L'arte di arrangiarsi |
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Un film di Luigi Zampa.
Con Alberto Sordi, Franco Coop, Elli Parvo, Armenia Balducci, Nando Bruno.
continua»
Commedia,
b/n
durata 100 min.
- Italia 1954.
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Brancati tra politica e gallismodi AlfioSquillaciFeedback: 1269 | altri commenti e recensioni di AlfioSquillaci |
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lunedì 9 agosto 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Girato da Luigi Zampa, scritto da un Vitaliano Brancati (soggetto e sceneggiatura) che da lì a poco ci avrebbe lasciati per sempre. Due sono state le costanti dell'arte di Brancati (che senz'altro è il padre di questo film): il sesso e la politica, ossia i due corni del suo personale inferno: la vita dei sensi e dell'istinto e quella delle idee e della ragione. Se la politica, come diceva Stendhal (che Brancati conosceva più che bene visto che all'opera narrativa "Armance" dello scrittore francese aveva rubato il soggetto del "Bell'Antonio), funziona in un romanzo "come un colpo di pistola in un concerto", qui Brancati ha l'ambizione di intessere TUTTA una storia sul filo della politica italiana dall'epoca giolittiana a quella del secondo dopoguerra: una carrellata di circa 40 anni interamente giocata sulle "scelte" politiche opportunistiche di Sasà Scimeni, il protagonista. Funziona tutto ciò? o i "colpi di pistola" della politica si sentono lungo tutto il "concerto" del film? La narrazione filmica, maneggiando idee, ha dovuto pertanto infoltirsi di parole e di dialoghi e di situazioni sceniche molto statiche, in cui l'azione risulta giocoforza mortificata. Soccorre a ravvivare il tutto l'esuberante e canagliesca recitazione di un Alberto Sordi, ancora romano e ancora "compagnuccio della parrocchietta" (l'Alberto Sordi mafioso e siciliano di Lattuada è ancora di là da venire), da stingere in macchietta il rovello interiore di Brancati, ma anche di alleggerirlo a beneficio degli spettatori di allora e tanto più di quelli di oggi, venuti quasi 60 anni dopo, quando di quei rovelli politici s'è persa ogni traccia. Ma a ben vedere il bersaglio di Brancati è l'italiano trasformista e maneggione, "cinico" ossia senza princìpi (e averceli tutti i princìpi come Sasà che da quelli socialisti finisce a quelli democristiani transitando per quelli fascisti e comunisti, significa non averne nessuno), "realista" ossia che si adatta elesticamente a tutte le situazioni, assistito e guidato solo dalle opportunità e dalle convenienze che un'idea politica, fattasi potere pubblico, può arrecare al singolo, al suo "particulare". E ossessionato dalla stella polare del sesso, dell'universo femminile, in tutte le sue configurazioni sociali: dalla coniugata alla nubile ereditiera sovrappeso, dalla canzonettista alla "velina"-attricetta dell'epoca. 6o anni dopo siamo ancora lì: ciò vuol dire che Brancati-Zampa hanno colto nella sua configurazione metaforica e metastorica l'italiano di sempre, quello che, uscito dal travaglio dei secoli, dalla Controriforma quanto meno, è ancora in mezzo a noi e ci seduce e ci governa ancora. E' perciò "attuale" il film, ma soprattutto perché "immobile" il nostro mondo e la nostra società. Ci raggiunge nell'intimo perché siamo stati fermi. Quando Nanni Moretti dice che "ce lo siamo meritato Alberto Sordi" a "questo" Alberto Sordi pensa, che qui scolpisce con genialità una delle sue prime maschere del carattere nazionale italiano.
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