Un condannato a morte è fuggito |
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Un film di Robert Bresson.
Con François Leterrier, Charles Le Clainche, Maurice Beerblock, Roland Monod, Jacques Ertaud.
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Titolo originale Un condamné à mort s'est échappé.
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
b/n
durata 95 min.
- Francia 1956.
MYMONETRO
Un condannato a morte è fuggito
valutazione media:
4,63
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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più grande ad ogni ulteriore visionedi brebertoFeedback: |
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martedì 19 febbraio 2008 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ricordo quando - giovanissimo appassionato di cinema - vidi questo film circa 50 anni fa, al suo primo apparire sugli schermi. Avevo letto recensioni favorevoli e quindi doveva essere bello, mi doveva piacere: non è che non lo capii ma, poveretto me, non mi piacque, anche se forse non osai confessarlo. Era troppo lontano dal tipo di film che mi piacevano allora, i melodrammi hollywoodiani o i polizieschi. Rivisto più volte attraverso i decenni e ancora ieri sera, ora posso dire che - smaliziato sul linguaggio cinematografico di Bresson, così scarno, volutamente povero, ma tanto ricco e personale, il film mi piace molto e che l'ultima mezz'ora poi, dall'apparizione nella cella del protagonista del giovane Jost (che fuggirà con lui) mi procura una vera emozione. Il linguaggio di Bresson è quello che sarà poi nei film successivi: brevi sequenze con poco parlato, interrotte da dissolvenze incrociate, camera addosso al personaggio principale (qui c'è di diverso da altri film bressoniani la voce fuori campo) pochi ambienti mai ripresi in campo lungo: la cella (che non vediamo mai se non a pezzetti, mai nella sua totalità) le scale, il cortile per l'ora d'aria, il lavatoio. Poche e smozzicate battute scambiate con i compagni di prigionia, mentre dei soldati che vigilano non si vede mai il viso. Grande importanza dei rumori, quasi nulla la colonna musicale, limitata alle prime battute della Messa in do minote K.427 di Mozart, il tema degli archi, prima dell'attacco del coro: questo breve brano viene ripetuto più volte nel corso del film (la stessa cosa accade per alcune battute di una sonata per piano di Schubert in AU HASARD BALTHAZAR). Bresson descrive come un entomologo il lungo e paziente lavoro del protagonista nel preparare e attuare il suo piano di fuga. La fuga diventa per Fontaine qualche cosa come una vittoria contro il male, qualcosa che si carica di un grande valore spirituale. Non vi sono colpi di scena, la drammaturgia è tutta interiore. Certo è un cinema ascetico, che non concede nulla alle leggi e alle convenzioni di quello che abitualmente si intende per spettacolo cinematografico: ma il risultato è che, in alcuni decenni, ho potuto rivedere questo film con godimento crescente e conquistarlo sempre di più.
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