Titolo internazionale | Sorry Angel |
Anno | 2018 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia |
Durata | 132 minuti |
Regia di | Christophe Honoré |
Attori | Vincent Lacoste, Pierre Deladonchamps, Denis Podalydès, Rio Vega . |
Tag | Da vedere 2018 |
MYmonetro | 3,46 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 11 maggio 2018
La storia d'amore tra due uomini durante gli Anni Novanta. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Cesar,
CONSIGLIATO SÌ
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1993. Jacques, scrittore, si trova a Rennes per una presentazione. Lì conosce Arthur, studente universitario. Scatta subito qualcosa tra i due, nonostante la differenza di età: Arthur capisce di essere innamorato, mentre Jacques cerca di fuggire da una relazione seria.
Raccontare con leggerezza e passione di una storia d'amore e di morte. Un dono di pochi, che richiede una capacità di introspezione e cambio repentino di registro che Christophe Honoré dimostra di padroneggiare, con il suo film migliore dai tempi di Les chansons d'amour.
In due ore abbondanti Honoré ricostruisce i curiosi percorsi che conducono Jacques e Arthur all'incontro fatale, che non può che avvenire in una sala cinematografica. Ancora una volta la cinefilia e la riflessione metacinematografica - Arthur si sofferma, insieme alla macchina da presa, sulla lapide di Truffaut - sono parte integrante del viaggio dei protagonisti e della loro relazione.
Così come gli innumerevoli riferimenti letterari, giustificati dalla professione di Jacques (che di cognome fa, non per caso, Tondelli), che portano ad ardite identificazioni - l'appellativo "Whitman", utilizzato per identificare una particolare categoria di amanti. Ma le citazioni, anziché suonare come un appunto snob non richiesto, risultano parte integrante del tutto. I personaggi spiegano e insegnano, ma non pontificano, non salgono in cattedra: l'umorismo e la leggerezza accorrono sempre in aiuto, anche nei momenti più scabrosi o pessimisti della vicenda.
L'affresco di Honoré procede con un montaggio spedito, senza lasciare certezze sull'esatta collocazione temporale di molti eventi, e introducendo tocchi fugaci di surreale, in cui l'immaginazione e la passione incontenibile dei protagonisti hanno, o sembrano avere, la meglio sui vincoli del reale.
Tutto finisce per avere un senso, anche i personaggi apparentemente più insignificanti, graziati da una tridimensionalità che ne colora ogni bizzarra sfaccettatura. Ma se ognuno ha una personalità, sono Arthur e Jacques, pur nascondendosi per parte del film, a costituirne la spina dorsale. Come fossero due metà dello stesso Honoré, bretone di nascita e parigino di adozione, si inseguono, si completano e forse si allontanano, ostacolati da un destino avverso. Pierre Deladonchamps, già ne Lo sconosciuto del lago, regala un'interpretazione epocale, per fisicità, audacia e ricchezza di sfumature. Ma è tutto il cast, supportato da una regia mai banale e da una sceneggiatura ricchissima, a determinare l'eccellenza del risultato raggiunto da Honoré.