatore inerte della scena, rimane profondamente colpito dalla improvvisa
morte dello sconosciuto coetaneo, e decide di dare un cambio drastico (e cercare un significato) alla propria vita.
Il lungometraggio, il secondo di Elio Petri, è figlio del filone neorealista (che ormai era nel periodo di decadenza) ma
ne è anche un netto superamento sia a livello di immagini che di scrittura, con influenze dalla novelle vague
(in particolare Godard). La regia e la fotografia spesso sono semplici e realistiche ma altre volte
presentano uno stile unico e originale (ad es. netti contrasti di luce e ombre estremamente saturati,
bilanciamento e proporzioni di immagini non convenzionali, piani sequenza in dialoghi al posto di tagli)
ma senza mai finire nel tecnicismo fine a se stesso, ma anzi integrandoli fra loro con estrema fluidità dando alla
pellicola una freschezza stilistica notevole ai giorni nostri. Inoltre scorre estremamente velocemente,
sia per il montaggio che per i tempi narrativi estremamente celeri sopratutto per un film del 1962(forse uno dei film
pre-anni 70 ritmicamente più veloci che abbia mai visto).
La sceneggiatura nonostante parli temi esistenziali non annoia, poiché li tratta in maniera semplice, pratica ed
estremamente comprensibile, ma sopratutto non scende mai nel melodrammatico ma anzi il film fa sorridere e ha diversi elementi comici.
Un film incredibile, invecchiato benissimo e molto attuale, lo consiglio vivamente agli appassionati di cinema e non.
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carloalberto
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domenica 15 agosto 2021
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dramma individuale e tragedia corale
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Il film uscì nel ’62, in contemporanea con il Sorpasso di Risi e Mamma Roma di Pasolini, quasi a formare un trittico ideale dell’Italia del boom economico, vista da tre prospettive diverse, animate dalla straziante poetica di tre grandi autori del cinema italiano.
Petri assume il punto di vista di un uomo qualunque, il sor Cesare, uno stagnaro sulla cinquantina rimasto vedovo che vive da solo in una camera in affitto, per gettare uno sguardo sul mondo che gli gira vorticosamente intorno,un vortice di immagini icasticamente reso nella scena finale. Quello che vede il suo protagonista, liberatosi dalle catene del lavoro, nel suo girovagare curioso per Roma, è il degrado morale dilagante che attraversa pervasivo tutte le classi sociali, la frenesia di raggiungere l’agognato benessere economico a tutti i costi.
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Il film uscì nel ’62, in contemporanea con il Sorpasso di Risi e Mamma Roma di Pasolini, quasi a formare un trittico ideale dell’Italia del boom economico, vista da tre prospettive diverse, animate dalla straziante poetica di tre grandi autori del cinema italiano.
Petri assume il punto di vista di un uomo qualunque, il sor Cesare, uno stagnaro sulla cinquantina rimasto vedovo che vive da solo in una camera in affitto, per gettare uno sguardo sul mondo che gli gira vorticosamente intorno,un vortice di immagini icasticamente reso nella scena finale. Quello che vede il suo protagonista, liberatosi dalle catene del lavoro, nel suo girovagare curioso per Roma, è il degrado morale dilagante che attraversa pervasivo tutte le classi sociali, la frenesia di raggiungere l’agognato benessere economico a tutti i costi.
Il sor Cesare diventa testimone inconsapevole del suo tempo. Al dramma esistenziale della sua esperienza individuale, alla paura della vecchiaia incipiente, all’angoscia della morte, alla nostalgia del passato che si manifesta nella ricerca di un antico amore, Regina Bianchi, o nel desiderio di ritornare al paese natale, per scoprire amaramente che oltre al suo ricordo non è rimasto più niente di quello che fu, si sovrappone il respiro corale di una società cinica e disillusa, la giovane ragazza che si prostituisce per fare soldi in fretta e senza fatica, o tragicamente rassegnata ad una vita senza prospettive di riscatto, l’amico Amilcare, interpretato da Franco Sportelli.
Così, seguendo un autobotte dei pompieri, il sor Cesare si ritroverà nella periferia pasoliniana delle borgate incendiate dalle proteste della povera gente, i baraccati che aspirano a una casa popolare, entrando in un museo incontrerà un mercante d’arte, Vittorio Caprioli, che, con la scusa di fargli vedere delle opere astratte, lo porta a casa sua per farsi aggiustare il lavandino, a significare la distanza incolmabile dell’arte intellettuale dal popolo, condannato all’abbrutimento di una esistenza miserevole.
Non è un caso se i tre protagonisti dei film citati muoiono nel finale, simbolicamente a rappresentare la morte delle speranze, tradite al nascere della repubblica, di un Paese di cui profeticamente già allora i poeti vedevano l’inesorabile declino.
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