Come in uno specchio

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Un film di Ingmar Bergman. Con Harriet Andersson, Max von Sydow, Gunnar Björnstrand, Lars Passgård Titolo originale Säsom i en spegel. Drammatico, Ratings: Kids+16, b/n durata 89 min. - Svezia 1961. MYMONETRO Come in uno specchio * * * * - valutazione media: 4,32 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Inferni Valutazione 5 stelle su cinque

di Eugenio


Feedback: 34354 | altri commenti e recensioni di Eugenio
domenica 27 giugno 2010

Primo film della trilogia sulla ricerca di Dio, cui seguiranno "Luci d'inverno" e "Il Silenzio", "Come in uno specchio" costituisce la summa del pensiero di Bergman sui grandi nodi della vita: la malattia, l'unità familiare, il fine dell'arte, il raggiungimento dell'infinito e della trascendenza, il senso del dolore. Non solo tematiche archetipe; il film, rivela una forte matrice autobiografica che emerge sin dal titolo: lo specchio,infatti, rappresenta per antonomasia la maschera, l'apparenza, quel senso di doppiezza, caro alle tradizioni espressioniste, che ha sempre riscontrato in se' il regista. Il suo alter ego,che ha le parvenze di Gunnar Bjornstrand, rappresenta un padre intellettuale, poeta che ha sacrificato l'aspetto personale della sua esistenza, l'amore per la poesia e l'arte, ai suoi due figli, Minus e Karin. Ed è proprio sulla figura di quest'ultima,interpretata da una bravissima Hariett Anderson (definita dalla stesso Bergman un regalo per il cinema) che è incentrata la pellicola. La ragazza, schizofrenica, "in continuo passaggio tra due mondi" (follia e realtà),come da lei stesso affermato, è ossessionata dall'immagine di una porta, oltre la quale crede debba manifestrasi la voce di Dio, un Dio di cui ella è convinta si unirà a lei e diventerà un tutt'uno con la sua anima. A questo personaggio, il regista affianca, nell'evolversi del film, tre importanti figure: Minus, fratello di Karin, legato alla fanciulla da un rapporto quasi incestuoso cercando in esso un'affettività ancestrale mai donatagli dal padre, il marito, Martin, dalla fredda mente razionale sofferente e incapace di aiutare la moglie durante le sue acute crisi e il padre,David,tentato suicida,definito dal genero durante la famosa scena della gita in barca, "un essere perverso e insensibile", una persona che in ogni cosa ha sempre visto il suo io, non avendo idea di cio' che la vita potesse offrire, al di la' della scrittura. Padre, fratello e marito, costituiscono dunque una triade di un inferno di strinberghiana memoria, personaggi quasi incapaci di provare sentimenti, indifferenti e atarassici, il cui torpore sara' risvegliato solo dal delirio finale della ragazza, la quale riuscirà a vedere il Creatore. La manifestazione di un Dio bestiale (dalle fattezze di ragno) possessore e violentatore contrapposto a quelle di un Dio sublime di eterea bellezza ricercato dalla giovane donna, ribadisce il tema della doppiezza, dell'instabilità ma anche quello del contrasto tra amore e calvario/sofferenza. Attraverso il dramma di Karin, i protagonisti capiscono una semplice filosofia: Dio è amore e Amore è Dio. Di conseguenza, come affermato da Minus nella scena liberatoria finale col padre, anche Karin, poiche' è circondata dall'amore della famiglia, è anche una persona amata da Dio. Religione,dramma e famiglia, unite a un sapiente uso del bianco e nero, si fondono gioisamente in questo film, vincitore del premio Oscar nel 1961, trasmettendo allo spettatore un senso d'angoscia e drammaticità. Forse, Polanski nel 1965, ai tempi di Repulsion, seppur mosso da scopi e intenti diversi, si ispiro' alla figura di Karin nella caratterizzazione psicologica di Carol Ledoux;entrambe dalle movenze allucinate, entrambe con un angelico quanto instabile e stanco sorriso.

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