Luci d'inverno

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Un film di Ingmar Bergman. Con Max von Sydow, Ingrid Thulin, Gunnar Björnstrand, Gunnel Lindblom, Allan Edwall.
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Titolo originale Nattvardsgästerna. Drammatico, b/n durata 80 min. - Svezia 1961. MYMONETRO Luci d'inverno * * * * - valutazione media: 4,17 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

note a margine 60 anni dopo

di figliounico


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venerdì 10 marzo 2023

Luci d’inverno 1963. Note a margine 2023.
La sceneggiatura. Come sempre Bergman stupisce ed ipnotizza per la bellezza e la profondità dei dialoghi.
Ogni battuta esprime una tensione interna che rende superfluo il contesto. L’ambiente è marginale, la scenografia ridotta ai minimi termini. Da qui l’essenzialità delle immagini, lo scarso movimento della macchina da presa, la fissità dell’inquadratura a cogliere le sfumature dello stato d’animo, vedi il monologo confessione di Ingrid Thulin. Anche quando i personaggi non parlano la cinepresa inquadra i volti alla ricerca di un impercettibile variazione dell’espressione facciale, vedi Max von Sydow, l’uomo annichilito dal terrore della bomba atomica, che sebbene rimanga in silenzio, sebbene appaia imperturbabile, comunica l’impossibilità di comunicare.
Universalità. Il tema della crisi del sentimento religioso, sopravvissuto alla morte di Dio, annunciata alla fine del secolo precedente da Nietzsche ma ancora presente nel secondo dopoguerra, sebbene il divino fosse già avvertito come distante ed indifferente alle sorti dell’umanità, appartiene a tutto il mondo occidentale e si manifesta in quel senso di solitudine, di vacuità interiore e di lutto permanente dell’anima causato da quell’abbandono epocale al proprio destino determinato proprio dalla morte di Dio.
Attualità. Sebbene sia calato nella realtà storica dell’epoca, segnata dall’inizio dell’era atomica e dal timore per le sue terribili conseguenze, Hiroshima è un ricordo recente, la paura angosciante dell’ecatombe attraversa tutto il novecento, governato dalla guerra fredda, e giunge fino ad oggi alle cronache del conflitto in Europa e dei suoi imprevedibili catastrofici sviluppi.
La trama. Non c’è il classico sviluppo del plot. Non accade nulla che non sia già accaduto. La trama non è altro che la rete di relazioni in cui le storie di personaggi minori si intrecciano con quella del protagonista. E’ un dramma psicologico individuale in cui grazie alla complessità della scrittura si indagano i tormenti interiori di un pastore in crisi. Le sfaccettature del suo carattere emergono dall’incontro con gli altri personaggi, ognuno dei quali al contempo rappresenta un aspetto della realtà, una proiezione dell’inconscio di Bergman, una sua riflessione ad alta voce ed una tonalità diversa del suo animo.
I personaggi. Il sagrestano simboleggia il lato pratico della vita ed infatti è inquadrato mentre conta gli spiccioli della questua. L’organista, sorpreso a guardare l’ora per la fretta d’andare altrove mentre la liturgia è in corso, il lato mondano e superficiale. Il campanaro storpio, la sofferenza senza nome e senza perché del mondo che non riesce a spiegarsi il castigo ricevuto e per questo legge le sacre scritture alla ricerca di una risposta. Fulminante la sua interpretazione del vangelo per cui le sofferenze fisiche di Cristo sono di gran lunga inferiori a quelle psichiche per essere stato abbandonato dal suo stesso Padre. All’unico personaggio femminile del film, la dimessa e timida maestrina del paese, Ingrid Thulin, si sovrappone l’altro personaggio, la cui presenza, pur essendo assente dalla scena, incombe in tutto il film, la moglie del pastore, morta qualche anno prima.
L’esito. Il pastore rifiuta l’amore della donna che gli si propone come compagna di vita non soltanto perché incomparabilmente distante dal ricordo della moglie ma perché lei era parte di un sinallagma unico ed irripetibile. Nel cuore del pastore il legame indissolubile tra l’amore per la moglie e quindi per la vita e l’amore per Dio si è spezzato per sempre alla morte dell’amata e nessun’altra donna potrà sostituirla in quel ruolo di anello di congiunzione tra il terreno ed il divino. Entrambi, Dio e l’amore, sono venuti a mancare.
Il silenzio di Dio. La speculazione teologica frutto e causa della condizione esistenziale. Il dubbio che affligge il pastore in crisi, Gunnar Björnstrand, circa l’esistenza di Dio, derivante dal silenzio assordante di Dio che sembra aver abbandonato la sua creatura al dolore, consustanziale peraltro al cristianesimo poiché già espresso dallo stesso Cristo nel Elì Elì lemà sabactàni gridato al cielo, è in rapporto di reciproca influenza con la condizione dell’uomo moderno irrimediabilmente solo dinanzi al mistero della vita.
Le due condanne. La solitudine esistenziale di fronte ad una vita priva di senso coniugata con l’impotenza ad impedire le sofferenze umane e la plausibile minaccia dell’improvvisa ecatombe sono la cifra dell’uomo moderno, condannato a vivere in un mondo non più ordinato dal divino, in preda al caos e alla dissoluzione, condannato ad essere vittima predestinata di decisioni arbitrarie che stabiliscono la vita o la morte del genere umano.
Conclusioni. Tuttavia nell’inverno c’è luce. Non è soltanto nel titolo ma è nell’inquadratura che incornicia il volto di Björnstrand mentre è accanto alla finestra. Il suo volto è illuminato da un raggio di sole ma egli preso dalle sue angosce non sembra accorgersene. Forse rappresenta la speranza di Bergman che se Dio è morto per l’uomo, l’uomo non è morto per Dio.

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