laurence316
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domenica 21 ottobre 2018
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un indimenticabile racconto di coraggio e speranza
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Riconosciuto come uno dei film più influenti, citati e imitati della storia del cinema (com’è ben noto, non da ultimo dal cinema americano), punto di partenza per qualunque trama che preveda il reclutamento di un gruppo in vista di una missione da compiere (non solo I magnifici sette, dunque, ma anche, ad esempio, Quella sporca dozzina, I cannoni di Navarone, Il mucchio selvaggio), I sette samurai è un imponente affresco (ma forse, meglio ancora, “una tragedia di smisurate dimensioni” [F. Di Giammatteo]), umanista e poetico, a tratti commovente, a tratti persino divertente (e ciò si deve soprattutto al personaggio di Kikuchiyo, interpretato da un irrefrenabile Mifune), che possiede l’indubbio fascino delle cose semplici e profonde.
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Riconosciuto come uno dei film più influenti, citati e imitati della storia del cinema (com’è ben noto, non da ultimo dal cinema americano), punto di partenza per qualunque trama che preveda il reclutamento di un gruppo in vista di una missione da compiere (non solo I magnifici sette, dunque, ma anche, ad esempio, Quella sporca dozzina, I cannoni di Navarone, Il mucchio selvaggio), I sette samurai è un imponente affresco (ma forse, meglio ancora, “una tragedia di smisurate dimensioni” [F. Di Giammatteo]), umanista e poetico, a tratti commovente, a tratti persino divertente (e ciò si deve soprattutto al personaggio di Kikuchiyo, interpretato da un irrefrenabile Mifune), che possiede l’indubbio fascino delle cose semplici e profonde.
Un’opera che fonde abilmente e armoniosamente filosofia e intrattenimento, in un amalgama ricco d’emozione e sentimento, ma anche di movimento e azione. Uno straordinario e indimenticabile racconto di resistenza e coraggio, speranza, sacrificio e solidarietà, incentrato sul confronto spesso non facile tra due culture, di entrambe le quali vengono esposte tanto le luci quanto le ombre, che agisce in definitiva come “un incitamento contro la rassegnazione e lo scoramento, visti come i due grandi nemici dell’uomo” (Mereghetti).
Meditazione sul “destino degli uomini e dei popoli” (Di Giammatteo), nonché malinconico riconoscimento dell’immutabilità di una certa condizione tipica di un’umanità perennemente costretta a soffrire e sacrificarsi (come dice il vecchio del villaggio), eppure resiliente e capace di rinascere (“Noi samurai siamo come il vento che passa veloce sulla terra, ma la terra rimane e appartiene ai contadini. Anche questa volta siamo stati noi i vinti; i veri vincitori sono loro,” dice ad un tratto Kambei), I sette samurai non è solo probabilmente il miglior film di Kurosawa, ma una grande epopea, inscritta in un preciso periodo storico e in un preciso contesto culturale eppure universale.
“Non abbia paura di accostarsi a questo classico il giovane spettatore; non ne tema il prestigio, la fama, l'importanza; non ne tema l'entità. Perché in esso non troverà la rigida grandiosità dell'epos fine a sé stesso, ma una storia unica e vibrante, la gioia dell'avventura, della solidarietà e dell'amicizia, e il dramma della guerra e dell'amore deluso: pur strettamente radicato nella storia e nella tradizione giapponese, e inserito in un filone popolarissimo nella terra del Sol Levante, I sette samurai, oggi e per sempre, parla al cuore di tutti” (A. Starace, movieplayer.it).
Malamente scorciato di quasi 50 minuti (per mere ragioni commerciali) dai produttori (preoccupati che il pubblico occidentale non fosse disposto a visionare le quasi 3 ore e mezza originali), e di altri 30 minuti per l’edizione italiana (ignobilmente doppiata), il film è stato finalmente ripristinato nella sua versione originaria a partire dagli anni ‘80 ed è disponibile con sottotitoli.
Ovviamente è questa la versione da preferire, per aver modo di apprezzare appieno la portata e la grandezza del 15° film di Kurosawa, ottimo successo di pubblico al tempo dell’uscita, Leone d’argento a Venezia (ex acqueo con La strada, Fronte del porto e L’intendente Sansho), dove il Leone d’oro è decisamente andato al film sbagliato, che ha aperto la strada (insieme a Rashomon, e ad altri film di autori quali Ozu e Mizoguchi) alla diffusione in occidente del cinema giapponese e al suo definitivo riconoscimento su scala internazionale.
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g. romagna
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martedì 29 dicembre 2009
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i sette samurai
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Un inno alla lealtà, al coraggio e alla solidarietà, un bello spaccato culturale su una realtà a noi lontana e un più che avvincente dramma d'azione facente leva sulla grande suspance che si crea durante le attese del nemico (sul modello di Buzzati ne "Il deserto dei Tartari") e sul notevole dinamismo delle scene di battaglia. Magnifici Shimura e,ancor più, Mifune.
Splendida è poi la piccola perla che ci viene offerta nel finale, quando, alla luce del rifiuto che il giovane samurai incassa dall'amata, il maestro ripercorre con pessimismo la parabola di costoro, uomini di grande cuore che, operando il bene per il bene, sempre, senza se e senza ma ed a rischio continuo della propria vita, poi, alla fine dei conti, non ne raccolgono mai concretamente i frutti e, come dei Grandi Inquisitori dostoevskijiani al contrario, lasciano con triste rassegnazione che siano gli altri a godere dei benefici dal loro valore procurati.
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Un inno alla lealtà, al coraggio e alla solidarietà, un bello spaccato culturale su una realtà a noi lontana e un più che avvincente dramma d'azione facente leva sulla grande suspance che si crea durante le attese del nemico (sul modello di Buzzati ne "Il deserto dei Tartari") e sul notevole dinamismo delle scene di battaglia. Magnifici Shimura e,ancor più, Mifune.
Splendida è poi la piccola perla che ci viene offerta nel finale, quando, alla luce del rifiuto che il giovane samurai incassa dall'amata, il maestro ripercorre con pessimismo la parabola di costoro, uomini di grande cuore che, operando il bene per il bene, sempre, senza se e senza ma ed a rischio continuo della propria vita, poi, alla fine dei conti, non ne raccolgono mai concretamente i frutti e, come dei Grandi Inquisitori dostoevskijiani al contrario, lasciano con triste rassegnazione che siano gli altri a godere dei benefici dal loro valore procurati. Capolavoro.
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paola di giuseppe
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mercoledì 6 gennaio 2010
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i sette samurai, un'epica al contrario
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Nel Giappone medievale,una storia di briganti,un villaggio di contadini plurisaccheggiato e sei samurai più un settimo,Kikuchiyo,un Toshiro Mifune,perfetto "miles gloriosus" nella buffa armatura,figlio di contadini decimati dai briganti,deciso a farsi consacrare samurai,fosse anche a costo della vita.Stralunato soldato di ventura,uscito dalla penna di Cervantes o scappato dalle scene di Shakespeare,sarà per tutto il film il collante fra due mondi separati,gli umili e spaventati contadini e i tronfi “signori della guerra”,che sfilano impettiti nei villaggi,esibendo granitica fedeltà al bushido,codice d’onore a cui hanno affidato il senso della loro vita.
I contadini hanno però bisogno di difendersi,i briganti incombono sul prossimo raccolto di riso e il vecchio saggio del villaggio ha prescritto la cura:servono samurai,andate ad ingaggiarli e tassatevi tutti perché bisogna convincerli e,soprattutto,pagarli.
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Nel Giappone medievale,una storia di briganti,un villaggio di contadini plurisaccheggiato e sei samurai più un settimo,Kikuchiyo,un Toshiro Mifune,perfetto "miles gloriosus" nella buffa armatura,figlio di contadini decimati dai briganti,deciso a farsi consacrare samurai,fosse anche a costo della vita.Stralunato soldato di ventura,uscito dalla penna di Cervantes o scappato dalle scene di Shakespeare,sarà per tutto il film il collante fra due mondi separati,gli umili e spaventati contadini e i tronfi “signori della guerra”,che sfilano impettiti nei villaggi,esibendo granitica fedeltà al bushido,codice d’onore a cui hanno affidato il senso della loro vita.
I contadini hanno però bisogno di difendersi,i briganti incombono sul prossimo raccolto di riso e il vecchio saggio del villaggio ha prescritto la cura:servono samurai,andate ad ingaggiarli e tassatevi tutti perché bisogna convincerli e,soprattutto,pagarli.
Riso,naturalmente,e voi mangerete miglio,e che siano tre,di più non possiamo permettercene.
Saranno sette,il vecchio samurai Kambei dallo sguardo buono e gentile,primo adepto alla causa dei contadini perchè dall’arte della guerra ha imparato,per provvidenziale contrappasso,la pietà umana,da abile stratega sa che con meno di sette è impossibile organizzare una difesa credibile.
La battaglia ci sarà,nell’ultimo quarto del film,e culminerà in un crescendo addirittura wagneriano nella forza sonora dell’accompagnamento musicale,sezione di una partitura cinematografica memorabile,fatta di trombe dal rimbombo metallico,cupe percussioni presagio di morte ed elegiaci cori a bocca chiusa che esaltano il lirismo di tante scene.
Il magnetismo delle riprese a campi lunghi per lo scontro finale tocca l’apice nella pioggia torrenziale, che trasforma in fango uomini e cose,fondendo gli elementi in un viluppo infernale.Combattono tutti, uomini e donne,samurai e contadini,i quaranta briganti saranno sterminati dall’abile tattica militare di Kambei e dalla generosa dedizione alla causa umanitaria di questi rivoluzionari super-eroi, indimenticabili nel tratteggio che Kurosawa modula delle loro figure.
Kambei,solida roccia,dolce e severo,dichiara all’inizio e alla fine del film il fallimento dell’etica cavalleresca a favore della misura umana:“.Ci hanno sempre ripetuto “allenatevi, distinguetevi, diventate i signori della guerra”. Consumiamo l’esistenza in questa vana ricerca,giunge la vecchiaia e ci ritroviamo con un pugno di mosche in mano”
Katsuhiro è il samurai giovane,entusiasta e un po’ sprovveduto,che tutti tendono a proteggere.Catturato dall’amore della contadina Shino, contravviene così anche lui a suo modo ai codici cavallereschi che mai accetterebbero simili connubi,anche se il suo idolo rimane sempre Kyuzo, l’asceta della spada,taciturno e appartato, schivo esecutore di imprese leggendarie.
E ancora Gorobei, Shikiroji, Heichaki,ognuno con la sua umanità,tutti capaci di mettere le loro virtù guerriere al servizio di umili contadini disprezzati e derisi,inaspettati protagonisti,nella loro dolente coralità,di un film di samurai.
La spada che Kambei conficca sul tumulo di Kikuchiyo,consacrandolo contadino-samurai,è il segno più forte di questo incomparabile ribaltamento di regole che Kurosawa mette in campo per un’epica favolosa eppure così ancorata alla realtà,da immenso aedo del cinema che contamina generi (teatro, lirica,epica cavalleresca ed eroicomica) e fonda quella che è stata definita“l’Iliade e Guerra e pace dei contadini”
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lucaguar
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martedì 6 maggio 2014
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un inno all'umiltà
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Dopo aver visto "I sette samurai" è venuto spontaneo chiedermi perchè tale film sia da decenni considerato un caposaldo del cinema mondiale.
La risposta non può essere immediata, in quanto ritengo che questa pellicola vada considerata tenendo conto del contesto culturale che espone e che fa rivivere. Senza un minimo di conoscenza della cultura e della storia giapponese è infatti non solo superficiale ma anche irrispettoso giudicare a priori le intenzioni di quest'opera.
Che sia un film tecnicamente ben realizzato è chiaro: le ambientazioni, il montaggio in perfetto stile Kurosawa che ricorda e porta avanti la strepitosa innovazione di "Rashomon" (che ha ispirato generazioni di registi), la bellissima fotografia in bianco e nero e soprattutto la straordinaria bravura degli attori sono tutti elementi apprezzabili e di qualità.
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Dopo aver visto "I sette samurai" è venuto spontaneo chiedermi perchè tale film sia da decenni considerato un caposaldo del cinema mondiale.
La risposta non può essere immediata, in quanto ritengo che questa pellicola vada considerata tenendo conto del contesto culturale che espone e che fa rivivere. Senza un minimo di conoscenza della cultura e della storia giapponese è infatti non solo superficiale ma anche irrispettoso giudicare a priori le intenzioni di quest'opera.
Che sia un film tecnicamente ben realizzato è chiaro: le ambientazioni, il montaggio in perfetto stile Kurosawa che ricorda e porta avanti la strepitosa innovazione di "Rashomon" (che ha ispirato generazioni di registi), la bellissima fotografia in bianco e nero e soprattutto la straordinaria bravura degli attori sono tutti elementi apprezzabili e di qualità.
Per comprendere però, come dicevo sopra, la grandezza di questo film bisogna analizzarlo considerando la filosofia e la cultura giapponese, e nello specifico quella "samurai", rapportata alla visione e all'interpretazione personale che Kurosawa ne ha saputo dare.
Il termine samurai significa letteralmente "servitore" e indicava la nobiltà guerriera, guerrieri valorosi ma con un senso dell'onore, del rispetto e soprattutto della cultura elevatissimi.
Penso che Kurosawa abbia colto nel segno. Il regista ci ha infatti mostrato il vero senso della cultura samurai, cioè il servilismo e l'umiltà.
I samurai ronin, assoldati e guidati da Kanbei Shimada, danno infatti segno di un'umiltà e di un'umanità straordinarie combattendo, rischiando (e alcuni perdendo) la vita per qualche pugno di riso, difendendo i contadini dai ripetuti attacchi dei briganti soprattutto per l'onore e per i valori profondi che essi avevano impressi nel loro essere.
Per sapere se la visione di Kurosawa sia un po' troppo "poetica" si dovrebbe conoscere più a fondo la cultura del Giappone di quell'epoca, ma ciò che è certo è la stupenda lezione che il film ci dona, intatta ai segni dei tempi, sulla gratuità e sul dono di se stessi agli altri.
I samurai non hanno nulla da guadagnare, anzi hanno moltissimo da perdere inoltrandosi in queste battaglie, ma c'è qualcosa di più profondo e importante del semplice tornaconto personale che li spinge.
Il senso di questo film è senza dubbio una luce luminosissima anche e soprattutto per il nostro tempo, caratterizzato da una società così malata e corrosa da un egoismo imperversante. Ciò sta a testimoniare che le grandi verità e le grandi opere vanno al di là del tempo.
Ho visto qui anche commenti negativi e voci "fuori dal coro": ci possono stare, il flm è complesso e non di facile vedibilità, ma lo spessore dell'opera è fuor di dubbio in quanto occorre considerare il senso profondo e i valori che essa esprime oltre a ciò che si vede e alle scene d'azione, che pure, a mio parere, sono ottime.
Una nota puramente personale non può non andare all'atmosfera straordinaria che mi dona ogni film di Kurosawa: anche stavolta il grande regista ha saputo trasmettermi un nobile e grandioso senso di pace e di serenità, nonostante i molti momenti di tensione del film splendidamente sottolineati da musiche gravi e inquietanti; è una dote veramente rara questa e che non ho ritrovato in nessuna altro regista. Ovviamente però l'arte è opinabile e ognuno sente secondo il suo essere e la sua sensibilità.
Veramente impressionante è poi come Kurosawa faccia rendere al massimo gli attori: anche ne "I sette samurai" le interpretazioni di tutti gli attori sono di altissimo livello, anche impreziosite dalla consueta teatralità kabuki; su tutti ovviamente i "soliti" Takashi Shimura e Toshiro Mifune, attori come se ne sono visti pochi nella storia del cinema.
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adriano sgarrino
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giovedì 4 febbraio 2010
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i sette samurai
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Paese di prod.: Giappone Anno: 1954 Di: Akira Kurosawa Con: Toshiro Mifune, Takashi Shimura, Yoshio Inaba, MInoru Chiaki, Seiji Miiyaguchi, Daisuke Kato, Kamatari Fujiwara, Ko Kimura, Bokuzen Hidari, Kuninori Kodo. Nel Giappone del Cinquecento modesti contadini assoldano sette samurai per proteggersi dalle angherie dei briganti. Dopo una iniziale fase di studio e di diffidenza, i mercenari prenderanno a cuore la causa dei contadini, solidarizzando con loro e impegnandosi strenuamente per difendere i loro appezzamenti terrieri. Sceneggiato da Kurosawa assieme a Shinobu Hashimoto e Hideo Oguni, uno dei capolavori del Maestro giapponese e della filmografia mondiale. Il ritmo accuratamente rallentato e solenne è ideale per sondare a fondo l'incontro tra due culture, quella contadina e quella dei samurai, così apparentemente diverse, che tuttavia troveranno il loro punto di incontro nella valorosa difesa delle terre contadine e dei valori di un'intera nazione, quella giapponese, profondamente dilaniata dalle guerre civili.
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Paese di prod.: Giappone Anno: 1954 Di: Akira Kurosawa Con: Toshiro Mifune, Takashi Shimura, Yoshio Inaba, MInoru Chiaki, Seiji Miiyaguchi, Daisuke Kato, Kamatari Fujiwara, Ko Kimura, Bokuzen Hidari, Kuninori Kodo. Nel Giappone del Cinquecento modesti contadini assoldano sette samurai per proteggersi dalle angherie dei briganti. Dopo una iniziale fase di studio e di diffidenza, i mercenari prenderanno a cuore la causa dei contadini, solidarizzando con loro e impegnandosi strenuamente per difendere i loro appezzamenti terrieri. Sceneggiato da Kurosawa assieme a Shinobu Hashimoto e Hideo Oguni, uno dei capolavori del Maestro giapponese e della filmografia mondiale. Il ritmo accuratamente rallentato e solenne è ideale per sondare a fondo l'incontro tra due culture, quella contadina e quella dei samurai, così apparentemente diverse, che tuttavia troveranno il loro punto di incontro nella valorosa difesa delle terre contadine e dei valori di un'intera nazione, quella giapponese, profondamente dilaniata dalle guerre civili. Ognuno dei sette samurai incarna, infatti, un differente aspetto della morale e del pensiero giapponesi - dalla saggezza all'astuzia, dall'ascetismo alla generosità, ecc. - che solo il sacrificio per una giusta causa saprà riscattare. Così, il film si lascia apprezzare non tanto per le bellissime sequenze finali della battaglia, quanto proprio per questa meritevole, definitiva affermazione dei veri valori sulle ingiustizie e sugli stenti di una società ormai allo sbando. Il film va visto assolutamente nella sua durata originale (200 minuti circa) per ammirare la straordinaria abilità di Kurosawa di raccontare una vicenda così fascinosa con una semplicità ed una profondità narrativa di cui solo i capolavori sanno avvalersi (capacità, per altro, che rappresenta una caratteristica peculiare di Kurosawa come avviene nel suo stupendo "Dersu Uzala" del 1975). Nel 1960 John Sturges diresse un remake in chiave western ("I magnifici sette"), dignitoso e godibile, ma palesemente inferiore all'originale.
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il cinefilo
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domenica 1 agosto 2010
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uno dei vertici del cinema giapponese
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TRAMA:La storia è ambientata nel Giappone feudale dove un gruppo di samurai accetta di difendere un villaggio di contadini dagli assalti di un gruppo di briganti...RECENSIONE: Akira Kurosawa,con questo film,realizza un grande e potente "affresco" sulla nazione giapponese di quegli anni ormai lontani e compie questa difficile operazione raccontando una storia di coraggio,cultura orientale e avventura e narrati attraverso uno schema narrativo che contribuisce a ingigantirne la dimensione "epica" e che invano si potrebbe tentare di trovare nel cinema attuale.
Quest'opera possiede i suoi grandi punti di forza nei vari attori protagonisti e caratteristi giapponesi(Toshiro Mifune,divenuto una star grazie ad Akira Kurosawa è probabilmente il migliore)che sono veramente straordinari,nelle magnifiche sequenze delle varie battaglie contro i briganti(memorabili ancora oggi,mentre attualmente senza l'utilizzo degli effetti speciali digitali non sono più in grado di fare quasi niente)dove la scelta di non utilizzare alcuna colonna sonora si rivela vincente e nella lunga durata del film che non è affatto un difetto ma,al contrario,amplifica la sua dimensione "leggendaria" e permette al regista di riuscire a "inquadrare" con precisione i vari personaggi e i diversi aspetti della loro personalità.
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TRAMA:La storia è ambientata nel Giappone feudale dove un gruppo di samurai accetta di difendere un villaggio di contadini dagli assalti di un gruppo di briganti...RECENSIONE: Akira Kurosawa,con questo film,realizza un grande e potente "affresco" sulla nazione giapponese di quegli anni ormai lontani e compie questa difficile operazione raccontando una storia di coraggio,cultura orientale e avventura e narrati attraverso uno schema narrativo che contribuisce a ingigantirne la dimensione "epica" e che invano si potrebbe tentare di trovare nel cinema attuale.
Quest'opera possiede i suoi grandi punti di forza nei vari attori protagonisti e caratteristi giapponesi(Toshiro Mifune,divenuto una star grazie ad Akira Kurosawa è probabilmente il migliore)che sono veramente straordinari,nelle magnifiche sequenze delle varie battaglie contro i briganti(memorabili ancora oggi,mentre attualmente senza l'utilizzo degli effetti speciali digitali non sono più in grado di fare quasi niente)dove la scelta di non utilizzare alcuna colonna sonora si rivela vincente e nella lunga durata del film che non è affatto un difetto ma,al contrario,amplifica la sua dimensione "leggendaria" e permette al regista di riuscire a "inquadrare" con precisione i vari personaggi e i diversi aspetti della loro personalità.
Akira Kurosawa è il regista che con il suo film RASHOMON ha permesso al cinema giapponese di ottenere una grande notorietà in quello occidentale(che non è certamente un merito di poco conto)e con I SETTE SAMURAI lo ha portato definitivamente alla gloria.
Questo film si può definire perfetto sotto tutti gli aspetti e quando lo si vede una volta viene la tentazione di visionarlo sempre di più in quanto possiede la capacità di non invecchiare mai malgrado la sua realizzazione risalga al 1954.
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dandy
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mercoledì 20 aprile 2011
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i samurai non vincono mai.
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Film d'avventura di respiro epico che unisce l'elegia della terra e della solidarietà cari al regista a alla riflessione sul confronto-scontro di due culture.I contadini,descritti in modo lineare e globale.E i Samurai,approfonditi attraverso i veri caratteri dei sette protagonisti,che incarnano i diversi aspetti del comportamento morale e dell'onore del Giappone cinquecentesco:Kambei è saggio e disincantato(non manca di sottolineare il lato autodistruttivo dell'impresa,e alla fine sentenzia"Ancora una volta abbiamo perso....").Heiachi e Gorobei sono astuti e gioviali, e i più dotati di buon senso.Kyuzo è ascetico(a lui si ispira il personaggio di James Coburn in "I magnifici sette").
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Film d'avventura di respiro epico che unisce l'elegia della terra e della solidarietà cari al regista a alla riflessione sul confronto-scontro di due culture.I contadini,descritti in modo lineare e globale.E i Samurai,approfonditi attraverso i veri caratteri dei sette protagonisti,che incarnano i diversi aspetti del comportamento morale e dell'onore del Giappone cinquecentesco:Kambei è saggio e disincantato(non manca di sottolineare il lato autodistruttivo dell'impresa,e alla fine sentenzia"Ancora una volta abbiamo perso....").Heiachi e Gorobei sono astuti e gioviali, e i più dotati di buon senso.Kyuzo è ascetico(a lui si ispira il personaggio di James Coburn in "I magnifici sette").Katsushiro è il più giovane,generoso e idiealista ansioso di intraprendere la strada di Kambei.Shichiroj è professionale e vorrebbe restare nell'ombra.E Kikuchiyo(l'incontenibile Toshiro Mifune)lega le due culture con le sue origini contadine,diviso tra odio e rispetto(la sua famiglia fu uccisa dai Samurai),sbruffone ed esagitato,ma in realtà combattuto e insoddisfatto.Ed è a lui e Katsushiro,che si ispira il personaggio di Horst Bucholtz nel remake di John Struges.Molte altre cose nel suo western ricalcano fedelmente queste vicende.Rispetto al suo film però,qui è maggiormente marcato il fascino e la grandezza nella descrizione delle cose semplici,e l'incitamento contro il rassegnamento e la vigliaccheria,visti come grandi nemici dell'uomo.Inoltre,pochissimo spazio è destinato ai banditi.Chi ha apprezzato "I magnifici sette"non può permettersi di non conoscere il film che l'ha ispirato.Che è uno dei migliori realizzati da Kurosawa.Possibilmente nella versione integrale sottotitolata(200'),non in quella di soli 140' doppiata in modo cretino e con le concitate scene di battaglia accorciate malamente.C'è anche una versione di 190',decisamente migliore ma sempre con lo stesso orrido doppiaggio.A voi la scelta.
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tomdoniphon
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sabato 28 giugno 2014
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"guerra e pace" ai tempi dei samurai
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Giappone, XVI secolo. Cinque samurai, scelti dal saggio Kambei (Shimura), accettano di difendere i contadini di un villaggio costantemente attaccato dai briganti. A loro si aggiunge un contadino fanfarone che vuole diventare guerriero. Quattro dei sette samurai moriranno per difendere il villaggio, ma assieme ai contadini batteranno i banditi. Il capolavoro di Kurosawa e del cinema giapponese, ed uno dei primi cinque-dieci film di tutti i tempi. Al centro de "I sette samurai" c'è il confronto tra due culture, quella contadina e quella dei samurai: la prima è rappresentata globalmente, la seconda più analiticamente; ciascuno dei sette samurai corrisponde ad un diverso carattere.
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Giappone, XVI secolo. Cinque samurai, scelti dal saggio Kambei (Shimura), accettano di difendere i contadini di un villaggio costantemente attaccato dai briganti. A loro si aggiunge un contadino fanfarone che vuole diventare guerriero. Quattro dei sette samurai moriranno per difendere il villaggio, ma assieme ai contadini batteranno i banditi. Il capolavoro di Kurosawa e del cinema giapponese, ed uno dei primi cinque-dieci film di tutti i tempi. Al centro de "I sette samurai" c'è il confronto tra due culture, quella contadina e quella dei samurai: la prima è rappresentata globalmente, la seconda più analiticamente; ciascuno dei sette samurai corrisponde ad un diverso carattere. Il personaggio interpretato da Mifune (interprete prediletto del regista, insieme a Shimura) lega le due culture per le sue origini contadine. Le scene di battaglia sono davvero indimenticabili, soprattutto per la straordinaria energia che sprigionano sullo schermo. Ma sono altrettanto appassionanti i momenti di quiete, tanto che il film può essere accostato al capolavoro di Tolstoj "Guerra e pace". Fonte di ispirazione per moltissimi registi (Coppola lo rivedeva continuamente durante le riprese di "Apocalypse now"), è davvero incredibile l'emozione che il film sa ancora oggi regalare allo spettatore di tutte le età. Da vedere e rivedere.
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jos d
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domenica 27 giugno 2010
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il più celebre capolavoro del cinema orientale
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Nella seconda metà del XVI secolo il Giappone è in piena anarchia feudale e le masse contadine vivono indifese sotto la costante minaccia di guerrieri predatori che razziano periodicamente i villaggi. La rassegnazione è il sentimento più diffuso di fronte a tale stato di cose, ma c’è chi invece preferisce reagire come Rikichi (Yoshio Kasugi), un giovane e coraggioso contadino che convince la gente del suo villaggio a cercare una soluzione. Su consiglio del vecchio saggio, Rikichi si reca in città per reclutare dei samurai, ma è un’impresa ardua perché non ha molto da offrire. Per sua fortuna Rikichi incontra un anziano samurai di nome Kambei Shimada (Takashi Shimura), il quale non solo accetta di difendere il villaggio, quanto si impegna anche attivamente per il reclutamento degli altri samurai.
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Nella seconda metà del XVI secolo il Giappone è in piena anarchia feudale e le masse contadine vivono indifese sotto la costante minaccia di guerrieri predatori che razziano periodicamente i villaggi. La rassegnazione è il sentimento più diffuso di fronte a tale stato di cose, ma c’è chi invece preferisce reagire come Rikichi (Yoshio Kasugi), un giovane e coraggioso contadino che convince la gente del suo villaggio a cercare una soluzione. Su consiglio del vecchio saggio, Rikichi si reca in città per reclutare dei samurai, ma è un’impresa ardua perché non ha molto da offrire. Per sua fortuna Rikichi incontra un anziano samurai di nome Kambei Shimada (Takashi Shimura), il quale non solo accetta di difendere il villaggio, quanto si impegna anche attivamente per il reclutamento degli altri samurai. Se questo film è considerato il capolavoro per eccellenza della cinematografia giapponese non è certamente solo per le grandi battaglie che lo animano, considerato peraltro che queste prendono piede soltanto nell’ultima ora della pellicola -la cui durata sfiora addirittura i 200’. Quello che rende I sette samurai uno dei più grandi capolavori di sempre è piuttosto la sua capacità di rappresentare con estrema efficacia e naturalezza un determinato contesto storico-sociale attraverso le interazioni fra una vasta gamma di protagonisti, alcuni dei quali particolarmente significativi; si pensi alla figura di Kikuchiyo (Toshiro Mifune): rozzo, rabbioso e sbruffone, in un primo momento non può che apparire come un personaggio piuttosto negativo, ma poi Kurosawa ci spiega le ragioni di questa sua indole ed allora cominciamo ad apprezzarlo per il suo coraggio e la sua schiettezza: a differenza degli altri Kikuchiyo non è un vero samurai; egli è figlio di contadini ma, rimasto orfano da bambino proprio per mano di una scorribanda di guerrieri, Kikuchiyo è cresciuto con l’unico ideale di reagire, di sottrarsi al suo destino di essere impotente ed è per questo che va in bestia quando vede nei contadini un atteggiamento arrendevole e rassegnato. Leone d’Argento a Venezia ex aequo con Fronte del porto di Kazan, La strada di Fellini e L’intendente Sansho, anch’esso di provenienza giapponese (regia di Kenji Mizoguchi). Nel 1960 il canovaccio del film verrà riproposto nel western hollywoodiano I magnifici sette, diretto da John Struges ed interpretato, fra gli altri, da Steve McQueen, James Coburn e Charles Bronson.
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jacopo b98
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venerdì 21 febbraio 2014
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un epico capolavoro del cinema giapponese!
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Nel Giappone medievale dei briganti vogliono saccheggiare un villaggio. I contadini allora assoldano sette samurai per difendere il villaggio. La vittoria verrà pagata a caro prezzo. È il più grande capolavoro di Kurosawa, insieme allo splendido Ran, nonché uno dei più grandi film giapponesi (e non solo) della storia del cinema. È il più lungo film mai girato da Kurosawa, anche se, per la distribuzione, la produzione lo accorciò da 200’ a 140’, tagliando buona parte delle splendide scene di battaglia. Recentemente la versione originale è stata nuovamente distribuita in tutta la sua durata integrale. È la storia di sette guerrieri che si sacrificano per salvare il cuore pulsante della civiltà giapponese: i contadini.
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Nel Giappone medievale dei briganti vogliono saccheggiare un villaggio. I contadini allora assoldano sette samurai per difendere il villaggio. La vittoria verrà pagata a caro prezzo. È il più grande capolavoro di Kurosawa, insieme allo splendido Ran, nonché uno dei più grandi film giapponesi (e non solo) della storia del cinema. È il più lungo film mai girato da Kurosawa, anche se, per la distribuzione, la produzione lo accorciò da 200’ a 140’, tagliando buona parte delle splendide scene di battaglia. Recentemente la versione originale è stata nuovamente distribuita in tutta la sua durata integrale. È la storia di sette guerrieri che si sacrificano per salvare il cuore pulsante della civiltà giapponese: i contadini. Poveri, ignoranti, eppur estremamente furbi. Nei sette samurai si identificano le sette virtù (e difetti) della civiltà dell’epoca: il coraggio, ma contemporaneamente la disillusione, ecc. ecc. E visivamente è la più alta celebrazione del cinema tradizionale giapponese, fatto di lunghe battaglia, di personaggi al contempo buffi eppure serissimi. Ne è un esempio il memorabile personaggio di Kikuchiyo, interpretato da un eccezionale Toshiro Mifune, che qui si riconferma a pieno diritto come uno dei più grandi interpreti della storia del cinema (il più grande tra i giapponesi, senza dubbio). Completamente girato in un bianco e nero che alterna l’oscurità delle scene notturne alla superba chiarezza di quelle diurne (memorabile se splendida luce della scena finale in cui i contadini arano i campi). Grande successo in patria, Leone d’Argento a Venezia e due nomination agli Oscar: costumi e scenografia.
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