Il così detto cinema di genere prevede pellicole di puro intrattenimento, essenzialmente attente ad appagare i gusti del pubblico e con poche velleità di altro tipo: personalmente è questo il cinema che preferisco.
Uno dei generi cinematografici di maggiore successo, soprattutto negli anni’40 e ’50 è stato indiscutibilmente il noir. Gli elementi che caratterizzano le opere di questo filone cinematografico sono l’ambientazione in una grande metropoli moderna; le atmosfere rarefatte, con la gran parte delle scene che avvengono di notte, magari anche sotto la pioggia; una trama intricata con qualche mistero da svelare e l’immancabile colpo di scena; la presenza dei classici personaggi duri e violenti, spesso divisi tra poliziotti e delinquenti, che sempre si trovano in film del genere.
Questa pellicola del semisconosciuto americano Joseph H. Lewis presenta tutti questi elementi, delineandosi pertanto come un’opera pienamente fedele ai precetti del cinema noir; tuttavia i grossi difetti di sceneggiatura e la cattiva realizzazione restituiscono una pellicola che nel complesso è ben poco convincente.
I punti di forza sono le riuscitissime atmosfere, ottenute grazie ad un uso sapiente delle luci, ed una trama che sebbene non sia niente di eccezionale, è comunque abbastanza intricante.
C’è anche il solito triangolo tra l’integerrimo ispettore di polizia, la sofisticata donna del boss malavitoso e appunto quest’ultimo che il protagonista vuole incastrare ad ogni costo. Sembrerebbe tutto nella norma insomma, ma qui invece affiora un primo pesante difetto della sceneggiatura che non spiega affatto da cosa derivi l’infatuazione del protagonista (Cornel Wilde) per la bella dark lady (Jean Wallace): solitamente in questi casi la storia prevede che i due si conoscessero da prima, o che magari avessero addirittura avuto una relazione; a nulla di tutto questo si fa minimamente cenno invece, con l’effetto di dare luogo ad una lacuna abbastanza grave ed inspiegabile.
L’altro ruolo di rilievo, quello del gangster, è interpretato dall’ottimo Richard Conte, attore divenuto celebre proprio per la partecipazione a molte pellicole noir, nonché anche per un altro ruolo di un celebre malavitoso del cinema, quello di Don Barzini ne “Il padrino”, l’immenso capolavoro di Francis Ford Coppola.
Per il resto si segnala Brian Donlevy nella parte dello scagnozzo che vorrebbe fare le scarpe al boss, un ruolo ricorrente nei noir e molto interessante, che poteva essere meglio sviluppato; un convincente Robert Middleton nei panni del capo della polizia; un giovane Lee Van Cleef che interpreta uno dei sicari; ed infine Helen Walker in un ruolo chiave, ammantato di mistero.
Poco riusciti i dialoghi.
Si segnala la presenza di molte scene di violenza, anche ben eseguite, che rappresentano una rarità per una pellicola di quei tempi.
Pessimo finale, con l’ultima scena decisamente malriuscita.
Una curiosità: Cornel Wilde e Jean Wallace erano sposati nella vita reale.
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