La vicenda è ambientata nella guerra d’indipendenza americana, ma la storia non è altro che il pretesto per un’analisi profonda dell’animo delle persone di quei tempi (e non solo). La contrapposizione tra cosa sia veramente il bene e cosa sia veramente il male, l’importanza che troppo spesso viene attribuita all’apparenza a scapito della sostanza delle umane vicende è il vero motivo conduttore di questa commedia. Non a caso fa parte del trittico che l’autore ha appunto chiamato “tre commedie per i puritani”.
Ed ecco quindi che quelli che per definizione dovrebbero essere iscritti nella categoria dei “buoni” tanto buoni poi non risultano nello svilupparsi della vicenda. Il reverendo Anderson, fino a quel momento uomo di devozione e di preghiera, scopre di essere invece uomo d’azione (e ritrova se stesso) e poi, il da tutti ritenuto cattivissimo (Dick) dimostra tali grandi doti di umano valore, pur se manifestato in modo assolutamente anti convenzionale, da accettare di farsi impiccare per non causare guai seri ad altri. Alla fine, lieta, sarà lui a diventare pastore di anime, l’ipocrisia ed il perbenismo saranno umiliati, l’ex reverendo Anderson riconquisterà la giovane consorte pur se sconcertata dalla sua trasformazione, ed il generale Burgoyne, comandante dei soldati inglesi, che, anche se a malincuore, stava per impiccare Dick Dudgeon, si troverà costretto a ritirarsi ed a prendere atto che per l’Inghilterra le colonie americane sono ormai perdute. Volutamente non ho tracciato lo svolgersi dell’intera vicenda, perché, se qualcuno non dovesse conoscerla, potrà godersela interamente in tutta la sua ricchezza di splendido, acutissimo humor anglosassone, di cui G. B. Shaw è maestro.
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