eugenio
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martedì 15 aprile 2014
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illusioni estive
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Ispirato a una vicenda realmente accaduta a Ingmar Bergman, il film a cui lo stesso regista dirà di essere profondamente legato per la forte connotazione autobiografica, Un’estate d’amore è semplice e attuale al tempo stesso, affresco sfocato di una condizione che tutti noi abbiamo provato almeno una volta nella vita specie durante le vacanze: la perdita dell’innocenza, il crollo delle illusioni generato da una fiance il cui amore credevamo durasse per sempre e non ha visto nemmeno settembre. Svezia, terra di frontiera e di uomini liberi. Ghiacci e candore, bellezza e disperazione un connubio assai dolente presente nel cinema bergmaniano dove la vita artistica si intreccia con quella cinematografica, l’esistenza sentimentale con il paradosso della passione.
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Ispirato a una vicenda realmente accaduta a Ingmar Bergman, il film a cui lo stesso regista dirà di essere profondamente legato per la forte connotazione autobiografica, Un’estate d’amore è semplice e attuale al tempo stesso, affresco sfocato di una condizione che tutti noi abbiamo provato almeno una volta nella vita specie durante le vacanze: la perdita dell’innocenza, il crollo delle illusioni generato da una fiance il cui amore credevamo durasse per sempre e non ha visto nemmeno settembre. Svezia, terra di frontiera e di uomini liberi. Ghiacci e candore, bellezza e disperazione un connubio assai dolente presente nel cinema bergmaniano dove la vita artistica si intreccia con quella cinematografica, l’esistenza sentimentale con il paradosso della passione.
L’anima spietata del crollo dell’amore sorge in questa gelata “poetica della disillusione” laddove il paesaggio sterile dei mari del Nord prorompe con forza nel balletto soffuso del "Lago dei cigni" e nella musica di Chopin essenziale e vera.
Ambientato nel mondo effimero del teatro laddove tutto assurge a finzione Un’estate d’amore descrive le vicende di Marie, una danzatrice di successo, non più giovane, tormentata dall’imbruttimento fisico e da un passato che non le concede pace: la morte del suo amore “estivo” Erik per un tragico incidente. Passano molti anni e quel dolore lentamente sopito dalle pieghe del tempo ritorna prepotentemente alla luce al ritrovamento di un vecchio diario,traccia indelebile di un passato felice.
In un lento viaggio verso lo chalet al mare,Marie ripercorre mentalmente le tappe del suo amore sino al necessario, delittuoso decadimento. Un’occasione per maturare, comprendere i propri limiti e anche la latente forte e futura gioia di vivere.
Nella vita si puo’ fare una sola cosa, proteggerci,edificare un muro contro gli altri per allontanare gli amori dannati, l'insoddisfazione, la cupezza che fa da sfondo anche ai momenti più felici. Le difese che uno costuisce intorno a sè non sono immortali e tendono a crollare dinanzi ad eventi inaspettati in cui propompe la forza dei sentimenti
C’e’ questo in Un’estate d’amore.
La protagonista, interpretata da una convincente Maj-Britt Nillson, è seguiita con precisione analitica da una cinepresa che l’accompagna in un innamoramento sempre più preciso e decisivo. Bergman mostra già di conoscere a fondo l’intima natura umana: evidenti i rimandi alla giovinezza perduta (il Posto delle fragole), al duello eterno tra l’uomo e forze a lui ignote e imprenscindibili da cui è sconfitto miseramente (Il Settimo sigillo), la figura dell’amore ostile, il fugace infrangersi delle illusioni (Un mondo di marionette),tutti elementi che caratterizzano in pieno questo piccolo dimenticato gioellino.
Senza dimenticare l’attenzione al dualismo della natura umana, all’uso del sonoro, del laboratorio, dello sviluppo e del suono e della cinepresa e degli obiettivi.
Guardare oggi Un’estate d’amore farebbe pensare a una tiepida commediola di fine anni 80 trasposta in un bianco e nero d’essay che sa tanto di vintage. Eppure i tempi di Sapore di sale sono distanti anni luce e si rifrangono miseramente in uno specchio opaco.
Ben diverso da quello del camerino della protagonista in grado di raddoppiare le immagini dell’inquadratura e risucchiare i personaggi in una dimensione senza tempo a contatto diretto con la propria anima dove lo spettatore in un effetto di sprofondamento dell’immagine si trova spaesato nelle regioni remote dell’Io.
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luca scial�
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mercoledì 31 luglio 2013
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esplode il talento di bergman
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Marie è una ballerina ormai non più giovanissima, tormentata dal tempo che passa ma soprattutto, da un amore passato finito in tragedia rievocato dal ritrovamento di un vecchio diario consegnatogli nel camerino. La lettura di quelle pagine riaprono in lei una ferita ormai rimarginata. Rievoca quell'estate di 13 anni prima così spensierata fino al tragico epilogo. Da allora si è chiusa al mondo, riservando per lei solo durezza e tristezza.
Decimo e primo film di rilievo per Ingmar Bergman, ancora giovane regista che finalmente trova la sua strada e non la lascia più; infilando una serie di film di spessore e alta qualità. Questa pellicola espone un lietmotiv quasi sempre presente nei suoi lungometraggi: gli amori infelici, l'insoddisfazione, la cupezza che fa da sfondo anche ai momenti più felici.
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Marie è una ballerina ormai non più giovanissima, tormentata dal tempo che passa ma soprattutto, da un amore passato finito in tragedia rievocato dal ritrovamento di un vecchio diario consegnatogli nel camerino. La lettura di quelle pagine riaprono in lei una ferita ormai rimarginata. Rievoca quell'estate di 13 anni prima così spensierata fino al tragico epilogo. Da allora si è chiusa al mondo, riservando per lei solo durezza e tristezza.
Decimo e primo film di rilievo per Ingmar Bergman, ancora giovane regista che finalmente trova la sua strada e non la lascia più; infilando una serie di film di spessore e alta qualità. Questa pellicola espone un lietmotiv quasi sempre presente nei suoi lungometraggi: gli amori infelici, l'insoddisfazione, la cupezza che fa da sfondo anche ai momenti più felici. Come se qualcosa di brutto stesse sempre dietro l'angolo. Anche la storia d'amore tra i giovani Marie ed Enrik finisce nel peggiore dei modi, proprio quando finalmente aveva preso il volo.
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stefano capasso
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venerdì 23 gennaio 2015
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sulla felicità perduta
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Prima di andare in scena nel Lago dei Cigni, Marie che è la prima ballerina, riceve un diario. Approfittando della sospensione delle prove, comincia a leggerlo e a ricordare di quell’estate giovanile di 13 anni prima raccontata dal diario di Henrik, caratterizzata da quell’amore che sbocciava tra i due ragazzi con leggerezza e con qualche inquietudine e che sembrava fermare il tempo. Fino all’incidente di Henrik che chiude l’estate, l’amore e in qualche modo le speranze di un futuro di felicità per Marie
Ingmar Bergam affronta tanti temi, la relazione con se stessi alla ricerca di quelle risposte che plachino le inquietudini, la relazione con l’altro, la religione, la maschera che spesso l’uomo indossa.
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Prima di andare in scena nel Lago dei Cigni, Marie che è la prima ballerina, riceve un diario. Approfittando della sospensione delle prove, comincia a leggerlo e a ricordare di quell’estate giovanile di 13 anni prima raccontata dal diario di Henrik, caratterizzata da quell’amore che sbocciava tra i due ragazzi con leggerezza e con qualche inquietudine e che sembrava fermare il tempo. Fino all’incidente di Henrik che chiude l’estate, l’amore e in qualche modo le speranze di un futuro di felicità per Marie
Ingmar Bergam affronta tanti temi, la relazione con se stessi alla ricerca di quelle risposte che plachino le inquietudini, la relazione con l’altro, la religione, la maschera che spesso l’uomo indossa. E’ in effetti il primo film in cui comincia ad esprimere questi temi. La malinconia del momento di felicità perduto per sempre è qualcosa che è parte fondamentale della vita di Marie e probabilmente degli uomini in genere. E diventa necessario rivivere l’esperienza a fondo, per chiarire e dare una nuova visione alla propria esistenza.
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figliounico
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mercoledì 8 marzo 2023
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la poetica delle ricordanze
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L’impossibilità di vivere nel presente a causa della stessa condizione umana, che grava quale insostenibile carico di dolore e di insensatezza sulla coscienza, è un pensiero costante, uno dei temi maggiori e ricorrenti nell’opera di Bergman, così come, in parallelo sul piano emotivo, fluisce e si intreccia con esso il sentimento della nostalgia, che nasce spontaneo dal conseguente rifugiarsi in un passato magicamente rivissuto nei ricordi. Una riflessione esistenzialista e accorata che sarà fonte di ispirazione e ritornerà più volte nei film di Bergman trovando la sua massima espressione artistica nel capolavoro del ’57, Il posto delle fragole. Un’estate d’amore del ’50 è la prima messa in scena della filosofia bergmaniana in cui si esprime compiutamente la poetica della reminescenza, che fa eco, un secolo dopo, a quella de’ Le ricordanze leopardiane.
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L’impossibilità di vivere nel presente a causa della stessa condizione umana, che grava quale insostenibile carico di dolore e di insensatezza sulla coscienza, è un pensiero costante, uno dei temi maggiori e ricorrenti nell’opera di Bergman, così come, in parallelo sul piano emotivo, fluisce e si intreccia con esso il sentimento della nostalgia, che nasce spontaneo dal conseguente rifugiarsi in un passato magicamente rivissuto nei ricordi. Una riflessione esistenzialista e accorata che sarà fonte di ispirazione e ritornerà più volte nei film di Bergman trovando la sua massima espressione artistica nel capolavoro del ’57, Il posto delle fragole. Un’estate d’amore del ’50 è la prima messa in scena della filosofia bergmaniana in cui si esprime compiutamente la poetica della reminescenza, che fa eco, un secolo dopo, a quella de’ Le ricordanze leopardiane. Il personaggio di Henrik richiama difatti naturalmente alla mente la Nerina di Leopardi. Al cinema, attraverso la magia dei flashback, è consentito ciò che è negato ai versi, relegati alla bidimensionalità dello scritto e alle suggestioni evanescenti dell’animo, ovvero di rievocare le immagini di un tempo come oggettivamente presenti. La vita ed il suo onnipresente alter ego, la morte, si materializza nel maestro di ballo mascherato da clown, una rappresentazione al contempo macabra e ridicola del funereo in agguato tra le pieghe del quotidiano, in questo caso dietro la porta del camerino, per mettere cinicamente la protagonista davanti alla propria vacuità, alla sua immagine riflessa nello specchio in cui è costretta a vedersi finalmente per quello che è, ovvero una ballerina alla fine della sua carriera che, al di là del trucco e del rimpianto per un amore tragicamente perduto vent’anni prima, è nulla. Il diario dell’amato prematuramente scomparso, che lo zio spasimante le fa recapitare malignamente, è la traccia da seguire, il filo di Arianna che conduce al mondo scomparso, la terra felice della giovinezza e dell’amore, l’eden da cui troppo presto e ingiustamente la protagonista ed il suo amante furono cacciati, novelli Adamo ed Eva, senza colpa. Il fumetto animato di Andreasson, la vecchia zia di Henrik affetta da un male incurabile, già vestita a lutto, il verso della civetta, sono tutti presagi di morte declinati nelle diverse forme del gioco infantile, del macabro grottesco, e della credenza popolare in un usuale simbolo di iattura, che, insieme al rumore cupo di un vento incessante, irrompono in quel paesaggio incantato, un paradiso marino dipinto da Bergman con toni idilliaci, preannunciando la fine del sogno. Il film si chiude con la speranza in un futuro migliore. La protagonista, ritrovato l’amore in un altro uomo e rinnovata la fiducia nella vita, abbandona il passato per lanciarsi in un ultimo passo di danza verso la promessa di una felicità da riguadagnare. Ancora una volta, tuttavia, si ripete la fuga dal presente, ora in un futuro vagheggiato più che sperato, così che l’inganno possa continuare e la vita rimanere sospesa a mezz’aria, tra passato e futuro, senza che le punte delle dita tocchino mai il palco, dove metaforicamente è messo in scena il teatro di burattini della vita, ossia la sconsolata e disperata terra del presente.
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mungiguerra vincenzo
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giovedì 28 settembre 2023
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le età della vita.
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È un film dei sogni, delle illusioni della gioventù, che inevitabilmente finiscono per sfumare, svanendo in una realtà omologata, se non anonima e di segno opposto. La musica di Čajkovskij del lago dei cigni, il balletto, che intessono a tratti la trama, trasmettono quasi in sordina un pizzico di nostalgia, l’eco di una bellezza antica, se non perduta, smarrita come un lontano lascito della memoria.
Maria, la protagonista, una ballerina, donna in cui la maturità è incupita da un’ombra di cinismo, rivive attraverso la scoperta di un diario l’altra Maria adolescente, la cui freschezza e ingenuità della vita si accompagna alla conoscenza di un coetaneo, Eric.
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È un film dei sogni, delle illusioni della gioventù, che inevitabilmente finiscono per sfumare, svanendo in una realtà omologata, se non anonima e di segno opposto. La musica di Čajkovskij del lago dei cigni, il balletto, che intessono a tratti la trama, trasmettono quasi in sordina un pizzico di nostalgia, l’eco di una bellezza antica, se non perduta, smarrita come un lontano lascito della memoria.
Maria, la protagonista, una ballerina, donna in cui la maturità è incupita da un’ombra di cinismo, rivive attraverso la scoperta di un diario l’altra Maria adolescente, la cui freschezza e ingenuità della vita si accompagna alla conoscenza di un coetaneo, Eric.
Conoscenza che presto si trasformerà in un amore dolce e spensierato, esaltato da una natura sorprendentemente vitale e materna.
Che non si possa vivere di sogni, che le illusioni presto o tardi cedano il passo a qualcosa di inerente alla stessa essenza umana, come se la giovinezza sia messa lì a posta per una pausa prima di accedere a quella morbosa condizione dell’esistenza che cinicamente viene chiamata destino, e che si svolge spesso nel silenzio di un dolore, di un tacito impedimento con cui si manifesta tutta la nostra impotenza, rappresenta qualcosa di acclarato dall’esperienza.
Eric, muore, e con la sua morte si spegne la giovinezza di Maria, là dove, qualcun altro approfitta del suo cuore ancora acerbo con la delicatezza formale di un gentleman, e quella sostanziale di un Caterpillar.
La lettura del diario risveglia in lei, alla fine, in tutta la sua portata, comunque, non solo un dolore mal sopito tra le pieghe dei giorni, ma la fiducia a riabbracciare la vita, la forza a rigenerarsi in un altro amore.
Forse una delle chiavi del film, si racchiude nel breve dialogo tra un prete ormai anziano e Maria.
“Ne è passato di tempo!” le dice il prete.
“Il tempo certe volte non conta.” Risponde Maria
Non conta quando una storia, un momento che ci ha segnato, esaurisce il suo essere tempo, poiché non dissimilmente a una remora, i giorni avvenire, quelli che seguiranno, saranno condizionati dalla sua presenza impercettibile ma costante, che informa il carattere, modella il nostro vissuto.
VINCENZO MUNGIGUERRA
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mungiguerra vincenzo
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giovedì 28 settembre 2023
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le età della vita.
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È un film dei sogni, delle illusioni della gioventù, che inevitabilmente finiscono per sfumare, svanendo in una realtà omologata, se non anonima e di segno opposto. La musica di Čajkovskij del lago dei cigni, il balletto, che intessono a tratti la trama, trasmettono quasi in sordina un pizzico di nostalgia, l’eco di una bellezza antica, se non perduta, smarrita come un lontano lascito della memoria.
Maria, la protagonista, una ballerina, donna in cui la maturità è incupita da un’ombra di cinismo, rivive attraverso la scoperta di un diario l’altra Maria adolescente, la cui freschezza e ingenuità della vita si accompagna alla conoscenza di un coetaneo, Eric.
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È un film dei sogni, delle illusioni della gioventù, che inevitabilmente finiscono per sfumare, svanendo in una realtà omologata, se non anonima e di segno opposto. La musica di Čajkovskij del lago dei cigni, il balletto, che intessono a tratti la trama, trasmettono quasi in sordina un pizzico di nostalgia, l’eco di una bellezza antica, se non perduta, smarrita come un lontano lascito della memoria.
Maria, la protagonista, una ballerina, donna in cui la maturità è incupita da un’ombra di cinismo, rivive attraverso la scoperta di un diario l’altra Maria adolescente, la cui freschezza e ingenuità della vita si accompagna alla conoscenza di un coetaneo, Eric.
Conoscenza che presto si trasformerà in un amore dolce e spensierato, esaltato da una natura sorprendentemente vitale e materna.
Che non si possa vivere di sogni, che le illusioni presto o tardi cedano il passo a qualcosa di inerente alla stessa essenza umana, come se la giovinezza sia messa lì a posta per una pausa prima di accedere a quella morbosa condizione dell’esistenza che cinicamente viene chiamata destino, e che si svolge spesso nel silenzio di un dolore, di un tacito impedimento con cui si manifesta tutta la nostra impotenza, rappresenta qualcosa di acclarato dall’esperienza.
Eric, muore, e con la sua morte si spegne la giovinezza di Maria, là dove, qualcun altro approfitta del suo cuore ancora acerbo con la delicatezza formale di un gentleman, e quella sostanziale di un Caterpillar.
La lettura del diario risveglia in lei, alla fine, in tutta la sua portata, comunque, non solo un dolore mal sopito tra le pieghe dei giorni, ma la fiducia a riabbracciare la vita, la forza a rigenerarsi in un altro amore.
Forse una delle chiavi del film, si racchiude nel breve dialogo tra un prete ormai anziano e Maria.
“Ne è passato di tempo!” le dice il prete.
“Il tempo certe volte non conta.” Risponde Maria
Non conta quando una storia, un momento che ci ha segnato, esaurisce il suo essere tempo, poiché non dissimilmente a una remora, i giorni avvenire, quelli che seguiranno, saranno condizionati dalla sua presenza impercettibile ma costante, che informa il carattere, modella il nostro vissuto.
VINCENZO MUNGIGUERRA
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