volontè78
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sabato 28 marzo 2020
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il carattere delle donne
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Ad un'attenta analisi,il tema portante delle storie delle pellicole di Ozu potrebbero risultare più profonde di quanto non appaia in apparenza.
Infatti,potrebbe risultare,ripetitivo puntare sulla famiglia e il matrimonio femminile.Ma tutto va considerato sotto un altro punto di vista.Innanzitutto,l'uso del colore,dona luce all'anima incorruttibile e coriacea delle donne.Ebbene si,questo film,più che mai è un'opera,che mette in risalto la voglia di emergere dal torpore di una vita familiare,prettamente patrircale ed egocentrica.
Voglia di alzare la testa,dunque,con sempre più forza,senza per forza alzare la voce.Il passo in avanti,rispetto a Viaggio a Tokyo e Buon Giorno è una sceneggiatura più corposa.
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Ad un'attenta analisi,il tema portante delle storie delle pellicole di Ozu potrebbero risultare più profonde di quanto non appaia in apparenza.
Infatti,potrebbe risultare,ripetitivo puntare sulla famiglia e il matrimonio femminile.Ma tutto va considerato sotto un altro punto di vista.Innanzitutto,l'uso del colore,dona luce all'anima incorruttibile e coriacea delle donne.Ebbene si,questo film,più che mai è un'opera,che mette in risalto la voglia di emergere dal torpore di una vita familiare,prettamente patrircale ed egocentrica.
Voglia di alzare la testa,dunque,con sempre più forza,senza per forza alzare la voce.Il passo in avanti,rispetto a Viaggio a Tokyo e Buon Giorno è una sceneggiatura più corposa.La donna non si assoggetta,chinando la testa,ma cerca di far valere le proprie idee,cercandoi di scavalcare un muro,impersonificato da un padre a dir poco autoritario.
In secondo luogo,si nota una voglia di riscatto,in toto,perchè,il mondo circostante cambiava ma Ozu non vuole farci perdere l'unica speranza che conta nei rapporti umani,ovvero quello con la donna,portatrice d'amore,buoni consigli,saggezza e rispetto.
Film capolavoro,dove prende corpo una leggiadra vitalità narrativa che delizia gli occhi.
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fabiofeli
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sabato 28 marzo 2020
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l'incoerenza del pater familias
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Wataru Hiroyama (Shin Saburi), un giapponese sui 50 anni, che ha un incarico importante in una grossa ditta di Tokyo, vive in una bella casa con la moglie Kiyoko e le figlie Setsuko e Hisako. Al matrimonio della figlia di un collega Wataru pronuncia un bel discorso sulle scelte dei due giovani sposi che hanno rispettato le tradizioni, contraendo un matrimonio d’amore come è avvenuto per il suo diversi anni prima. Nel giorno successivo riceve una visita di una albergatrice delle terme dove si reca con il suo giro di amicizie, tutto della upper class di Tokyo.
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Wataru Hiroyama (Shin Saburi), un giapponese sui 50 anni, che ha un incarico importante in una grossa ditta di Tokyo, vive in una bella casa con la moglie Kiyoko e le figlie Setsuko e Hisako. Al matrimonio della figlia di un collega Wataru pronuncia un bel discorso sulle scelte dei due giovani sposi che hanno rispettato le tradizioni, contraendo un matrimonio d’amore come è avvenuto per il suo diversi anni prima. Nel giorno successivo riceve una visita di una albergatrice delle terme dove si reca con il suo giro di amicizie, tutto della upper class di Tokyo. La signora si scusa di avergli inviato in omaggio germogli di bambù di qualità scadente, e confessa di star brigando affinché la figlia sposi un dottore affermato. Wataru si libera a fatica della ciarliera albergatrice e riceve la visita di un amico di lunga data, Shukichi Mikami (Chishu Ryu) che gli confessa che Fumiko,la figlia, è andata via di casa per vivere con un uomo a Suginami, e che la giovane lavora nel ristorante la Luna; Mikami gli chiede di recarsi là per convincere la figlia a tornare a casa. Watari promette il suo aiuto, ma invita il suo amico a lasciare che i giovani facciano una scelta libera per il loro futuro. Il dirigente giapponese non immagina che il destino sta per fargli incontrare una “difficoltà” simile con la figlia maggiore, Setsuko, perché arriva da lui Taniguchi, un bravo giovane, ma povero, a chiedere la sua mano; rimane subito contrariato dal fatto che il giovane non ha seguito il “tradizionale percorso”, ma in fondo perché non è un “buon partito”, e rifiuta il consenso … Il film di Ozu (1958) è tratto da un romanzo di Ton Satomi ed è sceneggiato dal regista e da Kogo Nada; è il primo film di Ozu a colori. E’ una commedia leggera, in apparenza, ma racconta bene il Giappone di allora. Basta vedere il rientro in casa del Pater familias, che si toglie i vestiti del lavoro: la moglie li ripone, gli porta la vestaglia casalinga, spesso gli ha preparato il bagno e la cena è pronta, con l’aiuto della cameriera, certo, perché casa Hiroyama è una casa ricca. La moglie non ha neanche il diritto di ascoltare musica alla radio se il Samurai è di cattivo umore. Per fortuna la congiura delle donne funziona per evitare un matrimonio imposto. Per smentire che Ozu non sa usare il colore basta vedere pochi fotogrammi dell’interno della casa ricca con una teiera arancione accanto al tavolino basso e un elegante e semplice vaso bianco in una nicchia di legno nel corridoio. Non mancano alcune splendide fotografie minimaliste (le ripetitive finestre dei palazzi di Tokyo, le stesse finestre con i lavavetri appesi fuori per un minimal “street”, i bellissimi fotogrammi finali con il treno che sparisce in fondo alle rotaie, parallele che si avvicinano inquadrate nel gioco prospettico e geometrico dei rettangoli delle linee elettriche) e c’è il consueto modo di filmare dal basso a livello pavimento le figure dei personaggi rendendole “epiche”, alternato ai primi piani. Il richiamo del passato, dell’onore e dell’orgoglio del Giappone lo si assapora durante la cena degli amici quando Mikami canta una canzone che conoscono tutti. Un film da non mancare. Valutazione **** FabioFeli
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fabiofeli
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sabato 28 marzo 2020
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l'incoerenza del pater familias
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Wataru Hiroyama (Shin Saburi), un giapponese sui 50 anni, con un lavoro importante, vive in una bella casa con la moglie Kiyoko e le figlie Setsuko e Hisako. Al matrimonio della figlia di un collega Wataru pronuncia un discorso sulle scelte dei due giovani sposi che hanno rispettato le tradizioni, contraendo un matrimonio d’amore. Nel giorno successivo riceve una visita di una albergatrice delle terme dove si reca con il suo giro di amicizie, tutto della upper class di Tokyo. La signora si scusa di avergli inviato in omaggio germogli di bambù di qualità scadente, e confessa di star brigando affinché la figlia sposi un dottore affermato.
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Wataru Hiroyama (Shin Saburi), un giapponese sui 50 anni, con un lavoro importante, vive in una bella casa con la moglie Kiyoko e le figlie Setsuko e Hisako. Al matrimonio della figlia di un collega Wataru pronuncia un discorso sulle scelte dei due giovani sposi che hanno rispettato le tradizioni, contraendo un matrimonio d’amore. Nel giorno successivo riceve una visita di una albergatrice delle terme dove si reca con il suo giro di amicizie, tutto della upper class di Tokyo. La signora si scusa di avergli inviato in omaggio germogli di bambù di qualità scadente, e confessa di star brigando affinché la figlia sposi un dottore affermato. Wataru si libera a fatica della ciarliera albergatrice e riceve la visita di un amico di lunga data, Shukichi Mikami (Chishu Ryu) che gli confessa che Fumiko,la figlia, è andata via di casa per vivere con un uomo a Suginami; Mikami chiede a Wataru di andare al ristorante la Luna, dove lavora Fumiko per convincerla a tornare a casa. Wataru promette il suo aiuto, ma invita il suo amico a lasciare che i giovani facciano una scelta libera; egli non immagina che il destino sta per fargli incontrare una “difficoltà” simile con la figlia maggiore, Setsuko: arriva da lui Taniguchi, un bravo giovane, ma povero, a chiedere la sua mano, e rimane subito contrariato dal fatto che il giovane non ha seguito il “tradizionale percorso”- in fondo perché non è un “buon partito”- e rifiuta il consenso … Il primo film di Ozu a colori (1958) è tratto da un romanzo di Ton Satomi. E’ una commedia leggera, ma racconta bene il Giappone di allora. Basta vedere il rientro in casa del Pater familias: la moglie ripone i vestiti smessi, gli porta la vestaglia casalinga, spesso gli ha preparato il bagno e la cena è pronta, con l’aiuto della cameriera, certo, perché casa Hiroyama è una casa ricca. La moglie non ha neanche il diritto di ascoltare musica alla radio se il Samurai è di cattivo umore. Per fortuna la congiura delle donne funziona per evitare un matrimonio imposto. Per smentire che Ozu non sa usare il colore basta vedere gli interni della casa ricca con una teiera arancione accanto al tavolino basso e un elegante e semplice vaso bianco in una nicchia di legno nel corridoio. Non mancano splendide fotografie minimaliste (le ripetitive finestre dei palazzi di Tokyo, le stesse finestre con i lavavetri appesi fuori per un minimal “street”, i bellissimi fotogrammi finali con il treno che sparisce in fondo alle rotaie, parallele che si avvicinano inquadrate nel gioco prospettico e geometrico dei rettangoli delle linee elettriche). C’è il consueto modo di filmare dal basso le figure dei personaggi rendendole “epiche”, alternato ai primi piani. Un film da non mancare. Valutazione **** FabioFeli
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domenica 29 marzo 2020
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l'incoerenza del pater familias
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Wataru Hiroyama (Shin Saburi), un giapponese sui 50 anni ha un lavoro importante e vive in una bella casa con la moglie Kiyoko e le figlie Setsuko e Hisako. Al matrimonio della figlia di un collega Wataru pronuncia un discorso sulla giusta scelta dei due giovani sposi che hanno rispettato le tradizioni, contraendo un matrimonio d’amore. Nel giorno seguente riceve una visita di una albergatrice delle terme dove si reca con il suo giro di amicizie della upper class di Tokyo. La signora si scusa di avergli inviato in omaggio germogli di bambù di qualità scadente, e racconta che sta brigando affinché la figlia sposi un dottore affermato.
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Wataru Hiroyama (Shin Saburi), un giapponese sui 50 anni ha un lavoro importante e vive in una bella casa con la moglie Kiyoko e le figlie Setsuko e Hisako. Al matrimonio della figlia di un collega Wataru pronuncia un discorso sulla giusta scelta dei due giovani sposi che hanno rispettato le tradizioni, contraendo un matrimonio d’amore. Nel giorno seguente riceve una visita di una albergatrice delle terme dove si reca con il suo giro di amicizie della upper class di Tokyo. La signora si scusa di avergli inviato in omaggio germogli di bambù di qualità scadente, e racconta che sta brigando affinché la figlia sposi un dottore affermato. Wataru si libera a fatica della ciarliera signora. Si presenta a lui un amico di lunga data, Mikami (Chishu Ryu), che gli confessa che Fumiko,la figlia, è andata via di casa per vivere con un uomo a Suginami; Mikami chiede a Wataru di andare al ristorante la Luna, dove lavora Fumiko per convincerla a tornare a casa. Wataru promette il suo aiuto, ma invita il suo amico a lasciare che i giovani facciano come vogliono. Ancora non immagina che il destino sta per fargli incontrare un problema simile con la figlia maggiore, Setsuko: arriva da lui Taniguchi, un bravo giovane, ma povero, a chiedere la sua mano, e rimane subito contrariato dal fatto che il giovane non ha seguito il percorso tradizionale e rifiuta il consenso. Mai il vero motivo è che lo sposo non lo ha suggerito lui e non è un buon partito. Il primo film di Ozu a colori (1958) è tratto da un romanzo di Ton Satomi. E’ una commedia leggera, ma racconta bene il Giappone di allora. Basta vedere il rientro in casa del Pater familias: la moglie ripone i vestiti smessi, gli porta la vestaglia casalinga, spesso gli ha preparato il bagno e la cena è pronta; con l’aiuto della cameriera,è vero, perché casa Hiroyama è ricca. Ma Kiyoko non può neanche ascoltare musica alla radio se Wataru è di cattivo umore. Per fortuna la congiura delle donne funziona per evitare un matrimonio imposto. Per capire che Ozu sa usare il colore basta vedere la carrellata nella casa di Wataru: una teiera arancione accanto al tavolino basso e un elegante e semplice vaso bianco in una nicchia di legno nel corridoio. Non mancano splendide fotografie minimaliste: le ripetitive finestre dei palazzi di Tokyo, le stesse finestre con i lavavetri appesi fuori per un minimal street, i bellissimi fotogrammi finali con il treno che sparisce in fondo alle rotaie, che sono tante parallele che si avvicinano inquadrate nel gioco prospettico e geometrico dei rettangoli delle linee elettriche. C’è il consueto modo di filmare dal basso le figure dei personaggi rendendole importanti, alternato ai primi piani. Un film da non mancare. Valutazione **** FabioFeli
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carloalberto
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sabato 16 maggio 2020
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i sogni non muoiono mai
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La dignitosa sopportazione del dolore per la scomparsa dei valori tradizionali e per la perdita della giovinezza trapassa idealmente dal drammatico Viaggio a Tokio in Fiori d’equinozio e, non è un caso, se i protagonisti dei due film hanno lo stesso cognome: Hirayama. Primo film a colori di Ozu, ha soltanto l’aspetto di una commedia ed è, invece, un canto funebre, che continua l’elaborazione del lutto collettivo per la morte della nazione, ed, al contempo, come nel perfetto equilibrio tra giorno e notte dell'equinozio, un inno alla spiritualità della vita che attraversa immutata il passaggio da un’età all’altra dell’uomo ed il succedersi delle epoche nella vita dei popoli.
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La dignitosa sopportazione del dolore per la scomparsa dei valori tradizionali e per la perdita della giovinezza trapassa idealmente dal drammatico Viaggio a Tokio in Fiori d’equinozio e, non è un caso, se i protagonisti dei due film hanno lo stesso cognome: Hirayama. Primo film a colori di Ozu, ha soltanto l’aspetto di una commedia ed è, invece, un canto funebre, che continua l’elaborazione del lutto collettivo per la morte della nazione, ed, al contempo, come nel perfetto equilibrio tra giorno e notte dell'equinozio, un inno alla spiritualità della vita che attraversa immutata il passaggio da un’età all’altra dell’uomo ed il succedersi delle epoche nella vita dei popoli.
Ozu colloca le cineprese a terra, statiche, pronte a catturare le immagini della vita che vi passa davanti, come fossero fototrappole di un naturalista, oppure le mette “sedute” sul tatami, a mimare la presenza di un testimone muto, che assiste disincantato alle vicende umane. Questo punto di vista immobile ed impassibile fa risaltare il movimento interiore dei personaggi, parla e prende posizione attraverso la simbologia delle immagini. Il protagonista è diviso tra la volontà di difendere gli antichi costumi, per preservare l’identità nazionale almeno nell’ambito familiare, e la necessità di adeguarsi allo stile di vita imperante, adottato per conformismo dai suoi coetanei e spontaneamente dalla nuova generazione, dalle due figlie, in particolare, per emanciparsi dal rito del matrimonio combinato. Ozu dissemina nel film tanti piccoli segni di questa lotta interiore, velandoli dietro le apparenze delle cose di tutti i giorni, delle chiacchiere della vita quotidiana. Quando l’amica della figlia prende in giro la madre, che freme per trovarle marito, per la sua devozione al dio shintoista della fertilità, lui sorride, condividendo l’irrisione per la religione degli avi. A quella stessa ragazza consiglierà, prima, di sposarsi presto e, in un’altra occasione, di rimanere celibe per godersi la sua giovinezza. Con i vecchi compagni di scuola beve il sakè, mentre al bar, con il suo giovane dipendente, ordina un whisky. In un primo momento non vuol partecipare al matrimonio della figlia, a cui ha negato il consenso, e poi vi andrà, poiché ci saranno tutti i suoi amici. Le nuove tecniche diagnostiche, d’importazione, in uso negli ospedali, le ripetute inquadrature di un’imponente edificio su cui svetta la croce cristiana, significano che non c’è spazio della vita pubblica o privata che non sia ormai già stato occupato dalla cultura dei vincitori. Il film si chiude con il suo viaggio a Hiroshima, simbolo della capitolazione del Giappone, dove va per incontrare la figlia. E’ la resa ai nuovi modelli culturali. Ma non è una resa incondizionata. Nel treno, unico viaggiatore, Hirayama intona il canto solenne del guerriero che dichiara la propria fedeltà all’imperatore. E’ lo stesso inno che, nella rimpatriata con i compagni di scuola, aveva intonato un suo amico, lo stesso attore che impersonava l’Hirayama di Viaggio a Tokio, ed al quale aveva detto “Noi siamo ormai vecchi ma i sogni della nostra gioventù ci accompagneranno per sempre”. I sogni che non muoiono mai sono i fiori che nell’equinozio di primavera tornano a sbocciare. Film incomprensibile per noi occidentali che viviamo, estranei in patria e senza il culto del passato, in un eterno presente senza memoria, alienati nella modernità.
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