Lo spaccone

Paul Newman, un’indimenticabile Spaccone

Walter Tevis (scomparso ormai da un quarto di secolo) è uno scrittore con una vocazione e un destino cinematografico molto poco prolifici. Accanto a Mockingbird e a un bellissimo La regina degli scacchi, ha scritto nel 1963 L'uomo che cadde sulla Terra, diventato un affascinante film di Nicolas Roeg con David Bowie. E, nel 1959, ha pubblicato Lo spaccone, che diventerà il celebre film con Paul Newman, e, venticinque anni dopo, Il colore dei soldi, diretto da Martin Scorsese, dove Newman torna nei panni del personaggio che era stato suo nel film originale, con relativo invecchiamento. Ora Lo spaccone viene pubblicato da minimum fax (era stato tradotto in precedenza nel 1987) e ripropone non solo un formidabile scrittore ma il testo originale di un film mitico.
Un romanzo, si potrebbe azzardare, per uomini, pieno com'è di una irrequietezza e di un'aspirazione allo scontro che riconosciamo come tendenzialmente maschile - se non fosse che della psicologia maschile spiega così tante cose da essere una lettura consigliabile anche alle signore, posto che vogliano provare a capire qualcosa di un gioco, il biliardo, dai rituali e dalle regole assai complesse, almeno sulla carta.
Eddie Felson, detto Fast Eddy, è un giocatore di biliardo professionista molto bravo e molto avventuroso, che arriva a Chicago, forte di un po' di soldi vinti nelle sale di provincia, per sfidare Minnesota Fats, il grande giocatore locale. In un epico scontro, che dura quaranta ore, prenderà una sonora batosta, cercherà di rifarsi non proprio correttamente, gli verranno spezzati i pollici, si riprenderà... Non ci sono altri fatti, in questa moderna storia di cavalieri erranti che si sfidano come galletti per amore del gioco e della supremazia, salvo il possibile ma non realizzato amore con una ragazza molto speciale, che potrebbe portare Eddie verso una vita «normalizzata» - cosa che non riesce, travolto com'è il nostro dall'ambizione, dalla voglia di affermazione, da un istinto di competizione, che è la bruciante metafora della gara della vita.
Da Il Venerdì di Repubblica, 25 luglio 2008

di Irene Bignardi, 25 luglio 2008