Il pianeta degli uomini spenti

C'è tanto da dire su questo film. Partiamo dall'inizio, dagli stessi titoli di testa: una donna, giovane,slanciata, vestita di una tunica bianca che la colloca fuori dal tempo, percorre un paesaggio di pietra. La musica che l'accompagna miscela un canto atonale di donna, con il cool jazz  e i sibili elettronici, propri entrambi dell'epoca. Alla fine si arriva su una scogliera dove la giovane scorre leggera, insieme alla macchina da presa, verso un mare crepuscolare. E' la "grazia visiva" di cui parla Giusti nella sua recensione? Come inizio per un film "di genere" non è proprio male... La storia. Semplice: una minaccia viene dallo spazio, in un crescendo di angosciante consapevolezza l'ennesima fine del mondo si avvicina. Si cerca scompostamente l'arma per affrontare il pericolo sconosciuto... Il bello è però nella sceneggiatura, come sempre. Vedremo si, lo spazio buio con le stelle di sottofondo, le astronavi (ancora simili a razzi), persino i dischi volanti: ma solo dopo la metà della storia. Gli autori ci fanno appassionare piuttosto alle vicende, modestamente umane, di un gruppo di uomini e donne, tra cui primeggia il professor Benson, l'uomo coi "numeri al posto del cuore". E' l'antipatico simpatico che ci attira col suo genio, di cui è così consapevole da permettersi di irridere e parlar chiaro a chiunque, anche a chi gli dimostra sincero affetto. A mano a mano che l'intreccio classico si perfeziona, impariamo ad amare questo personaggio. E' questo il primo rovesciamento rispetto alla Science Fiction americana: stavolta stiamo dalla parte dello scienziato, antipatico ma non pazzo, e non da quella del militare, di colui cioè che col suo spirito d'azione siamo abituati, cinematograficamente, ad invocare. L'altro rovesciamento avviene durante la battaglia spaziale: là dove la nostra attenzione dovrebbe andare tutta all'annientamento del nemico, ci viene proposto lo sbigottimento, la paura, la rabbia dei "nostri". Ma non dei "capi": bensì delle terze o quarte figure, di quelli che insomma stanno dentro le navi, i carri armati, le automobili che nel cinema vengono sistematicamente fatti esplodere per la nostra meraviglia. E orrore degli orrori, ci si lamenta apertamente della carneficina voluta dai capi!? Per essere uno dei primi film italiani di SF non c'è davvero male, e siamo appena al 1960.. Del finale mi dispiace, più della pochezza di qualche effetto che per l'epoca ci stava tutta, il "crollo delle pareti" che fa tanto film catastrofico o Maciste contro i Kirghisi. Ma è un difetto che fa solo tenerezza, in un film davvero bello, antimilitarista come non te lo aspetti, splendida regia, profondo apologo sulla difficoltà che ha la nostra specie a gestire le sue conoscenze. La soluzione sta forse in qualcosa che non è unica prerogativa di noi umani, come appare dalla tenerissima ultima scena.