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UN'ATTARDATA RECENSIONE CINEMATOGRAFICA Chaplin, The Kid (1921) Valutazione 0 stelle su cinque

di helpius


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mercoledì 5 giugno 2019

UN'ATTARDATA RECENSIONE CINEMATOGRAFICA

Chaplin, The Kid (1921)


Del capolavoro di Chaplin del 1921 non parlerò se non dicendo quello che tutti sanno e hanno ripetuto all'infinito, che si tratta di un capolavoro assoluto della cinematografia del muto. E vorrei aggiungere per conto mio che è il capolavoro irraggiungibile della cinematografia di tutti i tempi con un uso del mezzo filmico insieme artigianale e perfetto, una direzione e una costruzione delle scene formidabile e ormai leggendaria, una interpretazione di tutti gli attori, dai protagonisti, Charlie the Tramp a Coogan the Kid, fino alla madre dolente Edna Purviance, ai rapitori dell'auto di lusso, alla donnetta che porta in carrozzella la sua bambina e che punisce a ombrellate il vagabondo che cerca di farle crescere fraudolentemente la figliolanza, al medico condotto che visita il bimbo ammalato, ai policemen col corto bastone tra le mani, ecc. ecc.
Qui però vorrei soffermarmi sull'ultima riedizione-restauro del 2016 operata dalla benemerita Cineteca di Bologna, che ha realizzato un prezioso cofanetto che oltre al film offre un secondo DVD di approfondimenti e rarità e un libretto di memorie chapliniane, di documenti (come la lettera di Simenon a Chaplin quando rivide il film nell'edizione sonorizzata del 1972) insieme a un'antologia critica.
Tuttavia - occorrerà dirlo - la riedizione sonorizzata del 1972 realizzata da Chaplin con l'inserimento di una colonna musicale di sua creazione di grande bellezza e suggestione, merita un appunto che qui rivolgiamo a chi non può più replicarci, allo stesso Chaplin. Egli soppresse alcune scene, quella della sosta di Edna davanti alla chiesa da cui esce una giovanissima sposa sacrificata a un vecchio per un matrimonio di interesse e di convenienza, inadatta al ritmo del film, su cui non c'è da discutere, mentre il Golgota che appare nella scena precedente (che anch'essa avrei visto soppressa per la stessa ragione) rimane come testimonianza a contrario sulla supposta origine ebraica di Chaplin.
Viceversa non si può non rimpiangere e dissentire dalla soppressione di un'altra sequenza che porta a un diapason di emotività il racconto dell'abbandono del neonato. Dunque vediamo: dopo il furto dell'auto su cui la madre lo ha abbandonato, i due rapinatori se ne liberano nuovamente e il piccolo viene trovato casualmente in un cantone da un riluttante Charlie che fa di tutto per sbarazzarsene, fino a meditare di infilarlo in un tombino. Ma all'improvviso la puntura di uno spillo lo riconduce alla realtà dolorosa di quell'innocente: allo spillo è attaccato un biglietto che dice di prendersi cura della povera creatura abbandonata. Charlie si commuove e lo prende con sé avviandosi col suo nuovo fardello. Nell'edizione del 1921, c'era qui uno stacco con la madre appoggiata a un parapetto mentre preda del rimorso medita di tornare a riprendersi il figlio o, chissà, forse di uccidersi, quando un bimbetto lì accanto che fa i suoi primi incerti passi, sfuggito alla sorveglianza della balia, va ad aggrapparsi alle sue vesti. La scena è di un'emozione profonda, la donna si inchina a guardare e vede il piccolo che tira la sua gonna; le mani di lei, che scivolano dal parapetto per prenderselo in braccio, sono come ali di farfalla. Ma la sequenza, perfetta in ogni suo particolare, è stata sacrificata. Bene, a dispetto dell'autore, io invece nel restauro ce l'avrei rimessa senza esitare, mentre, inclusa nel capitolo degli approfondimenti e rarità, tagliata dalla consecutio filmica, perde molto della sua bellezza. Ciò dimostra, se ve ne fosse bisogno, che il lavoro sull'opera dei classici (in questo caso del cinema) offra sorprese analoghe a quelle che una volta i critici facevano sulle varianti degli scrittori da loro studiati.
Non ci sono obiezioni sugli altri tagli, tutti documentati nel secondo DVD, e in particolare sulla lunga sequenza del ricevimento con l'incontro fortuito dei due ex amanti, certamente datata al gusto e al ciarpame melodrammatico del cinema muto d'allora.
Un'ultima osservazione va fatta al commento musicale riorchestrato e adattato da Timothy Brock. Anni fa, credo fosse il 2011, ebbi modo di ascoltarlo dal vivo con l'orchestra da lui diretta in una memorabile (quanto meno per me) proiezione della Febbre dell'oro organizzata dall'Istituzione universitaria dei concerti dell'Università La Sapienza a Roma. Da allora il nome di Timothy Brock è associato a quello di Chaplin per l'impegno musicale al servizio della sua arte. Ebbene confesso che questa volta la rielaborazione dei temi musicali per questo film, pur considerato l'impegno ad adattarli alla diversa velocità della pellicola e alla necessità di colmarne i vuoti, lascia una sorta di retrogusto dolciastro. Diciamola sinceramente: le musiche di Chaplin hanno tutte qualcosa che si ricollega al fragore del circo e dei suoi spettacoli rumorosi, con tutte le approssimazioni del caso che a un orecchio musicalmente educato può anche risultare fastidioso. Ma non è così: gli arpeggi, le finiture e i merletti poco si adattano alla creatività chapliniana e in questo caso creano appunto quel senso di insoddisfazione che contrasta con la partitura filmica. Perché The Kid è una tragedia moderna raccontata da un'anima candida che non conoscere il dramma e che ne narra la storia quasi inconscia di quel che racconta. Una controprova ci è offerta da quei due minuti di registrazione del 1972 in cui lo stesso Chaplin dirige il pezzo d'apertura, l'ouverture del suo The Kid. Quanto vigore, quanta primitività nel suo spartito musicale! E che lezione per tutti noi che abbiamo perduto il senso genuino della bellezza.
BusterCharlie

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