Tarda primavera

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Un film di Yasujirô Ozu. Con Yumeji Tsukioka, Chishû Ryû, Setsuko Hara, Haruko Sugimura, Hohi Aoki.
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Titolo originale Banshun. Commedia, Ratings: Kids+13, b/n durata 104 min. - Giappone 1949. MYMONETRO Tarda primavera * * * * 1/2 valutazione media: 4,63 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

l'arte di sbucciare una mela Valutazione 5 stelle su cinque

di carloalberto


Feedback: 51029 | altri commenti e recensioni di carloalberto
martedì 19 maggio 2020

In primo piano, in una delle scene finali, l’accurato, pensoso, movimento della mano che manovra il coltello sulla superficie della mela, per ritagliarne un nastro senza soluzioni di continuità, mostra, come per lo spirito Zen, la stessa intensa attenzione debba esser posta nel compiere le azioni più banali e le attività più importanti. Il frutto rimane nudo, destinato al consumo, esposto alla vita nella sua imperfezione geometrica, la buccia cade a terra, inutile, priva della sua funzione protettiva; marcirà nella sua lineare bellezza. Il padre, ormai solo nella grande casa, si accascia sulla sedia soddisfatto, china il capo triste, esaurite le cure parentali più gratificanti, con un abile artificio, ha adempiuto fino in fondo al proprio dovere, anche quando è diventato amaro ed incomprensibile, restituendo la figlia al suo destino di sposa e di futura madre, al ciclo della vita, che assegna ad ogni età, come ad ogni stagione dell’anno, il suo ruolo. La dedizione totale al padre, tradizionalmente dovuta, vissuta in modo spontaneo da Noriko fino a sacrificarsi gioiosamente, deve lasciare il posto, nel prosieguo della vita, ai doveri coniugali. La felicità, le dirà il padre, si costruisce giorno dopo giorno e soltanto grazie ad una paziente consuetudine con l’altro si perviene, infine, alla sintonia. L’ultimo viaggio che faranno insieme sarà a Kioto, antica capitale del Giappone, simbolo delle tradizioni avite, che si avviano al tramonto, così come sta per terminare un periodo felice della loro esistenza. Gli orologi a pendolo rammentano a Noriko le scadenze della vita, destano dal sogno, dall’illusione che quel rinnovarsi identico del quotidiano incontro con suo padre tra le mura domestiche possa magicamente restare immutato. L’impermanenza è sofferenza, è distacco dalle persone amate e, tuttavia, in oriente è, al contempo, un valore essenziale, espresso emblematicamente nel farsi e disfarsi dei mandala di sabbia dei monaci tibetani. L’Occidente, fin dagli inizi, nella prospettiva del platonismo, fino al Dio è morto nicciano, assume l’eracliteo panta rei come massimo disvalore. E’ il sostrato filosofico per sedimenti emotivi che legheranno al pensiero della caducità della vita il sentimento doloroso della nostalgia. Ma lo star come d’autunno sugli alberi le foglie, che per noi suona come una condanna, per un buddista zen è privilegio, come dimostra il canto della fanciulla trasfigurata nell’iris nella rappresentazione del teatro Kabuki. Tralasciando l’aspetto stilistico, meraviglia che Ozu con una storia semplice e realistica crei un’opera altamente simbolica ed armoniosa. Ogni parola è accenno a qualcos’altro, è rinvio a un non detto, ogni immagine è metafora. La sovrapposizione dei temi dà luogo a una stratificazione dei piani di lettura che rende difficile una decifrazione univoca, lasciando che ognuno, secondo la sua sensibilità, colga anche più d’uno dei molteplici significati del film, ma mai tutti. Tarda primavera è come il giardino “a secco” del tempio buddhista Ryoanji di Kioto, dove una, tra le tante rocce che lo compongono, da qualsiasi visuale lo si contempli, rimarrà sempre nascosta alla vista. E’ ciò che accade al protagonista che, proprio mentre guarda quel giardino, si lamenta con l’amico di come sia ingrato il compito del padre che cresce le figlie e come sia meglio avere figli maschi. La pietra in ombra è Noriko, personaggio, che come la Noriko di Viaggio a Tokyo, è destinato a traghettare gli antichi valori nella nuova epoca.
Nelle speranze di Ozu, nel 1949, la cultura americana doveva scivolare via come la rivista Post che cade dalla pila di libri, in una inquadratura sfuggita al censore USA.

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