Nel suo genere un capolavoro. L'essenzialità, esaltata dal bianco e nero, non lascia dubbi sul lasciarsi trasportare all'interno di una quotidianità marginale che, nell'ambientazione dell'alta montagna, sollecita al massimo il vissuto di trovarsi al confine del mondo e della vita, generando quasi l'ansia di questa particolare condizione. In questo confine si può sperimentare attraverso la visione del film l'esperienza di passare dalla "beatitudine" di una splendida giornata all' "inferno" di una tormenta di neve: condizioni ambientali che in alta montagna, e in condizioni di essenzialità di vita, sono esaltate ed estremizzate, al punto che la giovane coscienza si sente trasportata verso la malattia e la morte, mentre l'esperienza della coscienza consolidata porta verso la protezione e la saggezza della bugia necessaria (la grappa nel latte), non senza un attimo di sconforto superata dalla voglia di superare il disagio. Il tutto passato attraverso la narrazione di gesti quotidiani, di sguardi confidenti, di pensieri sempilici che si rivelano in una fotografia essenziale, quasi archeipale.
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