Anno | 2018 |
Genere | Biografico, Drammatico, |
Produzione | USA |
Durata | 128 minuti |
Regia di | Spike Lee |
Attori | John David Washington, Adam Driver, Topher Grace, Laura Harrier, Ryan Eggold Jasper Pääkkönen, Corey Hawkins, Paul Walter Hauser, Ashlie Atkinson, Alec Baldwin, Harry Belafonte, Robert John Burke, Craig muMs Grant, Isiah Whitlock jr., Brian Tarantina, Arthur J. Nascarella, Ken Garito, Frederick Weller, Michael Buscemi, Damaris Lewis, Ato Blankson-Wood, Dared Wright, Faron Salisbury, Victor Colicchio, Paul Diomede, Elise Hudson, Danny Hoch, Nicholas Turturro, Ryan Preimesberger, Gina Belafonte, Ernest Rayford, James Campbell (II), Jared Johnston, Michael J. Burg, Jeremy J. Nelson, Nichelle Bolden. |
Uscita | giovedì 27 settembre 2018 |
Tag | Da vedere 2018 |
Distribuzione | Universal Pictures |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,30 su 13 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 2 ottobre 2018
La storia di Ron Stallworth, il poliziotto afro-americano che riuscì a entrare a far parte del Ku Klux Klan. Il film ha ottenuto 6 candidature e vinto un premio ai Premi Oscar, Il film è stato premiato al Festival di Cannes, 3 candidature a Golden Globes, 5 candidature e vinto un premio ai BAFTA, 4 candidature a Critics Choice Award, 3 candidature a SAG Awards, 1 candidatura a Spirit Awards, 1 candidatura a Writers Guild Awards, 1 candidatura a Directors Guild, 1 candidatura a CDG Awards, 1 candidatura a Producers Guild, a AFI Awards, In Italia al Box Office BlacKkKlansman ha incassato 1,3 milioni di euro .
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Anni 70. Ron Stallworth, poliziotto afroamericano di Colorado Springs, deve indagare come infiltrato sui movimenti di protesta black. Ma Ron ha un'altra idea per il suo futuro: spacciarsi per bianco razzista e infiltrarsi nel Ku Klux Klan.
Come spettatori oggi siamo abituati a essere spiazzati e depistati, tra cambi di registro e rimescolamenti di generi. Il merito è anche di Spike Lee e di una carriera gestita, pur tra altissimi e bassissimi, mantenendo un elevato livello di temerarietà e iconoclastia.
BlacKkKlansman dimostra, ancora una volta, come ci sia bisogno di Lee nel cinema e nella società contemporanea. Ovvero di una voce lucida e cinica, che sappia generare potenti affreschi di puro entertainment e iniettare al loro interno elementi spuri, destinati a sovvertirne la natura.
Un lavoro su commissione, lo script firmato da David Rabinowitz, Charlie Wachtel e Kevin Wilmott, e pensato per Jordan Peele, regista-rivelazione di Scappa - Get Out. Come fu per Inside Man, Lee si mette al servizio della sceneggiatura altrui, ma con una sostanziale differenza: il tema qui è talmente vicino alla poetica di Lee da rendere impossibile una separazione netta tra autore e semplice professionista. E infatti Lee contamina, fa suo il plot: ne conserva il potenziale commerciale ma lo trasforma in una bomba cromatica, che mescola blaxploitation anni 70 e contestazione delle Pantere Nere, razzismo interno alla polizia e caricatura di un Male che è chaplinianamente ridicolo prima ancora di essere terrificante.
A David Duke e ai membri del Ku Klux Klan non viene concessa l'austera dignità di un villain: restano caricaturali oggetti di scherno, fantocci di un potere antico, di cui rappresentano l'elemento più istintivo e ferino. Lee non ha mai amato la blaxploitation e la sua natura ambigua, né ha mai mancato di sottolinearlo. Ma Blackkklansman - come già La 25a ora per gli irlandesi di New York o SOS Summer of Sam per il punk nascente - è l'ulteriore dimostrazione di come il regista americano ami addentrarsi in territori apparentemente lontani dal proprio per dimostrare di conoscerli appieno, fino al più inatteso riferimento culturale.
Dove invece tutto quadra è nell'epilogo, che spezza il ritmo e cambia la natura di un film costruito sull'ironia e sulle radici del male, trasportandolo all'urgenza di un presente che merita un'immediata presa di coscienza. Le grezze immagini dei suprematisti bianchi comunicano l'amarezza di un esito non preventivato: c'era dell'ingenuità in chi seguiva le parole di Stokey Carmichael? Forse. Ma come si è giunti da lì a questo presente? Come sottolineato da James Baldwin e Raoul Peck in I Am Not Your Negro, il cinema ha giocato un ruolo decisivo nella costruzione di una cultura della segregazione. Là erano i bianchissimi ballerini di Stanley Donen, qui la visione del mondo offerta da Nascita di una nazione prima e da Via col vento poi. Forse restano solo le lacrime, come canta Prince nello struggente gospel postumo che domina i titoli di coda di BlacKkKlansman: ma Spike Lee sceglie, coraggiosamente, le risate di scherno e il loro sottovalutato potere.
Colorado, anni Settanta. Ron Stallworth entra nel Dipartimento di polizia di Denver dopo la laurea. Fra i suoi primi incarichi c'è quello di infiltrarsi ad un incontro con il leader afroamericano Stokey Carmichael, dove Ron si imbatte in Patrice, una sorta di Angela Davis organizzatrice dell'evento e convinta sostenitrice del movimento di autoaffermazione black. È un risveglio per il giovane uomo che fino a quel momento sembrava non aver prestato troppa attenzione alla propria appartenenza razziale, nè troppo valore al proprio background etnico.
A Ron viene l'idea di infiltrarsi nel Ku Klux Klan locale, cui si propone come nuovo membro. Naturalmente puo' farlo solo al telefono, dato il colore della sua pelle, e avrà bisogno di un alter ego bianco in grado di incontrare di persona il gruppo razzista.
Entra dunque in scena Flip Zimmerman, collega poliziotto di origine ebraica pronto a farsi passare per un membro della pura razza ariana di nome... Ron Stallworth.
La necessità, e talvolta il desiderio inconfessabile, delle minoranze di mimetizzare la propria identità per integrarsi nella maggioranza è il cuore della storia (incredibilmente vera) che Spike Lee ha deciso di portare sul grande schermo dopo che Jordan Peele, il regista di Scappa - Get Out cui era stata inizialmente proposta, ha preferito rinunciare a dirigerla personalmente. Proprio da questo passaggio di mano però nasce il problema della realizzazione di BlacKkKlansman: perchè laddove Peele era stato chirurgicamente preciso nel narrare, in forma di horror, la grottesca pertinacia del razzismo di matrice specificatamente statunitense, Lee perde concentrazione nel cambiare spesso registro - dal comico al tragico al satirico "tarantiniano" - e i suoi topos - l'elenco degli insulti razziali, gli stereotipi etnici, l'ironia caricaturale - risultano qui meno efficaci.
"Non dovresti essere continuamente in guerra con te stesso", dice Patrice a Ron, "dovresti solo essere nero". Ed è sacrosanto che Spike Lee riproponga proprio oggi, all'indomani degli scontri di Charlottsville fra neonazisti e oppositori, la tendenza negli Stati Uniti (e altrove) a riesumare un'idea di superiorità razziale che contiene in sè il proposito di eliminare chi appartiene ad etnie differenti. Ma il continuo riferimento all'invito del presidente Trump di "far tornare grande l'America" perde rilevanza nella reiterazione, e la caratterizzazione macchiettistica di alcuni appartenenti al Klan sminuisce la credibilità di una vicenda che ha molti aspetti surreali ma dovrebbe conservare un fondo autentico di realtà.
Nel ruolo di Ron, John David Washington, ex giocatore di football americano e figlio di Denzel, è curiosamente incolore (ironico, in un film come questo) e anche Adam Driver nei panni di Flip mantiene una recitazione piatta che non giova alle evoluzioni rocambolesche della storia. Molto più efficace Topher Grace nell'interpretazione del mellifluo David Duke, perchè conserva tratti riconoscibilmente umani, e proprio per questo appare molto più inquietante.
Nemmeno il parallelo fra la celebrazione esaltante del Klan e il ricordo dolorosissimo di un gruppo di attivisti di colore, raccontato dal nonagenario Harry Belafonte il cui passato di attivista per i diritti civili degli afroamericani è inciso nel bel viso consumato, riescono a regalare unità e coerenza narrativa ad un racconto che fatica a trovare la sua identità.
Stiamo comunque parlando di Spike Lee, che sa girare e montare, che costruisce scambi verbali memorabili, che ha una capacità tutta sua di evidenziare l'assurdità di certe dinamiche interraziali e interrelazionali. Ma non è questo lo Spike Lee più efficace, quello incazzato e urticante, quello polemico e allo stesso tempo capace di profonda empatia. Il confronto con la modernità narrativa di Peele fa sembrare questo Lee superato dagli eventi, e non basta l'importante valore di denuncia, non basta la volontà di segnalare la pericolosità di un governo che ha messo in agenda la supremazia dell'uomo bianco, a rendere BlacKkKlansman filmicamente efficace e politicamente incendiario come era stato Fa' la cosa giusta. Oggi quel risultato lo ottiene il video musicale di un altro Donald: This is America di Childish Gambino, alias Donald Glover.
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Il bianco e il nero, due facce della stessa medaglia, destinati ad uno scontro senza fine, dove la salvaguardia della propria razza, rappresenta, l’obbiettivo primario, ma eliminare qualsiasi “rospo”, diverso dalla propria pelle, rappresenta un obbligo. Queste parole, trasducono il clima che si respira in Blackkklansman, ultimo film di Spike Lee, che attraverso l’ironia [...] Vai alla recensione »
“Blackkklansman”, l’ultimo film del regista Spike Lee , è ambientato negli anni ’70 e racconta di un poliziotto detective di colore che, in un’epoca di forti tensioni razziali, decide di smascherare ed arrestare molteplici esponenti tra la popolazione bianca, appartenenti al movimento del Ku Klux Klan. A tal fine l’uomo reputa quanto mai necessario [...] Vai alla recensione »
Film estremamente politico in cui il regista disegna un parallelismo spietato tra il passato ed il presente dei neri d'America, preannunciando indirettamente l'avvento di Trump. Le parole che durante il film vengono messe in bocca a bizzarre caricature di ignoranti white trash di provincia infatti vengono ora pronunciate tali e quali dal Presidente degli Stati Uniti.
Se fosse un film di un esordiente, sarebbe senz'altro un prodotto accettabile. Ma in questo caso il regista risponde al nome di Spike Lee, uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi, quindi è logico aspettarsi un'opera di altissimo livello (motivo per cui ho attraversato mezza Toscana per vederlo). E purtroppo, a parte un buon cast e una ricostruzione credibile, la lunga storia [...] Vai alla recensione »
Tributiamo le quattro stelle a Spike Lee non perchè il film le meriti ma per festeggiare il ritorno di una certa qual mano felice che sembrava avere perso. Il suo essere orgogliosamente black è la cifra stilistica del suo cinema, da Clockers a Fa la cosa giusta al penoso "miracolo a sant'anna". Qui però Spike fa di più: avvicina lo spettatore europeo alla cruda [...] Vai alla recensione »
Da non appassionato del tema ma comunque appassionato di buon cinema, ho trovato questa pellicola di una superficialità disarmante, i dialoghi sono molto basilari, quasi caricaturali e non vanno quasi mai oltre la retorica nero blackpower e bianco (normale o cattivissimo) ben lontana dalle buon regista che caratterizza i personaggi in modo da empatizzare con loro.
Dopo un periodo di insuccessi di pubblico e critica, Spike Lee è, questa volta, determinato a raccontare una storia tanto assurda quanto vera in cui traspare tutto lo stile del regista nella sua forma di denuncia socio-politica più esplicita: nonostante nella prima parte l'opera abbia un tono di commedia satirica e beffarda, costellata da dialoghi geniali nella loro ironia e scene [...] Vai alla recensione »
Spike Lee scende di nuovo in campo con quello che sa fare meglio, protestando in maniera vigorosa ma poetica il suo grido predicatorio e arrabbiato, schierandosi palesemente ma in modo mai banale contro il sistema e a favore delle pari opportunità. Ad aiutarlo a raggiungere l’obiettivo due sensazionali e piacevoli performance di John David Washington e Adam Driver, che insieme a Topher [...] Vai alla recensione »
Finalmente Spike Lee è tornato. Dopo gli ultimi, pesanti, flop il regista statunitense sembra aver ritrovato il tocco , ritornando a un genere political/poliziesco che gli si addice molto e che fa pensare. La sceneggiatura è credibile e il film si segue bene, forse ha esagerato un po' nell'inserimento di sequenze per "speigare" la causa dei neri e il contesto sociale: nel tratto in cui il signore anziano [...] Vai alla recensione »
Spike Lee con “BlacKKKlasman” torna a giocare in casa e infatti vince un Grand Prix all’ultimo Festival di Cannes. Colorado Springs, 1971 (ce ne accorgiamo quando vediamo Cibyl Sheperd occhieggiare da un rotocalco): un poliziotto di colore (John David Washington, figlio di cotanto padre) contatta via filo telefonico un’organizzazione di razzisti rozzi e violentissimi, spacciandosi [...] Vai alla recensione »
Demistifricazione del razzismo, del KuKUX Clan come dei suoi lacche'e dei suoi epigoni in salsa europea, questo"BlackKUClusman"(SPike Lee, dal libro di Ron Stallworth, a suo tempo protagonista della vicenda, sceneggiatura di Lee stesso, con David Rabinowitz, Charlie Wachtel e Kevin WIlmott, 2018)., dovrebbe essere un livre de chevet per tutti(e coloro i /le quali induginao, [...] Vai alla recensione »
Ispirato a un'incredibile storia vera(che il regista adatta basandosi sul romanzo di Stallworth).Lee riprende la verve dei suoi film pre-2000,è sarcastico fin dall'inizio(il discorso di Buauregard con la proiezione di "Via col vento" sullo sfondo)e affronta l'eterna tematica del razzismo con spigliatezza ed arguzia.E la coppia Driver-Washington(figlio dell'attore Denzel [...] Vai alla recensione »
il film è l’adattamento cinematografico del libro “Black Klansman” scritto dall’ex poliziotto afroamericano Ron Stallworth (John Washington) che all’inizio degli anni settanta riuscì a creare un contatto telefonico con il presidente del Ku Klux Klan di Colorado Springs. Stallworth poi si fece aiutare dal suo collega bianco Flip Zimmerman (Adam Driver) che [...] Vai alla recensione »
Nel 1978 a Colorado Springs, nel commissariato di polizia locale, è presente un solo agente di colore: Ron Stallworth. Ron viene spostato quasi immediatamente dall’archivio al lavoro sotto copertura e da una sua intuizione nasce un’indagine che farà infiltrare il suo collega Philippe all’interno del Ku Klux Klan.
con il suo stile inconfondibile, comprese le inquadrature naif, torna e ci regala un racconto di certo drammatico ma con venature ironiche. Spiccano senza dubbio i fratelli neri, perche il vero dilemma lo denotano i fatti storici parlano sempre chiaro e non c'è razzismo al contrario che tenga. Poi lo si vuole leggere come denuncia in varie direzioni ma io la vedo a senso unico.
Che dire? un buon film, anche se da uno come Spike lee ci si potrebbe aspettare di meglio nonostante qualche ultima sua prova poco convincente. In ogni caso da questo film, qua e là qualche sprizzo d'autorialità salta fuori dallo schermo. Peccato però che la sceneggiatura sembra anche dover rispondere a delle logiche di puro mercato.
“Blackkklansman”, l’ultimo film del regista Spike Lee , è ambientato negli anni ’70 e racconta di un poliziotto detective di colore che, in un’epoca di forti tensioni razziali, decide di smascherare ed arrestare molteplici esponenti tra la popolazione bianca, appartenenti al movimento del Ku Klux Klan. A tal fine l’uomo reputa quanto mai necessario [...] Vai alla recensione »
Deludente sotto molti aspetti; il film oscilla tra il poliziesco (ma senza originalità), la denuncia politica (ma senza mordente), il pulp alla Tarantino (ma senza crederci troppo). Non convincono nemmeno gli attori: un po' troppo artefatti. Per una sera alla tv ma senza impegno.
Finalmente un film veramente"politico": Spike Lee, con intelligenza e humor graffiante, prende spunto dalla vicenda di Ron Stallworth(detective nero che si era fatto passare per un adepto del Klan KKK, ben noto, per infilitrarsi nel movimento ma, non potendolo fare de visu et de corpore, diciamo così, si fa sostituire da Flip Zimmerman, detecetive ebreo(che deve fare quindi salti mortali [...] Vai alla recensione »
Brillante come non lo era da tempo, Spike Lee ci regala un film che è nello stesso tempo irriverente, riflessivo, comico e tragico. Un film politico e schierato che nell'America razzista degli anni 70 ha l'ambizione di far rispecchiare quella contemporanea. E ci riesce. Miracolosamente. Di razzismo se ne parla e discute da tempo. Anche nelle ultime stagioni sono usciti titoli a riguardo, [...] Vai alla recensione »
L'ho visto ieri e devo dire che mi è piaciuto molto . Adam Driver è un attore che amo molto e non delude mai , ottima interpretazione anche di John David Washington .
""Blacklansman"(Spike Lee, dal libro autobiografio dell'ex.agente Ron Stallworth, screeenplay del regista, di David Rabionowitz , di Charlie Wachtel e di Kevin Wilmott, 2018). Un neogente afroamericano della poloizia di Colorado Springs, dapprima assegnato all'archivio(lavora che odai), passa poi brevemente alla squadra narcotici, segue un comizio del leader dei "BLac [...] Vai alla recensione »
Ennesimo film a sfondo raziale girato da Spike Lee. A primo impatto, ho avuto la sensazione di ritrovarmi di fronte ad'un B Movie. Probabilmente il cast, il doppiaggio o qualcos'altro, hanno fatto si che mi distraessi molte volte. La regia è buona, mi sono chiesto piu volte: dove è finito lo Spike Lee? Lo conosciamo tutti, i suoi film sono dei cult assoluti, ma mi rifiuto [...] Vai alla recensione »
Spike Lee ci ha abituato nella sua carriera a tantissimi alti (fa' la cosa giusta, la 25a ora) ed alcuni bassi, per cui quando esce un suo film la curiosita'e' tanta nel constatare il livello di ispirazione del regista americano. E questa volta il pollice e' bello alto in quanto la pellicola ha una trama investigativa all'interno delle tematiche piu' care a Spike Lee ovvero [...] Vai alla recensione »
Ironico, divertente e drammaticamente attuale, oggi non si bruciano le croci, ma l'atteggiamento verso le minoranze non è cambiato. Bel film che fà ridere su un argomento pesante ed aiuta a capirlo.
Facciamoci caso : sin dall’inizio, l’accoglienza ricevuta dal film ha avuto qualcosa di controverso. Al Festival di Cannes 2O18, dove è stato presentato –credo- in prima mondiale, ed insignito con il Gran Premio dell Giuria, non sono mancaticommenti relativamente perplessi, in Italia come qui in Belgio. Senza citare nomi, più di un recensore nel [...] Vai alla recensione »
Ben raccontato e ben diretto. Consigliato assolutamente!
" Caro il mio vecchio Spike, spazio per l'odio nel tuo film ce n'è e non solo quello dei picchiatelli di Colorado Spring o dei facinorosi di Charlottesville. Non c'è da stupirsi. Mostri come sia dei neri che dei bianchi ad un certo momento inneggiano e reclamano il potere. Segno che non ce l'hanno. Non potendo sopraffare, devono contentarsi di odiare. Vai alla recensione »
Impegnato da sempre contro il razzismo, il suo cinema si era fatto discreto durante i mandati di Obama ma dopo l'ascesa al potere di Donald Trump, Spike Lee risale sul ring e attacca di nuovo battaglia. BlacKkKlansman, storia incredibile ma vera di un agente di polizia afroamericano infiltrato nel Ku Klux Klan, non arriva per caso e fa fuoco sull'estrema destra americana. Agito dalle tensioni degli anni Settanta e infiammato da una partitura funky, nutre una discussione che non ha perso niente della sua urgenza e segna il ritorno di Spike Lee a una forma che non trovava più dall'eccellente ma più impersonale Inside Man (già storia di infiltrazione). BlacKkKlansman non ha ottenuto l'unanimità (critica) a Cannes per una ragione che conferma soltanto lo stato di grazia dell'autore di Fa' la cosa giusta. Le giustapposizioni facili, le allusioni trasparenti al vocabolario repubblicano, la gravezza dei manifesti militanti e delle rime rap sferzanti illustrano perfettamente quello che lo anima.
Col tempo e per fortuna, Spike Lee non ha perso un grammo della sua rabbia, non ha imparato a fare merletti e non ha rinunciato alle sue battaglie. Per questo regista che sa picchiare duro, senza curarsi troppo del politicamente corretto, il tempo delle buone maniere è finito.
Nell'epoca di Donald Trump, la sottigliezza non è appropriata. L'America del presidente imprenditore ha abolito le sfumature, esacerbato gli animi, esaurito la pazienza, messo le migliori intenzioni con le spalle al muro. Dietro le caricature eccessive dei suprematisti c'è a ragione la volontà di creare un brusco e destabilizzante rinculo comico in risonanza totale con l'attualità americana e il riemergere dell'abiezione razzista nel Paese.
Esce oggi in sala il nuovo film di Spike Lee, premiato a Cannes con il Grand Prix: BlacKkKlansman. Al centro del film, una raffinata commedia poliziesca di forte impatto sociopolitico, la storia vera del detective afroamericano sotto copertura Ron Stallworth e del suo partner ebreo Flip Zimmerman, infiltrati speciali nel Ku Klux Klan. L'ennesima e più potente riflessione per immagini firmata dal regista Spike Lee contro il razzismo (in America e non solo) vanta le interpretazioni di due fuoriclasse: John David Washington, figlio di Denzel, e Adam Driver.
Attraverso i loro battibecchi e sotterfugi si ride di gusto e a più riprese, salvo restare inchiodati alla poltrona - in un passaggio magistrale dal cinema alla realtà che tutti i giorni viviamo - nel vedere scorrere sullo schermo le scioccanti immagini di Charlottesville, con la giovane Heather Heyer travolta da un'auto durante una manifestazione antirazzista.
Il suo è un film esilarante, ma con uno spessore politico e sociologico senza pari: come ci è riuscito?
La verità? Ci troviamo di fronte allo strano caso del film giusto al momento giusto. Chiamiamola congiuntura astrale, se preferisce. La storia è dalla nostra parte: viviamo tempi preoccupanti, non solo in America, ma nel resto del mondo. Razzismo, violenza, xenofobia. Nel mezzo, le persone. Gli esseri umani. Il loro destino. Le loro vite. Ecco, penso che oggi la gente sia aperta e pronta ad ascoltare, a capire, a riflettere. Non volevo fare nulla di datato, volevo una storia che raccontasse in qualche modo i giorni e i problemi che viviamo.
La storia raccontata in questo film, vincitore del Gran premio della giuria al Festival di Cannes, è di quelle che si dicono perfette per il cinema, e il suo regista ideale era certamente Spike Lee. Ron Stallworth, poliziotto afroamericano di Colorado Springs, nei primi anni 70 si infiltrò nel Ku Klux Klan locale tenendo i contatti al telefono, e mandando di persona un collega collegato con un radiomicrofon [...] Vai alla recensione »
Alla fine degli anni Settanta, per un nero era già abbastanza difficile farsi arruolare come poliziotto. Infiltrarsi nel Ku Klux Klan non sembrava neppure immaginabile: una delirante fantasia su cui nessuno avrebbe scommesso. Ron Stallworth ebbe il suo distintivo nel 1972, a Colorado Springs. Se lo levò pochi giorni dopo, per un'operazione sotto copertura, infiltrato in un night club dove teneva un [...] Vai alla recensione »
Ron Stallworth (John David Washington, figlio del celebre Denzel) è il primo afroamericano a entrare nel dipartimento di polizia di Colorado Spring all'inizio degli anni Settanta, nel cuore dell'America razzista. Incuriosito dall'annuncio su un giornale, si infiltra nella sezione locale del Ku Klux Klan, ma ovviamente può farlo solo al telefono e avrà bisogno della complicità di un collega bianco, [...] Vai alla recensione »
A volte la realtà è ancora più incredibile della fantasia. È il caso della storia raccontata da Spike Lee nello scoppiettante "BlacKkKlansman", Gran Prix all'ultimo Festival di Cannes. Un ritorno alla grande per il regista di "Fa' la cosa giusta" e "La venticinquesima ora", il cui "Chi-Raq" (2015), pur buono, non era stato distribuito in Italia. Tematiche attualissime Si va a Colorado Springs negli [...] Vai alla recensione »
Comincia con Rossella O'Hara e la distesa di morti che certifica la storica sconfitta del Sud e chiude con le immagini della strage di Charlottesville, dove un'automobile travolge la folla lasciando a terra morti e feriti. Il cinema e la realtà sono i poli tra i quali Spike Lee costruisce il suo tesissimo discorso filmico e politico. BlacKkKlansman è un film schieratissimo e molto di parte, ma ovviamente [...] Vai alla recensione »
Incredibile la vicenda narrata nel libro BlackKlansman dal protagonista stesso Ron Stallworth. Primo uomo di colore ammesso nel corpo di polizia di Colorado Spring, un giorno il giovane agente (siamo nel 1978) stabilisce un contatto telefonico con il Ku Klux Klan locale, spacciandosi per un difensore della purezza ariana; e allo scopo di infiltrarsi nel gruppo sceglie come suo alias bianco Flip, agente [...] Vai alla recensione »
I film sugli agenti provocatori cercano di rendere simpatica questa figura necessaria in ogni polizia. Ma per Spike Lee la simpatia è sempre un orpello. Vale anche per Ron Stallworth, dalle cui memorie, Blackkklansman (Edizioni Tre60, pp. 199, euro 16) Lee ha tratto il film omonimo da lui diretto e premiato al Festival gli Cannes. Esso può essere dunque interpretato, senza ansia di piacere a bianchi [...] Vai alla recensione »
È stata l'ansia culturale non quella economica che ha consegnato la presidenza a Donald Trump. Paura degli immigrati, della perdita di egemonia dei bianchi, il sentirsi uno straniero nel proprio Paese travolto dai bisogni e dai valori delle «minoranze», fino da arrivare a xenofobia e razzismo veri e propri sono state, secondo uno studio realizzato quest'anno dal Public Religion Research Institute insieme [...] Vai alla recensione »
Molto ambizioso e altrettanto non riuscito, «Blackkklansman» certifica l'involuzione di Spike Lee che nel ventennio a cavallo del 2000 è stato uno dei migliori registi del mondo. Già contorto nel gioco di parole del titolo, infatti, il ventiduesimo film filmato dal sessantunenne titolare della casa di produzione 40 Acres & a Mule mette tanta di quella carne al fuoco da uscirne bruciacchiato in termini [...] Vai alla recensione »
Non c'entra col film, ma è bene ricordare che oggi in Pennsylvania associazioni di suprematismo bianco sostengono lo sterminio dei non-ariani. Anche dicendo "storia vera" si fatica a credere che l'ex detective afroamericano Stallworth, autore del libro, a fine anni '60 riuscì a infiltrarsi nel Ku Klux Klan sdoppiandosi: da nero (nel film è il convincente figlio di Denzel Washington) sfruttò un nativo [...] Vai alla recensione »
Nei primi anni Settanta Colorado Springs non era il posto più accogliente per un nero che entrava in polizia. Soprattutto se, dopo aver sfogliato un giornale, scopriva un annuncio di reclutamento del Ku Klux Klan. Ma Ron Stallworth non era tipo da farsi intimidire e non solo rispose a quell'inserzione, mascherandosi per il più intransigente dei razzisti, ma finì per portare a galla - in una società [...] Vai alla recensione »